Helenia, nuova udienza. I familiari: "Lacune sulle indagini. Chiesta perizia di uno pneumologo"
Oggi presso il tribunale di Arezzo sarà ascoltato il consulente del tribunale, il dottor Pier Guido Ciabatti
"Abbiamo dato l'incarico ad uno pnemologo per una perizia di parte. Perché riteniamo che nelle indagini sulla morte di Helenia ci siano state della lacune". I familiari della giovane aretina morta in un incidente stradale nel 2019 non demordono e cercano di scongiurare l'archiviazione del caso. Attraverso il loro legale, Francesco Valli, annunciano di essersi rivolti ad un luminare di Perugia, il dottor Tommaso Luciano Todisco per approfondire le cause del drammatico impatto. La relazione che ne scaturità sarà depositata e sarà agli atti nel procedimento per omicidio stradale che vede la sua seconda udienza proprio questa mattina presso il tribunale di Arezzo.
Helenia Rapini morì a Ristradelle il 6 novembre del 2019 in un terribile incidente avvenuto a Ristradelle. Aveva 29 anni. La sua auto fu travolta da quella di un 49enne. Secondo la difesa l'uomo sarebbe stato colto da un colpo di sonno improvviso dovuto ad una patologia: la “Sindrome delle apnee ostruttive del sonno”, conosciuta come Osas. Una tesi emersa da una perizia affidata al medico legale Giuseppe Macrì. Questa mattina dovrà riferire in aula anche il consulente del Tribunale Pier Guido Ciabatti, dirigente del reparto di Otorinolaringoiatria dell'ospedale San Donato. Secondo alcune indiscrezioni, la relazione depositata da Ciabatti conferemerebbe la perizia di parte, secondo la quale il 49enne non sarebbe imputabile a causa della sua patologia.
Ma i familiari partono da un assunto diverso: "La Osas è una patologia respiratoria - spiega il legale - che interessa le prime vie aeree ma che parte dai polmoni. Per questo abbiamo chiesto una perizia al dottor Todisco che sta studiando questo caso".
Nel mese di settembre l'avvocato del padre di Helenia ha anche depositato una memoria nella quale prende in esame la dinamica che ha portato all'impatto e punta il dito sulla velocità. Nella sua ricostruzione il legale sottolinea come il suv dell'uomo "viaggiasse a 70 chilometri orari, in una strada dove il limite è di 50".
"Se la velocità fosse stata inferiore - sostiene il legale - anche l'energia cinetica sarebbe stata inferiore e la decelerazione subita dall'auto di Helenia sarebbe stata meno violenta e ci sarebbe stata un'alta probabilità di scongiurare la morte".
Oggi in aula i familiari e il loro avvocato non ci saranno: in sede civile hanno definito la causa risarcitoria pertanto non potranno essere presenti in sede penale come parti civili.
La sentenza è attesa per inizio gennaio.