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Cronaca Laterina

Oumar e il sogno infranto in Libia: "Ma ad Arezzo ho trovato una casa e un lavoro sorprendente"

Partito giovanissimo dal Senegal voleva trovare un lavoro in Libia: "Ma lì ho trovato un incubo". Poi l'arrivo in Italia, l'esperienza da bracciante nelle campagne aretine e poi la chiamata del proprietario delle terre: "Vuoi lavorare nella mia azienda orafa?"

"Quando ho lasciato la mia casa, i miei genitori, mio fratello e mia sorella, pensavo che il mio viaggio sarebbe finito in Libia. Lì, mi dicevo, avrei trovato un lavoro e avrei dato una svolta alla mia vita. Invece sono piombato in un incubo". E' una storia di sogni rincorsi e infranti, di riscatto e di speranza quella di Oumar Diallo, 25enne senegalese che nel 2017 è arrivato in Italia. E proprio ad Arezzo è riuscito a ricostruirsi, pezzo dopo pezzo, una vita e a gettare le fondamenta per il suo futuro. Tutto è cambiato quando ha iniziato a lavorare nelle campagne aretine, il proprietario delle terre lo ha notato, lo ha chiamato e gli ha offerto un lavoro nella sua azienda orafa. 

Il viaggio e l'incubo

"Sono partito da Tambacounda l'11 agosto del 2016. Ancora non lo sapevo - racconta - ma mi attendevano 9 mesi di viaggio prima di arrivare in Italia". 
Oumar lavorava come aiuto infermiere in una struttura sanitaria del suo paese: aveva studiato proprio per fare quel lavoro. Però non era tutto rose e fiori e così un giorno d'agosto ha salutato la sua famiglia ed è partito. Ha lasciato la sua città, una delle più grandi della parte orientale del Senegal (a 400 chilometri da Dakar) ed è salito sul primo pullman. 
"Avevo organizzato tutto: con l'autobus ho attraversato Senegal, Mali, Burkina Faso e Niger. Poi sono arrivato in Libia. Ci sono voluti 4 mesi. Poi l'incubo". 
In Libia Oumar è rimasto altri 5 mesi: bloccato in un centro che lui chiama "prigione" dove le violenze erano all'ordine del giorno. 
"Ho capito subito che lì non sarei potuto restare per trovare un lavoro. Dovevo andarmene". Nel frattempo i giorni passavano, i suoi familiari non riuscivano a mettersi in contatto con lui e avevano iniziato a pensare che fosse morto.
"Invece no - racconta - ero bloccato in quella prigione: stavamo malissimo. Eravamo 84. Avevamo fame: ci davano solo un panino al giorno. Ci hanno tolto i nostri abiti e ci hanno fatto indossare una specie di divisa, come in un carcere. E per andarsene chiedevano soldi. Chi provava a chiamare casa veniva picchiato".
Fin quando Oumar è riuscito a fuggire e prendere la via del mare : "Ma l'imbarcazione ha avuto un guasto e siamo dovuti tornare indietro". E come in una pellicola che si riavvolge, tutto è ricominciato dall'inizio. 
"Poi grazie a un cugino, che è finito nella mia stessa prigione, e a un conoscente che era in Libia da anni e aveva un lavoro, sono riuscito a racimolare 400 euro. Quei soldi mi hanno permesso di uscire e raggiungere un gommone". 
E' iniziata così la seconda traversata: "150 persone, tra loro donne e bambini. Era la notte del 20 maggio 2017. L'indomani, nel pomeriggio siamo sbarcati a Bari". 

Arezzo e la nuova vita

Solo una volta in Italia Oumar ha potuto avvisare i suoi familiari. In seguito è stato destinato alla provincia di Arezzo. "Prima sono stato nell'hotel di Rigutino, poi in un appartamento ad Arezzo". Ha iniziato così il suo percorso per inserirsi: ha conseguito il diploma di scuola media e ha quindi svolto il servizio civile. 
"Sono stato alla Misericordia di Arezzo - racconta - lì le attività che facevo erano molti simili al mio lavoro di aiuto infermiere. Mi sarebbe piaciuto farlo anche qui. Poi però mi hanno spiegato che avrei dovuto studiare altri cinque anni". Troppo tempo per chi ha bisogno di lavorare subito. 
"Il passo successivo è stato l'arrivo allo Sprar di Castiglion Fibocchi e il lavoro nell'agricoltura". Un'attività che è andata avanti per tempo prima del grande cambiamento. 
"Un giorno il proprietario mi ha chiamato. Ero un po' sulle spine, non sapevo cosa voleva dirmi. Quando mi ha spiegato che aveva bisogno di un ragazzo per la sua azienda orafa ero incredulo. Prima ho fatto un tirocinio e da un mese ho un contratto di apprendistato. Mai avrei pensato di lavorare, un giorno, in un settore così specifico. E con il lavoro è arrivata anche una casa". 
Oumar infatti adesso cammina con le proprie gambe:ha il suo lavoro e grazie al titolare dell'azienda, che ha garantito per lui, è riuscito ad affittare un'abitazione tutta per sé. E nel tempo libero, come tanti ragazzi della sua età, si dedica al suo sport preferito: il calcio. Indossando la maglia del Ponticino.

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