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Guerrina, camera di consiglio riunita. Il pm alla Corte: "Leggete l'interrogatorio e condannerete Alabi". La difesa: "5 testimoni lo scagionano"

Sferra un vero e proprio contrattacco il pm Marco Dioni. Nel giorno in cui la Corte d'Assise di Arezzo pronuncerà la sentenza sul caso Piscaglia, decidendo se condannare o assolvere l'unico imputato, padre Gratien Alabi, l'ultima udienza si apre...

Sferra un vero e proprio contrattacco il pm Marco Dioni. Nel giorno in cui la Corte d'Assise di Arezzo pronuncerà la sentenza sul caso Piscaglia, decidendo se condannare o assolvere l'unico imputato, padre Gratien Alabi, l'ultima udienza si apre con le repliche della pubblica accusa. Si apre senza padre Graziano, che arriva in ritardo dopo essere rimasto a lungo bloccato in autostrada da un incidente stradale. Poi si succedono le parti civili e dopo una breve pausa arriva il momento della replica della difesa, con l'avvocato Riziero Angeletti che prende la parola. Un botta e risposta tra le parti sferzante, senza mezze parole. Che si snoda per l'intera mattinata e ripercorre tutti i punti cardine della vicenda. Alle 13,45 la Corte di Assise si è riunita in Camera di Consiglio: "Non sappiamo ancora - ha comunicato il giudice Tafuro - quale sarà l'orario di lettura del dispositivo.

LA REPLICA DEL PM

"Io questo processo - ha esordito Dioni - l'ho sempre visto come un treno su un binario che va dritto verso la condanna di Alabi. Un treno partito in linea lenta ed entrato in direttissima dopo l'interrogatorio dell'imputato. Durante le arringhe ci sono state tante, troppe, imprecisioni e questa replica vuole chiarire alcuni aspetti". A partire dalle perplessità sull'assenza nell'arringa di riferimenti al messaggio che incastra Gratien (ovvero quello inviato dal telefono di Guerrina a un religioso che conosceva solo Gratien), quelle sulla ricostruzione del delitto (secondo Dioni avvenuto nella canonica, non nella Marecchiese come detto dalla difesa), e quelle sui tabulati. Sotto la lente della pubblica accusa l'"avvistamento" del 2 maggio: "La testimone è stata ritenuta inattendibile dal Tribunale del Riesame perché secondo la donna Guerrina aveva un cappuccio sulla testa, ed era parzialmente travisata. Ma dove si era cambiata? Dove aveva comprato quei vestiti? Inoltre è stato verificato che da nessun ufficio comunale di Novafeltria è stato richiesto un certificato, come invece asseriva la difesa".

E ancora la macchia di sangue latente trovata in garage: "Gli accertamenti sono stati fatti tutti, quelle tracce non indicavano nulla per questo non sono state analizzate. Il delitto non si è consumato in quella casa". Poi il pm ironizza sulle richieste della difesa sulla verifica sulle telecamere di Ca' Raffaello: "Ma in paese di telecamere non ce ne sono".

Quindi una parentesi sugli avvistamenti sulla Marecchiese e sugli orari che secondo la difesa sono incompatibili con il delitto. Dioni cerca di smontare, una ad una, le testimonianze.

L'affondo finale è su zio Francesco e su tutte le incongruenze che questo personaggio "fantomatico", porta con sé.

"Prima di emettere una sentenza in nome del popolo italiano - conclude Dioni - leggete l'interrogatorio dell'imputato e immaginatevi la faccia di zio Francesco: lo condannerete".

LE PARTI CIVILI

Più brevi, ma altrettanto circostanziate e sferzanti le repliche delle parti civili. Con l'avvocato Nicola Detti che ha "dato voce alla delusione, alla frustrazione e alla rabbia di un marito e di un figlio" e ha definito Alabi "traditore e un omicida". Con Chiara Rinaldi che ha ricordato il compleanno di Guerrina, che si è rivolta alle donne della Corte e ha definito di nuovo Alabi "un ragno predatore, che ha continuato ad avvolgere i protagonisti di questa vicenda con la sua tela". E con gli altri avvocati, Nicodemo Gentile per l'associazione Penelope, Giampaolo Leonardi per i familiari di Guerrina, e Petroncini per una nipote della donna, che hanno ribadito quanto già affermato durante le loro requisitorie. LA REPLICA DELLA DIFESA Le ultime parole per la difesa sono pronunciate dall'avvocato Riziero Angeletti. Il legale di Gratien punta sulla valutazione di prove e testimoni: "Si usano quando fa più comodo?" chiede al pm, ma la domanda è volta indirettamente alla corte in virtù del ragionevole dubbio. Poi ribatte sul tasto della lesione del diritto alla difesa. Angeletti si sofferma anche sulla testimonianza relativa all'avvistamento della donna il 2 maggio a Novafeltria: "Non ho mai detto che Guerrina è andata in Comune a chiedere un certificato di matrimonio, ho detto che quello sarebbe stato ad esempio un motivo per raggiungere Novafeltria. Se ha deciso di andarsene, poi, quanto è strano che sia stata vista con un cappuccio calato in testa? Io ho cercato di porre elementi di dubbio". E poi fa un riferimento all'influenza mediatica, agli appelli di sacerdoti presenti nelle trasmissioni televisive. Sugli orari degli avvistamenti sulla marecchiese arriva l'affondo di Angeletti: "L'accusa cambia strategia ancora una volta. Ma resta il fatto che ci sono 5 testimoni che individuano un orario, quello che va dalle 14 alle 14,45, nel quale hanno avvistato Guerrina. Questo fa saltare tutto. Non a caso la prima incriminazione era di favoreggiamento". Anche per la difesa poi una lunga parentesi dedicata al messaggio chiave, quello partito dal telefono di Guerrina e ricevuto dal religioso amico di Gratien: "Ma non sono stati fatti accertamenti - sostiene la difesa - su come nei telefoni sono stati salvati i nominativi e i vari contatti. Non dico che non è stato inviato il messaggio, dico che in realtà io non so qual è il contenuto di questo messaggio e non posso dimostrare che il messaggio sia stato inserito nel momento in cui è stato interrogato padre Gratien. Non abbiamo potuto approfondire, non ci è stata data la possibilità di difendere padre Graziano". "Come si fa a dare 27 anni a carico di una persona con tutti questi dubbi?" conclude Angeletti.
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