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Cronaca

"Ho sconfitto il virus ma è stato terribile". Il vicedirettore del 118 racconta la sua battaglia contro il Covid-19

Un'esperienza provante soprattutto dal punto di vista psicologico e che è terminata la mattina dell'11 aprile scorso quando è arrivata la notifica di guarigione

“Ho temuto per i miei cari, nessuno è preparato a un evento del genere”. Sono state settimane di grande preoccupazione quelle vissute da Giovanni Sbrana, vicedirettore del 118 di Arezzo nonché stimato medico in forza alla Asl Toscana sud est. Anche lui, come altri colleghi del dipartimento di emergenza urgenza tra cui il direttore Massimo Mandò, ha affrontato una dura ed importante battaglia contro il Covid-19. Una prova pesante che ha superato riuscendo a guarire completamente. 

“Ho sempre seguito le indicazioni dei colleghi infettivologi e dell’igiene, questo mi ha aiutato a non avere paura. - racconta – La mia maggiore preoccupazione è stata in primis per i miei figli, oltre che per la mia ex moglie, gli amici e i colleghi con cui ero venuto in contatto nei giorni precedenti alla conferma di contagio. Alcuni di loro hanno dovuto fare il tamponi e i miei tre figli piccoli e la mia ex moglie sono anche stati in isolamento per due settimane, per fortuna solo in via cautelativa. Aver messo a rischio la loro salute è stata la sensazione peggiore di questa malattia”.

Per il dottore tutto è cominciato verso la metà di marzo. Dopo un giorno di autoisolamento gli è stato fatto il tampone il cui esito è risultato positivo. Come la maggior parte dei casi verificatesi nel territorio provinciale, non è stato necessario il ricovero presso le strutture ospedaliere in quanto non ha mai riscontrato altro che sintomi lievi. "Il malessere - spiega - è iniziato con un leggero aumento della temperatura corporea, senza mai superare i 38°, dolori articolari e debolezza". Giornate lunghissime e pesanti quelle vissute all'interno delle mura di casa propria anche se, come lui stesso racconta, si è sempre impegnato a tenere la mente occupata senza mai rinunciare alle normali abitudini. “Mi sono sentito più fortunato di altri contagiati, perchè sapevo cosa fare e come farmi aiutare in caso di bisogno – prosegue - Ho trovato forte sostegno psicologico nel lavoro che sono in parte riuscito a svolgere da casa, soprattutto grazie ai colleghi rimasti a lavorare che hanno saputo coinvolgermi nelle problematiche come fossi lì presente. Anche in quelle circostanze abbiamo continuato a essere una squadra, non mi sono mai sentito solo, né di peso”.

Un'esperienza provante soprattutto dal punto di vista psicologico e che è terminata la mattina dell'11 aprile scorso quando è arrivata la notifica di guarigione. "Mi sono istintivamente affacciato al terrazzo e ho festeggiato, pur da lontano, con i vicini - racconta - Nel mio caso i sintomi sono scomparsi dopo la prima settimana di malattia. Ma questo, e i test lo confermano, non ha indicato la scomparsa del virus dal mio organismo, anzi, se non avessi fatto i tamponi e non fossi rimasto isolato, avrei potuto contagiare i pazienti e i colleghi con cui sarei potuto entrare in contatto. Nessuno di noi era pronto a una tale pandemia. Faccio il medico da 21 anni e negli undici prima ho fatto il volontario. Ho visto terremoti, incendi, alluvioni, scenari di guerra, ma nulla è stato mai così. Avevo visto altri agenti infettivi diffondersi e dare insufficienze respiratorie gravi, tra cui la Sars e l’H1N1. Quando si cominciò a parlare del Sars CoV2, credevo che sarebbe stata la solita notizia da addetti ai lavori che i cittadini avrebbero visto passare quasi in silenzio. Invece ci ritroviamo con un nuovo bisogno di salute, per fortuna finora soddisfatto dall’organizzazione di un servizio sanitario orgogliosamente pubblico ed efficiente, come quello toscano. Dobbiamo ripartire e farlo con intelligenza, coscienza e attenzione. Ora l'attività ordinaria dovrà essere attenta alle nuove esigenze di protezione e distanza. Anche nel mondo dell’emergenza urgenza dovremo consolidare un modo di lavorare nuovo, con più attenzioni e capacità di unire l’esigenza della tempo dipendenza con quella della protezione nostra e dei pazienti. So che raccoglieremo al meglio la sfida come abbiamo sempre fatto, per l’orgoglio e la voglia di fare al meglio il lavoro che tanto ci piace. Un pensiero va ai colleghi, agli amici e ai cittadini che stanno o sono stati peggio di me e che, in qualche caso, ancora lottano per la guarigione”.

Sbrana, da gennaio vicedirettore del 118 di Arezzo, ha svolto per molti anni servizio alla centrale 118 Siena-Grosseto e tuttora fa parte dello staff del servizio di elisoccorso con base a Grosseto. Si tratta di un professionista con lunga esperienza vissuta letteralmente sul campo che negli anni lo ha portato a confrontarsi con eventi traumatici in condizioni anche estreme, specialmente durante i soccorsi con Pegaso 2.

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