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Cronaca

Fort Knox, il processo resta ad Arezzo. Il Gup dice no al trasferimento a Napoli

Il processo per Fort Konx si celebrerà ad Arezzo. Lo ha deciso, in camera di consiglio, il giudice per le udienze preliminari Cecchi al termine dell'udienza che si è celebrata questa mattina. Non è stata dunque accolta l'eccezione presentata dai...

Il processo per Fort Konx si celebrerà ad Arezzo. Lo ha deciso, in camera di consiglio, il giudice per le udienze preliminari Cecchi al termine dell'udienza che si è celebrata questa mattina. Non è stata dunque accolta l'eccezione presentata dai legali di alcuni degli imputati sull'incompetenza territoriale presentate chiedendo di spostare l’intero procedimento presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Napoli. Richiesta alla quale si è fin da subito opposto il pm Marco Dioni.

Adesso il processo proseguirà nelle aule del tribunale di Arezzo. Sono rimasti in 8 gli imputati che non hanno chiesto patteggiamenti o riti alternativi e che attendono l'udienza per il rinvio a giudizio.

La prossima udienza è in programma per il 21 giugno.

LA VICENDA

Fort Knox è il nome dato dagli inquirenti ad una grossa operazione contro il riciclaggio di denaro svolta circa cinque anni fa dalla procura di Arezzo. L’inchiesta partì con un blitz della Guardia di Finanza, nel 2012, in un casolare di Manciano (denominato appunto Fort Knox). Le fiamme gialle scoprirono un giro di metallo a nero – soprattutto oro – per un volume d’affari che all’epoca gli inquirenti stimarono in circa 180 milioni di euro. Il casolare, di proprietà dell’imprenditore Michele Ascione, era una sorta di “centrale” dove avvenivano gli scambi. Il deus ex machina dell’organizzazione, secondo l’accusa, sarebbe stato un finanziere residente in Svizzera, Peter Kamata. Gli indagati sono sia aretini che partenopei e anche le perquisizioni (oltre 200) si svolsero tra Arezzo e Napoli. Secondo la ricostruzione della procura, il meccanismo partiva con la vendita di gioielli in compro-oro della Campania: il metallo veniva poi trasformato in lingotti che poi finivano in Svizzera in cambio di soldi. Tutto a nero.

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