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Cronaca Pieve Santo Stefano

Ex cava trasformata abusivamente in area industriale: scatta il sequestro

I reati al momento ipotizzati vanno dal cambio di destinazione d’uso del suolo, emissioni diffuse e sonore in assenza di autorizzazione oltre che smaltimento illecito di rifiuti liquidi prodotti dall’azione delle acque meteoriche dilavanti sugli stoccaggi di cippato

Avevano trasformato una cava dismessa in uno stabilimento per la produzione di cippato. Una vera e propria area industriale della quale però non risultava l’esistenza. Sono stati i carabinieri della sezione di polizia giudiziaria della procura di Arezzo, insieme ai colleghi della sezione tutela biodiversità di Pieve Santo Stefano e i tecnici di Arpat ha scoprire e sequestrare lo stabilimento situato nel comune di Pieve Santo Stefano

Secondo quanto riportato dai militari in una nota stampa, due società aretine specializzate nella produzione industriale di biomasse avrebbero “realizzato le opere utili alla conversione della cava, sito ormai dismesso da noi, in una sorta di stabilimento per la produzione industriale di cippato nel quale si operava in modo stabile e continuativo mediante dispositivi mobili con annesse operazioni manuali di deposizione e movimentazione di cippato e altro materiale ligneo senza che di tutto ciò ve ne fosse traccia negli elenchi degli impianti-stabilimenti autorizzati a tali lavorazione”.

I reati al momento ipotizzati vanno dal cambio di destinazione d’uso del suolo, emissioni diffuse e sonore in assenza di autorizzazione oltre che smaltimento illecito di rifiuti liquidi prodotti dall’azione delle acque meteoriche dilavanti sugli stoccaggi di cippato. “Situazione questa - proseguono i carabinieri - che imporrà delle verifiche tecniche per quantificare le masse legnose poste nell’area in sequestro, risalire alla loro effettiva origine e comprendere l’impatto determinato dal percolato prodotto dagli stoccaggi di cippato sul suolo e sulle acque superficiali”.

Un’attività investigativa complessa che ha portato i carabinieri ad avvalersi di strumentazioni specifiche quali droni e rilevatori per indagini termografiche. “Gli accertamenti sino ad oggi effettuati - specificano ancora i militari - hanno dimostrato l’esistenza di una vera e propria attività industriale a ciclo continuo che da anni avveniva in dispregio di  qualsivoglia norma posta a tutela dell’ambiente e del territorio peraltro in un’area già fragile trattandosi, appunto,  di un sito estrattivo giunto a fine vita”.

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