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Familiari lontani e pazienti soli, i sanitari: "Cura emotiva per loro, come se fossero i nostri cari"

Giovanni Iannelli, direttore della Medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza e la coordinatrice infermieristica Susanna Pietrelli raccontano come sia cambiato il pronto soccorso in questo periodo

Il pronto soccorso visto adesso è un mondo diverso rispetto a un mese fa. Pochi accessi, procedure più complicate, pazienti da considerare tutti possibili infetti, lontananza dei familiari. La conferma arriva da chi quotidianamento lo dirige e ci lavora in un team composto da medici, infermieri e operatori socio sanitari.

"Siamo nel bel mezzo di una crisi che non ha eguali nella storia della sanità e nostra personale - commenta Giovanni Iannelli, direttore della Medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza - il cambiamento più importante è la riduzione netta dei pazienti che arrivano in pronto soccorso. Prima c'erano dai 220 ai 250 pazienti al giorno adesso non ne arrivano più di 50 o 60. La riduzione del carico di lavoro è evidente, però c'è un impegno emotivo e professionale molto alto, per la difficoltà di gestire pazienti che dobbiamo considerare possibili o comunque sospetti infetti. Un approccio diverso quindi, con tutte le protezioni individuali e con un impatto emotivo rilevante, c'è un sentimento di svolgere un ruolo utile e indispensabile per la comunità e questo ci gratifica. Il ritorno dei sentimenti sviluppato dalla popolazione ci gratifica molto, dall'altro tutti noi abbiamo famiglie e quando torniamo a casa, la paura di infettare le persone care a volte ci immobilizza, abbiamo cercato di gestire nella maniera più corretta anche questo, ma l'idea di poter infettare una persona a cui vogliamo bene ci mette un pochino in crisi."

L'altro spaccato di vissuto dal pronto soccorso arriva da Susanna Pietrelli, coordinatore inifermieristico del pronto soccorso e medicina d'urgenza.

"E' una situazione nuova dal punto di vista assistenziale, il personale si sta rimodulando con grande forza e disponibilità e io dò tutto il mio ringraziamento a loro. L'impatto emotivo che ci coinvolge è importante anche perché i pazienti che dobbiamo accudire e assistere sono impegnativi, noi mettiamo tutte le protezioni individuali per essere sicuri e protetti da questa infezione."

Un aspetto particolarmente delicato è quello della lontananza dei familiari e il rapporto personale dei sanitari con i pazienti.

"Noi cerchiamo di avere un rapporto particolare con i familiari e con i pazienti stessi, lo facevamo anche prima, ma adesso serve molto di più. I familiari non possono accedere alla struttura, ma teniamo a cuore di dare loro le informazioni, di farci chiamare a qualsiasi ora del giorno e della notte e diamo loro anche indicazioni su comportamenti da tenere a casa. Anche se abbiamo la mascherina i nostri occhi danno quel senso di forza, basta uno sguardo per capire come ci sentiamo, la forza è l'unico elemento essenziale. Tutti noi, medici, infermieri e oss ci sentiamo una squadra invincibile sperando che sia davvero così. 

"I nostri pazienti hanno bisogno anche di cure emotive, sono persone sole, senza familiari accanto. Noi riteniamo di dargli un accudimento in più per tenerli come se fossero i nostri cari, ci fa piacere che il nostro lavoro in questo momento particolare venga riconosciuto, è una grande forza che ci viene data da tutti."

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