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Cronaca

Falsi centri massaggi e prostituzione, il modus operandi svelato dai clienti. Arresti e sequestri

Un provvedimento che tocca anche Arezzo, perché le indagini su una presunta organizzazione che sfruttava la prostituzione e la manodopera di clandestini si sono svolte anche nel territorio provinciale

Oltre venti persone sottoposte a misure cautelari, 11 centri massaggi sequestrati, insieme ad appartamenti, auto e conti correnti: è questo il contenuto dell'ordinanza emessa dal Gip del tribunale di Perugia che da ieri mattina i militari dell’Arma dei Carabinieri stanno eseguendo. Un provvedimento che tocca anche Arezzo, perché le indagini su una presunta organizzazione che sfruttava la prostituzione e la manodopera di clandestini si sono svolte anche nel territorio provinciale.  

Il provvedimento e le indagini

Il provvedimento, che dispone sia custodie cautelari in carcere sia arresti domiciliari e obbligo di dimora nel comune di residenza, è relativo a varie ipotesi di reato, tra cui il riciclaggio dei proventi delle attività di sfruttamento della prostituzione.

Le indagini sono iniziate nel luglio del 2019 e sono state portate avanti dai Carabinieri fino all'estate dello scorso anno. Gli inquirenti in questo periodo hanno acquisito elementi probatori che hanno portato il giudice a richiedere numerose misure cautelari. Secondo quanto ricostruito dai militari dell'Arma cii sarebbe stato un "vincolo associativo tra quasi tutti gli indagati, corroborato dal ricorso a schemi organizzativi ben definiti e ricorrenti utilizzati per realizzare lo sfruttamento della prostituzione e le altre ipotesi di reato". 

Tutto è partito da alcuni centri massaggi della provincia di Perugia, ma atraverso servizi di osservazione e accessi ispettivi da parte del Nucleo Ispettorato del Lavoro dei Carabinieri l’attività si è via via allargata grazie ad attività tecniche di intercettazione telefonica ed ambientale nelle province di Arezzo, Lodi, Verona, Bologna, Firenze, Prato, Fermo, Ascoli Piceno, Teramo e Brindisi. In queste città gli indagati, tutti di nazionalità cinese ma stabilmente radicati sul territorio nazionale, "avrebbero investito i loro capitali acquisendo la disponibilità di abitazioni e centri massaggi, all’interno dei quali favorivano e sfruttavano la prostituzione di giovani connazionali, quasi tutte irregolari in Italia".

Il modus operandi 

"Il modus operandi consisteva nella pubblicazione su vari siti internet di inserzioni pubblicitarie, con raffigurate giovani donne seminude; al numero di telefono presente nell’inserzione rispondevano i responsabili dell’organizzazione, che indirizzavano il cliente di turno al centro massaggi più vicino, avvisando poi la donna che lo gestiva di prepararsi all’arrivo di una persona" spiegano gli investigatori in una nota.

In tal modo gli organizzatori, oltre a monitorare il numero di clienti, erano in grado di quantificare in anticipo la somma di denaro che poi, periodicamente, passavano a prelevare nei vari esercizi, evitando anche che le singole giovani potessero sottrare i proventi dell’attività.
Non solo: le ragazze "che venivano periodicamente spostate da un centro ad un altro in modo da offrire ai clienti maggior “varietà” e per meglio occultare la frequente mancanza di documenti o l’irregolare posizione lavorativa, venivano fatte dormire direttamente nei centri o in appartamenti in uso all’associazione, che venivano attrezzati con piccole cucine e letti, anche per limitare al massimo la loro uscita dai luoghi di lavoro". 

L’adescamento delle giovani avveniva tramite siti internet cinesi, ai quali le ragazze si rivolgevano consapevoli del genere di prestazioni che sarebbero state richieste una volta giunte in Italia. 
Per assicurare la non riconducibilità dei centri massaggi, gli “organizzatori” si avvalevano di collaboratori esterni; in particolare attribuivano a terzi soggetti (anche italiani) la titolarità dei centri e attraverso la loro identità operavano operazioni commerciali. 

"Costituito il centro e preparati i locali, gli organizzatori collocavano le giovani donne, informandole preventivamente sul tipo di prestazioni sessuali da offrire, sui prezzi e sui messaggi da inviare ai responsabili a prestazione avvenuta. In caso di controllo da parte delle forze di polizia, le ragazze dovevano limitarsi a spiegare che non parlavano l’italiano, evitando così di rispondere alle domande". A raccontare le modalità con cui si svolgevano gli incontri sono stati numerosi testimoni: si tratta di clienti dei centri che hanno svelato cosa accadeva. Ogni singolo centro massaggi aveva un indotto medio di mille euro al giorno, che generava un flusso complessivo di circa 350mila  euro al mese. 

Centro massaggi a luci rosse, titolare denunciata

I proventi venivano in parte trasferiti su circuiti di credito internazionali e in parte reinvestiti nell’attività per l’acquisto di immobili o autovetture sempre “formalmente” intestate a terzi.  Determinanti sono stati anche gli accertamenti patrimoniali svolti dai militari dell’arma di Assisi nei confronti degli indagati nel cui ambito è stata individuata un’abitazione situata a Bastia Umbra, quattro autovetture e ventotto conti correnti e carte di credito per i quali il gip ha disposto il sequestro patrimoniale.

Dei 22 destinatari durante questa gioranta ne sono stati rintracciati 18 di cui 8 sono stati sottoposti alla custodia cautelare in carcere, 1 agli arresti domiciliari e per 5 è stato disposto l’obbligo di dimora nel comune di residenza. Per gli altri quattro è ancora caccia all'uomo. 

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