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Il caso

Vaccino Scanzi, si decide sull'archiviazione. La legale: "Corretto il comportamento del giornalista". Opposizione del Codacons

La vicenda portò la Procura di Arezzo, a seguito di esposto Codacons, ad aprire una indagine sul caso: il pm ha poi chiesto l’archiviazione non riscontrando reati. Scanzi non è stato indagato

Era il 19 marzo quando il giornalista aretino Andrea Scanzi annunciò sui social di aver ricevuto la prima dose del vaccino Astrazeneca. Un racconto in buona fede ma che da subito innescò polemiche. Dubbi vennero avanzati da più parti: spettava a lui quella dose? Era legittima quella vaccinazione? Codacons presentò un esposto e la procura di Arezzo aprì un fascicolo. Nel mese di giugno il pm Marco Dioni, titolare dell'indagine, ha però depositato una richiesta di archiviazione non riscontrando reati di alcun tipo e domani il gip Giulia Soldini dovrà pronunciarsi.

Il provvedimento riportava: "Scanzi non aveva diritto di essere vaccinato (non rientrando in alcuna delle categorie indicate nelle linee guida) ma che, in realtà, in quel momento la situazione era particolarmente confusa, posto che la vaccinazione Astrazeneca era stata sospesa temporaneamente, che la campagna vaccinale stentava a decollare e che poco prima il commissario straordinario aveva pubblicamente detto che si doveva evitare lo spreco di ogni singola dose e vaccinare chiunque fosse possibile".

Letto il provvedimento, però Codacons fece opposizione all'archiviazione. Il gip dovrà quindi decidere se far proseguire le indagini sulla vicenda.

La vaccinazione e le indagini

Scanzi nel tardo pomeriggio del 19 marzo ricevette la prima dose di vaccino AstraZeneca nell'hub di Arezzo Fiere. In seguito il giornalista ne diede comunicazione sui suoi canali social scatenando un'ondata di polemiche che ha portato dapprima ad una verifica interna della Asl e poi - il 22 marzo - all'avvio delle indagini. Per la vicenda, in cui Scanzi non è stato indagato, il giornalista non sarebbe rientrato tra le categorie che avevano diritto alla vaccinazione all'epoca ma va detto che in quei giorni la confusione regnava sovrana: il siero AstraZeneca era addirittura stato sconsigliato agli over 60, perché ritenuto rischioso, per i più giovani non si erano ancora aperte le vaccinazioni. Intanto molte dosi erano in stand by e rischiavano di andare perdute. In questo caos il giornalista chiese di essere inserito tra le riserve e poi si vaccinò. Il tempo di una diretta social e si scatenò un putiferio di polemiche. 

Negli atti dei Carabinieri, visionati dall'agenzia AdnKronos, si leggerebbe che "l'ammissione di Scanzi alla seduta vaccinale è stata gestita personalmente da Giglio (direttore di zona di Arezzo e Casentino ndr), che aveva indicato al giornalista tempi e luoghi avendo cura peraltro di passare al luogo della vaccinazione nella tarda mattinata, per affidare il compito di accoglienza e gestione" ad un infermiere. Giglio, secondo i carabinieri, avrebbe organizzato la seduta vaccinale del giornalista la mattina del 19 marzo 2021, ma il regolamento prevedeva la valutazione di eventuali dosi avanzate da somministrare alle 'liste di riserva' solo a fine serata. "Non risulta poi comprensibile - si legge nell'informativa - come Giglio potesse essere certo che le dosi sarebbero avanzate quel giorno presso l'Hub vaccinale di Arezzo, già dall'ora di pranzo", in considerazione che l'infermiere che Scanzi contattò su sua indicazione all'arrivo nell'hub vaccinale "avrebbe iniziato a valutare la situazione solamente al termine della giornata vaccinale".

Ma perché la dose fu data a Scanzi? Il giornalista fu segnalato alla Asl dal suo medico di base, Roberto Romizi, che mise in contatto Scanzi con Giglio. Ed è proprio il medico a cercare di far luce su quanto accadde dopo: "Ricevetti una telefonata da Andrea Scanzi il quale mi rappresentò la sua condizione predetta (di fragilità ndr) riguardo ai suoi genitori, che io intesi convivessero con lui. Lo stesso giorno controllai l'effettiva esistenza di requisiti di persone vulnerabili dei genitori dello Scanzi, e riscontrai che mentre il padre non era assolutamente censito, la madre era invece una persona che aveva necessità di essere tutelata in virtù del fatto che era portatrice di un handicap grave ai sensi della legge 104/92, art. 3 comma 3. Solo successivamente, dalle notizie che apparirono sui media, mi resi conto - ha dichiarato il medico - che lo Scanzi non era minimamente il badante dei suoi genitori e anche che lui non fosse convivente presso di loro e rimasi molto amareggiato dall'essermi sentito usato e ingannato".

Nell'informativa dei carabinieri questi aspetti sarebbero stati sviscerati e la comunicazione alla Procura visionata dall'agenzia avrebbero riportato che Scanzi "non risiede con i suoi genitori, i quali sono autosufficienti per stessa ammissione dell'interessato. Egli non li assiste né nessuno dei due ha mai chiesto di essere riconosciuto come disabile grave, ai sensi della legge 104/1992, art. 3 comma 3", e ancora "la documentazione presentata dal direttore di zona distretto Usl, dottor Giglio Evaristo, sia nell'ambito dell'istruttoria interna dell'azienda Usl, sia in sede di escussione presso questi uffici, attestante la disabilità grave" della mamma di Andrea Scanzi, corrisponde "ad un'omonima". Un equivoco dunque.

La versione di  Scanzi

Lo stesso giornalista di fronte agli inquirenti ha ripercorso tutta la vicenda, spiegando anche le concitate fasi del post vaccinazione, ovvero il momento in cui è salita l'onda delle polemiche. Le sue parole sono state messe a verbale e riportate dall'agenzia: "Alle ore 9.30 del mattino, il Giglio mi chiamò per dirmi che il mio post gli aveva creato dei problemi sia politici che all'interno della Usl di appartenenza - spiega sempre Scanzi - e mi chiese se io assistessi delle persone anziane ed in maniera specifica i miei genitori. Non assistevo i miei genitori ma resi noto che entrambi erano nella condizione di essere considerati fragili per patologie pregresse". Secondo quanto riportato da Scanzi, Giglio apparve sollevato da quella dichiarazione. "A questo punto lui, evidentemente sollevato da questa mia affermazione mi disse che rientravo a tutti gli effetti tra i 'caregivers' e che la mia vaccinazione non rappresentava più un problema. In effetti nei giorni successivi lui stesso mi ribadì più volte, a fronte delle mie perplessità sopraggiunte di fronte alla polemica mediatica che era nata, l'assoluta correttezza della procedura vaccinale alla quale ero stato sottoposto proprio perché rientrante nella predetta categoria. Non ho mai assolutamente comunicato al Giglio, prima di essere vaccinato, la condizione di persone fragili nella quale possono essere inseriti i miei genitori". 

Agli atti una chat che mostra le mosse dei medici

Secondo l'agenzia AdnKronos, agli atti ci sarebbero anche numerosi messaggi tra il medico della Asl Evaristo Giglio, direttore del distretto sanitario zona di Arezzo e Casentino e il medico di base di Scanzi, Roberto Romizi. Entrambi avrebbero messo a disposizione degli inquirenti spontaneamente i propri telefoni cellulari. 

L'agenzia riporta stralci delle conversazioni: "Ci siamo messi in un bel guaio". "Magari vediamoci di persona stamani o domattina". Lo scambio sarebbe avvenuto alle ore 8.17 del 21 marzo, due giorni dopo l'avvenuta vaccinazione del giornalista. I due sanitari, dopo l'interesse mediatico sulla vicenda sono apparsi preoccupati. "Non so se hai visto che Scanzi in un recente post ci ha citati", scrive il medico di base. "Ti giro un carteggio pregresso con lui che potrebbe essere utile". In una conversazione antecedente al vaccino del giornalista, Giglio spiegava al medico di Scanzi: "Non sono ancora riuscito ad inserirlo perché lui è persona nota….lo devo sistemare in condizioni di tutta sicurezza… però non l'ho dimenticato". "Non c'è dubbio…..capisco benissimo... meglio non rischiare", la replica.

Ci sarebbe poi anche la chat tra Giglio e il giornalista. Alle 15,43 del 15 marzo, il medico - riporta AdnKronos - ha scritto a Scanzi: "Non prenda impegni mercoledì pomeriggio. Domani le faccio sapere orario. Per precauzioni, vista la sua notorietà, ci spostiamo al distretto di Monte San Savino. Dovrebbero avanzare delle dosi". Scanzi risponde: "Va bene. Però ho un impegno improrogabile dalle 15.30 alle 17. Quindi potrei nel tardo pomeriggio". La risposta del medico: "Credo dopo le 17 … avrei pensato di andare insieme con la scusa di un sopralluogo conoscitivo da parte di un giornale e avanzando la dose si passava al vaccino.…".

La ricostruzione dell'avvocato di Scanzi

L'avvocato di Andrea Scanzi, Caterina Malavenda ha ripercorso con l'Adnkronos le tappe della vicenda: "Andrea Scanzi, il 26 febbraio 2020, in un momento di grande confusione sulla somministrazione dei vaccini, chiede al suo medico curante se poteva essere vaccinato, compatibilmente con le linee guida vigenti, cosa che avverrà solo il 19 marzo 2020, dopo quasi un mese", spiega. "Nel frattempo, mentre attendeva una risposta, il 15 marzo 2020 il generale Figliuolo aveva ribadito la necessità di non sprecare i vaccini e la somministrazione di Astrazeneca era stato sospeso fino al 18 marzo 2020, quando sarebbe ripresa nella inevitabile diffidenza dei destinatari e con conseguenti defezioni".

La legale spiega che il giornalista "fu chiamato il giorno dopo, si presentò in serata, seguendo le indicazioni ricevute e fu vaccinato come riservista. Solo dopo, al momento della registrazione nel sistema Sispc del suo nominativo, si pose il problema della sua collocazione e fu in quel momento ed a sua insaputa che fu inserito nella categoria dei caregiver, cui mai aveva detto di appartenere".

"Il Gip - ha concluso l'avvocato - dovrà assumere le sue decisioni, ma non potrà non prenderne atto. Le indagini hanno avuto, comuque, il pregio di fugare ogni possibile dubbio sul comportamento di Scanzi, anche se ancora oggi, contro ogni evidenza, viene ricordato come colui che avrebbe approfittato della sua notorietà per esser vaccinato, senza averne diritto".

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