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Cronaca

Caso Martina Rossi, agli atti le parole della cameriera: "L'ho vista scavalcare e gettarsi"

La donna non raggiungerà l'Italia e non sarà sentita nemmeno in video conferenza. Ma nel fascicolo sul procedimento per la morte della studentessa ligure, per la quale sono a processo due aretini, sono adesso confluiti i verbali di quanto ha riferito agli inquirenti in tre occasioni.

Le parole di Francisca Puga, la cameriera che è considerata l'unica testimone oculare della tragedia di Martina Rossi, sono state acquisite tra gli atti del procedimento penale che vede imputati due aretini, Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, accusati di morte in conseguenza di altro reato e tentata violenza sessuale. La donna non raggiungerà l'Italia e non sarà sentita nemmeno in video conferenza. Ma nel fascicolo sul procedimento per la morte della studentessa ligure, per la quale sono a processo due aretini, sono adesso confluiti i verbali di quanto ha riferito agli inquirenti in tre occasioni: il 4 agosto 2011, all'indomani della morte, l'11 gennaio 2012  (un testo per il quale proprio stamani è stato dato incarico di traduzione) e il 24 febbraio 2014. Quest'ultima testimonianza è quella che è stata tradotta pochi mesi fa in udienza preliminare su incarico del Gip Ponticelli. E proprio in quelle righe, scritte nero su bianco e presenti all'interno del fascicolo, ci sarebbero le parole sulle quali ripone maggiore fiducia la difesa. 

LA TESTIMONE OCULARE

Ma cosa disse la testimone? Inizialmente raccontò di aver visto Martina gettarsi nel vuoto. Poi, in un secondo momento, la sua testimonianza si fece più confusa, meno certa. Fino all'ultima audizione, nella quale di fronte agli inquirenti spagnoli ha pronunciato parole pesanti come macigni. Ha detto di aver visto Martina da sola sul balcone buttarsi "volontariamente e con decisione", senza "chiedere aiuto".  "Vide come la ragazza raggiunse la ringhiera" e il momento "in cui sollevò una delle gambe sulla ringhiera" e poi "fece una piccola rotazione del corpo in avanti e si lasciò cadere nel vuoto".

E che le incertezze e le incongruenze dimostrate in precedenza di fronte agli inquirenti erano causate dalla pressione subita da un legale che l'aveva avvicinata fuori dall'aula del tribunale spagnolo dove si svolse l'audizione. 

Quattro pagine di dichiarazioni e una foto - dove è indicato il punto in cui la giovane secondo la testimone si sarebbe buttata - che arrivano come un suggello delle tesi della difesa di Luca Vanneschi,  affidata al legale Stefano Buricchi. Difesa che ha sempre cercato di dimostrare l'estraneità del proprio assistito.

L'ACCUSA

Una versione alla quale i familiari di Martina non credono. Il padre Bruno e la madre Franca, assistiti dai legali Fanfani e Savi, erano anche questa mattina (come sempre dall'inizio del procedimento) in aula. 

"Se si leggessero i diari di Martina, le cose che scriveva - spiega il padre - si capirebbe benissimo che il suo stato d'animo non era tale da portarla a compiere questo gesto. Anzi".

Il mondo di Martina, la sua vita da adolescente che si affaccia all'età adulta con entusiamo, non si evincono dai verbali. Dei sogni confidati ai genitori, delle sue aspettative, non c'è traccia tra gli atti del processo.

"Di fronte a certe consulenze - dicono i genitori - siamo rimasti scossi: perizie svolte senza averla conosciuta, senza averci parlato, tecnici che si esprimono senza aver visto le foto di Martina a terra dopo la caduta, ci hanno lasciato".

E poi contestano la possibilità dell'unica testimone oculare di poter vedere quello che stava realmente accadendo: stando all'accusa, infatti, la cameriera si sarebbe trovata in una posizione dalla quale era impossibile vedere i movimenti di Martina. 


 

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