Guerrina, curia e ordine religioso restano nella causa civile. Richiesta danni da un milione di euro
Il tribunale di Arezzo ha rigettato l'istanza di estromissione presentata dalla Curia
La curia aretina non sarà estromessa dalla causa civile avviata dalle sorelle e nipoti di Guerrina Piscaglia. A stabilirlo è stato il tribunale di Arezzo che quest'oggi ha rigettato l'istanza avanzata dalla curia e
dall'Istituto religioso dei Canonici regolari premostratensi, ordine al quale apparteneva Gratien Alabi.
Il giudice si è anche espresso sulla mancata notifica all'ex sacerdote (condannato a 25 anni per omicidio e distruzione di cadavere), disponendo un termine di 60 giorni per rinnovare la citazione a Gratien Alabi (che è stato trasferito dal carcere romano di Rebibbia a quello milanese di Opera). È stata quindi fissata la prossima udienza: si svolgerà il 1 marzo 2023.
I familiari di Guerrina, scomparsa il 1 maggio del 2014, sostengono che la responsabilità di quanto accaduto vada accertata in solido tra padre Graziano, la diocesi e l'ordine di appartenenza. "L'abito talare - scrivono gli avvocati - fu una vera e propria conditio sine qua non della relazione sessuale prima e dell'evento morte poi" poiché "pose padre Graziano nella condizione di poter più agevolmente compiere il fatto dannoso".
Le sorelle e le nipoti di Guerrina hanno chiesto risarcimenti per quasi un milione di euro.
La storia di Guerrina e il processo
Guerrina Piscaglia aveva 50 anni quando è scomparve. Viveva con il marito, Mirco Alessandrini, e il figlio. Il 1 maggio del 2014, dopo il pranzo della festa, si allontanò per una passeggiata e di lei si persero le tracce. Al termine di un lungo procedimento giudiziario, il parroco congolese Gratien Alabi è stato condannato. Il corpo della donna non è mai stato trovato, ma gli indizi incastrarono il religioso del quale la mamma di Cà Raffello si era innamorata.
Depistaggi e indizi
Secondo i Carabinieri che condussero le indagini, coordinati dal pm Marco Dioni, inizialmente Gratien tentò di depistare gli inquirenti, con messaggi inviati dal telefono della donna. Ma a incastrarlo furono le celle telefoniche: il suo cellulare e quello della vittima si erano agganciati alle stesse celle.
Dopo il processo in sede penale, le sorelle e le nipoti di Guerrina si sono mosse in sede civile. Assistite dalle avvocatesse Maria Federica Celatti e Chiara Rinaldi, stanno trascinando in tribunale la Chiesa, sostenendo che sia mancata la sorveglianza sulla condotta del religioso.