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Il processo

Caso Geovision, condanne per Mureddu e Carboni

Si è concluso il processo nei confronti di quattro imputati: erano accusati di aver distratto soldi all'azienda di Badia al Pino per tentare scalate societarie alla Cantarelli e nell'Arezzo Calcio

Quattro condanne: sono quelle che il tribunale di Arezzo ha pronunciato questo pomeriggio nei confronti di Flavio Carboni, la moglie, Valeriano Mureddu e un loro collaboratore, Giuliano Michelucci. Si è concluso così il processo per l'intricata vicenda Geovision.

Lo scorso ottobre il pm aveva chiesto 5 anni per Mureddu, 4 per Carboni e la moglie due anni e mezzo per il terzo imputato. La sentenza prevede pene più miti: 3 anni e 8 mesi per Mureddu, accusato di bancarotta fraudolenta e fatture inesistenti, 2 anni e quattro mesi per Carboni e la moglie accusati di aver riciclato i proventi di quelle fatture inesistenti e due anni e 2 mesi per il collaboratore. 

Il caso Geovision

Il caso Geovision deflagrò nel marzo del 2016, quando in una vasta operazione anti-riciclaggio coordinata dalla Procura di Arezzo, i militari del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza aretina svolsero perquisizioni e sequestri in Toscana, Umbria, Lazio, Campania, Veneto e Sardegna. Un'inchiesta corposa che coinvolse circa 20 persone.

Gli inquirenti ipotizzarono da subito una truffa al centro della quale c'era la Geovision, azienda di imballaggi aretina. Mureddu e Carboni erano accusati di aver dirottato dal patrimonio dell'azienda ingenti somme di denaro per raggiungere ambiziosi obiettivi: tra questi scalare l’azienda di abbigliamento maschile Cantarelli (all'epoca dei fatti contestati ancora non fallita) e formare una cordata per l'Arezzo calcio. Come? Con una serie di fatture ritenute fasulle e scambiate con un'altra controllata dal gruppo. In questo modo secondo l'accusa gli imputati erano riusciti a distrarre circa 20 milioni di euro che sarebbero dovuti essere rinvestiti.

In seguito Mureddu salì alla ribalta delle cronache perché avrebbe accompagnato Pierluigi Boschi (padre dell’ex ministro Maria Elena) nel luglio 2014 da Flavio Carboni, quando Banca Etruria era alla ricerca di un direttore generale e Pier Luigi Boschi era vice presidente dell’istituto di credito aretino. 

Quella che gli inquirenti durante le indagini avevano ricostruito era l’immagine di un faccendiere che, partito dalla Sardegna, si era poi mosso nel centro Italia. Prima di trasferirsi in provincia di Arezzo, abitava a Rignano, paese del padre di Matteo Renzi.

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