rotate-mobile
Cronaca Sansepolcro

Caporalato e sfruttamento dei lavoratori, sgominata organizzazione del nord Italia. Appalti anche nell'Aretino

I lavoratori vessati erano stati inviati anche in provincia di Arezzo dove lavoravano nella logistica di alcuni supermercati per una cooperativa del nord che aveva vinto un appalto

Venivano sfruttati e vessati e le loro proteste venivano soffocate anche con la violenza. Erano tutti cittadini indiani, del Bangladesh o del Pakistan finiti nella rete di un'organizzazione a delinquere finalizzata al caporalato. Un incubo per decine di persone che ha avuto fine grazie ad un'operazione della Guardia di Finanza di Padova la quale ha sgominato l'intero gruppo criminale che dal nord Italia aveva inviato i lavoratori anche in provincia di Arezzo. 

Le fiamme gialle hanno interdetto il "promotore" dall'attività imprenditoriale ed eseguito il sequestro di immobili e disponibilità finanziarie per oltre 750 mila euro. Nell'organizzazione erano coinvolte molte persone: sono 15 infatti gli indagati, per lo più indiani, di cui 7 destinatari di un provvedimento cautelare personale e reale.

Le indagini

L’organizzazione finita nel mirino della Guardia di Finanza si occupava, innanzitutto, del reclutamento della manodopera: "avveniva tra soggetti stranieri in stato di bisogno o necessità presenti sia sul territorio nazionale, sia nello stato indiano del Rajasthan, dove emissari dell’associazione criminale attingevano manovalanza dalle fasce più povere della popolazione rurale, prospettando migliori condizioni di vita e lavorative a fronte del pagamento di un’ingente somma, di cui un anticipo da corrispondere in madrepatria e il resto mensilmente, una volta intrapresa l’attività lavorativa in Italia".

Una volta arrivati in Italia i lavoratori ottenevano un regolare permesso di soggiorno grazie all’immediata  assunzione presso cooperative che fornivano personale per la gestione di magazzini della grande distribuzione, che si trovavano principalmente nel nord Italia, ma anche in Toscana, Umbria e Puglia. Le cooperative infatti partecipavano a gare d'appalto per servizi logistici e, garantendo tempi brevi e prezzi bassi, riuscivano ad avere incarichi in tutta Italia. E' così che il personale veniva inviato in varie città: Alessandria, Mantova, Brescia, Verona, Vicenza, Padova, Venezia, Parma, Bologna, Forlì-Cesena, Arezzo, Perugia e Lecce. In particolare, in provincia di Arezzo, tra il 2018 e il 2020 il personale era stato inviato a Sansepolcro, dove si occupava di logista per la grande distribuzione. 

"Gli appalti erano in regola - spiega la Guardia di Finanza - pertanto i committenti non erano a conoscenza delle condizioni in cui versavano i lavoratori". 

Il modus operandi

In realtà, questi ultimi "erano sottoposti alla pressante vigilanza dell’organizzazione, che dislocava presso ogni cooperativa un fidato sodale con il compito di spegnere, con la minaccia e talvolta con l’uso della forza, ogni tentativo di protesta o ribellione, controllando anche la fruizione di ferie o permessi, nonché disincentivando l’eventuale adesione a organizzazioni sindacali. Il clima di costante intimidazione era alimentato anche dal timore di possibili ritorsioni sui familiari rimasti in India".
La soggezione delle vittime si sarebbe manifestata anche fuori dai luoghi di lavoro: gli stessi – già gravati dalla necessità di mantenere le famiglie d’origine - dovevano restituire le ingenti somme dovute per l’ingresso e il lavoro ottenuto  in Italia, e dovevano vivere nelle abitazioni messe a disposizione dagli organizzatori del sodalizio criminale, spesso in situazioni di degrado, "per essere sottoposti a un controllo stringente fino al pieno soddisfacimento della pretesa economica". Il consistente profitto dell’organizzazione era qunque assicurato dal denaro contante prelevato direttamente dai conti correnti dei lavoratori sfruttati, di cui i membri dell'organizzazione potevano disporre autonomamente, nonché dal "rimborso forzoso" delle spese di vitto e alloggio che rendevano, di fatto, "indissolubile il legame tra il lavoratore sfruttato e gli indagati, che si protraeva anche dopo l’estinzione del debito iniziale".

I guadagni

"Tale profitto veniva in parte trasferito in India e in parte utilizzato per l’acquisto di ulteriori abitazioni da destinare a dimora obbligata dei lavoratori, in modo da alimentare e accrescere il sistema di sfruttamento della manodopera", spiega in una nota la Guardia di Finanza.
In conclusione, la stima dei soggetti reclutati e impiegati sul territorio padovano con il sistema del “caporalato” è risultata ammontare a oltre 100 unità, fermo restando che non è possibile determinare in maniera compiuta il numero di tali maestranze, spesso trasferite presso le varie sedi delle cooperative coinvolte.
Al termine delle indagini, su richiesta della Procura della Repubblica di Padova, il competente fip ha emesso un provvedimento di interdizione dall’esercizio dell’attività imprenditoriale nei confronti del promotore dell’associazione, disponendo il sequestro di 3 immobili siti nella provincia di Padova, utilizzati per ospitare i lavoratori reclutati, nonché di ulteriori beni e disponibilità finanziarie, per un valore complessivo di oltre 750 mila euro.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Caporalato e sfruttamento dei lavoratori, sgominata organizzazione del nord Italia. Appalti anche nell'Aretino

ArezzoNotizie è in caricamento