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Cronaca

Crac Banca Etruria: raffica di assoluzioni, Rigotti unico condannato

Erano oltre 20 gli imputati accusati di bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice: secondo la Procura avevano dissipato il patrimonio. Il tribunale invece li ha prosciolti con varie formule. Tra loro Lorenzo Rosi, Natalino Guerrini, Giovanni Inghirami

E' il giorno del verdetto per il maxi processo per il crac di Banca Etruria. Il procedimento, che ha preso il via nel settembre 2019, volge oggi al termine con la sentenza per gli oltre 20 imputati (uno è deceduto durante l'estate) che sarà pronunciata dal collegio presieduto dal giudice Giovanni Fruganti e composto dai giudici Ada Grignani e Claudio Lara.

AGGIORNAMENTO ORE 9,45

Il collegio si è espresso: un solo condannato, Alberto Rigotti. La pena comminata è di 6 anni. Assolti con varie formule, visti i numerosi capi di imputazione, tutti gli altri imputati. Tra loro Lorenzo Rosi, Natalino Guerrini, Giovanni Inghirami. 

Il processo

In questi due anni si sono succedute decine di udienze, sono state ascoltate decine di testimoni e sviscerate le vicende finanziare che hanno portato al tracollo dell'istituto di credito aretino. Un profondo rosso (200 milioni usciti da Banca Etruria e mai più rientrati) dal quale sarebbe stato impossibile risalire, anche se su questo molti dubbi sono stati sollevati in aula dai legali difensori che hanno riportato l'attenzione sulla opportunità di intervento del Fondo interbancario, paventata ma mai concretizzata. La parabola di Banca Etruria ha avuto così il suo epilogo con la liquidazione coatta amministrativa del fatidico 22 novembre del 2015, alla quale seguì, l'insolvenza dichiarata nel febbraio del 2016.

Durante il processo sono state ripercorse le varie tappe che hanno portato al crack: dallo yacht di lusso che non ha mai visto il mare, alla pratica Isoldi, fino al maxi affido per Villa San Carlo Borromeo, quello per l'outlet di Pescara o a  quelle che il grande accusatore, ovvero il liquidatore Giuseppe Santoni, aveva definito "concessioni a società non ancora costituite". Operazioni rischiose e costose: almeno 200 milioni di euro, secondo la procura, che avrebbero prosciugato le casse dell'istituto di credito aretino. E fu lo stesso Santoni a parlare di una "Banca usata come bancomat".

Durante l'udienza preliminare sono stati già condannati con rito abbreviato l'ex presidente di Banca Etruria Giuseppe Fornasari e l'ex direttore generale Luca Bronchi, per bancarotta fraudolenta, a 5 anni di reclusione, l'ex vice presidente Alfredo Berni a due anni per bancarotta fraudolenta e l'ex membro del cda Rossano Soldini a un anno per bancarotta semplice.

Lo scorso maggio le pm Julia Maggiore e Angela Masiello hanno avanzato pesanti richieste di condanna: si va da 6 anni e 6 mesi a un anno. Nel dettaglio, per Rigotti la pena rischiesta è stata 6 anni e 6 mesi, Guerrini 5 anni e 4 mesi, Baiocchi di Silvestri 5 anni e 4 mesi, Inghirami 4 anni e 9 mesi, Federici 4 anni, Rosi 3 anni e 9 mesi, Badiali 3 anni e 4 mesi, Lo Presti 3 anni e 4 mesi, Burzi 3 anni e 3 mesi, Arrigucci 3 anni e 2 mesi, Fumi 3 anni, Cerini e Crenca 2 anni e 4 mesi, Platania 2 anni e 2 mesi, Tezzon, Polci e  Bonaiti un anno e 6 mesi, Neri e Bonolli 1 anno e 4 mesi, Bartolomei Corsi 1 anno e 2 mesi, Del Tongo e Borgheresi 1 anno. Un imputato, Enrico Fazzini, ex presidente dell'Ordine dei Commercialisti di Firenze è deceduto questa estate. 

Al procedimento sono state ammesse oltre 2.000 parti civili ammesse. Tra loro c'è anche Lidia Di Marcantonio, vedova di Luigino D'Angelo, il risparmiatore di Civitavecchia che si tolse la vita il 28 novembre 2015 dopo aver affidato 110 mila euro in obbligazioni alla filiale locale della Bpel, e il Comune di Arezzo.

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