Crac Banca Etruria, processo per le consulenze d'oro: pm chiede un anno di condanna per Boschi e Nataloni
La requisitoria della pm Angela Masiello: "Venga dichiarata la responsabilità penale per tutti gli imputati".
Condanne per tutti: la pm Angela Masiello ha pronunciato questa mattina la sua requisitoria e ha chiesto che venga "dichiarata la responsabilità penale" dei 14 gli imputati del procedimento sulle consulenze d'oro che concorsero al crac di Banca Etruria. Condanne che vanno dagli otto mesi a un anno. La pena più alta è stata prevista per Pier Luigi Boschi - ex vicepresidente e padre dell'ex ministro del governo Renzi, Maria Elena - e Luciano Nataloni, sui quali pendono cinque capi di imputazione e per i quali è stata richiesta la condanna a 12 mesi.
Nel dettaglio sono stati chiesti 8 mesi per Daniele Cabiati, Carlo Catanossi, Emanuele Cuccaro (ex vice presidente) sui quali pendeva un capo di imputazione; 9 mesi per Alessandro Benocci, Claudia Bonollo, Anna Nocentini Lapini, Giovanni Grazzini, Alessandro Liberatori e Ilaria Tosti (per loro due capi di imputazione); 10 mesi per Claudio Salini (per tre capi di imputazione) e 12 mesi oltre che per Boschi e Nataloni anche per Claudia Bugno e Luigi Nannipieri.
L'udienza prosegue con le requisitorie delle parti civili. La prossima settimana, l'11 e il 12 maggio, sono previste le arringhe dei difensori.
Le ipotesi dell'accusa
Le consulenze finite nel mirino dei magistrati avrebbero pesato nel già scricchiolante bilancio di Banca Etruria per circa 4 milioni di euro. Si tratta di incarichi affidati dall'istituto di credito a societa specializzate per valutare, analizzare e poi avviare il processo di fusione con un istituto di elevato standing per evitare il crac. A proporre lo scenario della fusione furono le autorità bancarie che avevano individuato in Banca Popolare di Vicenza il possibile partner dell'operazione. Le consulenze d'oro furono affidate comunque, ma nulla di quanto analizzato e valutato si concretizzò: i pm hanno parlato di "consulenze inutili" e "ripetitive".
Secondo la procura i compensi sarebbero stati così suddivisi: 1,9 milioni per la consulenza della società Bain & Co, 532mila euro per un incarico di due mesi a Mediobanca - che aveva il ruolo di advisor del processo di aggregazione - poi ci sono gli studi professionali, quello legale che seguiva Gianni Agnelli a Torino, Franzo Grande Stevens, che ricevette 824 mila euro, quello dello studio romano De Gravio e Zoppini per 800 mila, e altre 200mila euro per lo studio Camuzzi, Portale e De Marco.