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Consulenze d'oro e crac Banca Etruria, la parte civile: "C'era un problema politico, per questo Boschi volò da Vegas"

Nella requisitoria della parte civile torna l'episodio in cui l'ex ministro Maria Elena Boschi si recò dal capo di Consob esprimendo "perplessità sulla fusione con la Popolare di Vicenza".

"Il concetto di aggregazione espresso da Banca d'Italia era incompatibile con quello di mantenimento dell'autonomia che invece voleva il cda di Banca Etruria": le parole dell'ex capo della vigilanza di Banca d'Italia, Carmelo Barbagallo, pronunciate lo scorso febbraio in aula, sono state al centro dell'arringa dell'avvocato di parte civile Lorenza Calvanese, che ha acceso i riflettori sul "problema politico" che avrebbe caratterizzato le vicende della banca aretina.

Le richieste di condanna del pm e la ricostruzione della parte civile

Il processo per le consulenze d'oro che hanno contribuito al crac dell'istituto di credito aretino si avvia così alla conclusione. Dopo la requisitoria del pm Angela Masiello e la richiesta di condanna per tutti e 14 gli imputati (tra loro anche Pier Luigi Boschi), è stata la volta della parte civile. 

La legale che rappresenta alcuni dei risparmiatori azzerati ha sollevato una questione fino ad oggi rimasta nelle pieghe del procedimento: quella politica.   

"Non c'era solo un problema di solvibilità della banca - ha affermato nel suo articolato intervento - ma anche un aspetto politico sottolineato dal presidente della Consob Giuseppe Vegas di fronte alla commissione parlamentare su Banca Etruria, quando ha raccontato che Boschi volò da lui per un colloquio".

Vegas con le sue parole, pronunciate nel dicembre del 2017, aprì un nuovo capitolo della vicenda. "Ho avuto modo di parlare della questione con l'allora ministro Boschi", disse, aggiungendo che espresse "un quadro di preoccupazione perché a suo avviso c’era la possibilità che Etruria venisse incorporata dalla Popolare di Vicenza e questo era di nocumento per la principale industria di Arezzo che è l’oro". Vegas a quell'appello della ex ministra, il cui padre era stato vice presidente di Banca Etruria, avrebbe risposto "che Consob non era competente", chiudendo così un capitolo, ma al contempo aprendo una questione ad oggi irrisolta. 

"Stando a questa chiave di lettura - sostiene Calvanese - , e tendendo ben presenti le dichiarazioni rilasciate da Barbagallo (secondo il quale non ci sarebbe stato un vero interesse di Banca Etruria per la fusione, quanto piuttosto la volontà di rimanere autonoma) le consulenze "ripetitive", ovvero quelle di Franzo Grande Stevens, che ricevette circa 600 mila euro, e quella dello studio romano De Gravio e Zoppini (per 800 mila ndr), appaiono come un tentativo di prendere tempo, in attesa di risolvere un problema politico". Il  28 maggio del 2014 la banca Popolare di Vicenza lanciò l'Opa per l'istituto di credito aretino. Il 30 maggio ci fu una revoca del contratto della prima società e il 3 giugno fu affidata la consulenza alla seconda società. Nomi blasonati per svolgere la medesima consulenza (tanto che la procura ha parlato di "consulenze ripetitive") con un dispendio di oltre un milione e mezzo di euro. 

Adesso il procedimento è arrivato alle battute finali. Stamani la pm ha chiesto le seguenti condanne: 8 mesi per Daniele Cabiati, Carlo Catanossi, Emanuele Cuccaro (ex vice presidente) sui quali pendeva un capo di imputazione; 9 mesi per Alessandro Benocci, Claudia Bonollo, Anna Nocentini Lapini, Giovanni Grazzini, Alessandro Liberatori e Ilaria Tosti (per loro due capi di imputazione); 10 mesi per Claudio Salini (per tre capi di imputazione) e 12 mesi oltre che per Boschi e Nataloni anche per Claudia Bugno e Luigi Nannipieri.

La prossima settimana la parola passerà ai difensori. Poi la sentenza.

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