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Cronaca

Pene amputato, ma non c'è tumore: indagato un medico

Il caso approda in udienza preliminare in Tribunale ad Arezzo: l'intervento venne eseguito nel 2018 all'ospedale San Donato su un paziente classe 1954. Urologo rischia il processo

Approderà nei prossimi giorni nell'aula del giudice Claudio Lara il caso di un uomo, classe 1954, a cui è stata asportata una porzione del pene a seguito della sospetta presenza di un tumore. L'operazione chirurgica venne eseguita nel novembre 2018 all'ospedale San Donato di Arezzo da un medico, che adesso rischia il processo con l'accusa di lesioni gravissime. Perché? Come sostenuto dai legali del paziente, il tumore non ci sarebbe stato: lo avrebbero evidenziato gli esami istologici. Il caso è riportato nell'edizione odierna del Corriere di Arezzo.

In aula sarà discusso il prossimo 9 marzo, gli avvocati del paziente fanno parte dello studio Bianchi di Città di Castello: Roberto Bianchi, Gianmarco Bianchi e Antonino Belardo. La Procura aretina aveva concluso per l'archiviazione, ma i legali si sono opposti e il procedimento penale andrà avanti (parallelamente a una causa civile). Il giudice Giulia Soldini, valutato il caso, vuole invece approfondire eventuali responsabilità penali, ovvero se da parte dell'urologo ci siano state o meno omissioni, imperizie o negligenze.

Ma perché l'uomo era stato operato? "Dopo una visita dal medico curante, si era rivolto a uno specialista in urologia - spiega l'avvocato Gianmarco Bianchi - e, dopo una prima valutazione, si era deciso di operare di urgenza. Secondo il dottore ne andava della vita stessa del paziente". L'uomo, all'epoca 64enne, si era così sottoposto a glandulectomia, ovvero la rimozione della porzione più distale del pene, il glande. "A seguito dell'intervento - continua l'avvocato Bianchi - il paziente ha avuto gravi ripercussioni, anche permanenti: ha dovuto portare il catetere per tre mesi, non può avere più rapporti sessuali né fare pipì in posizione eretta". Secondo i legali, insomma, occorreva attendere e valutare con accuratezza il da farsi, piuttosto che procedere con l'operazione d'urgenza. "I risultati degli esami istologici, successivi all'operazione, hanno chiarito che non c'era patologia tumorale. Soltanto mesi dopo l'intervento, nella primavera del 2019, analisi hanno chiarito che il paziente era affetto da un'infezione, la sifilide, che è stata poi opportunamente curata con antibiotici".

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