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Cronaca Bucine

"Gli allevamenti intensivi devono chiudere, perché autorizzati 720 suini?" la battaglia delle associazioni della Valdambra

Dei cinque allevamenti intensivi di Bucine, ne sono rimasti attivi tre, dopo che uno è stato riconvertito nel rifugio Agripunk per animali abbandonati e maltrattati e un altro che è divenuto il campo da polo

Associazioni della Valdambra contrarie agli allevamenti intensivi di animali destinati al consumo. A prendere posizione, scrivendo al Comune di Bucine, sono le associazioni Tutela Valdambra e Agripunk che puntano il dito su una riapertura avvenuta nei pressi di San Pancrazio di un allevamento di scrofe che era stato chiuso per tre anni. Questo tipo di attività, spiegano le associazioni, cozza fortemente con la vocazione turistica, con l'agricoltura sostenibile e le produzioni tipiche del territorio. Dei cinque allevamenti intensivi di Bucine, ne sono rimasti attiviti adesso tre, dopo che uno è stato riconvertito nel rifugio Agripunk per animali abbandonati e maltrattati e un altro che è divenuto il campo da polo.

Cosa prevede il piano operativo di Bucine?

"Il Comune di Bucine è stato individuato nella conferenza dei sindaci del 9 novembre 2018 come comune capofila per le funzioni “di accoglienza e informazione turistica a carattere sovra comunale attribuite ai comuni dell'Ambito Turistico Valdarno Aretino” - spiegano le associazioni della Valdambra - "Bucine non è stato scelto a caso: per posti letto in aziende agrituristiche e abitazioni diffuse nei 18 piccoli borghi, è uno dei Comuni di maggiore affluenza turistica della provincia di Arezzo. Collocato al centro del triangolo compreso fra Firenze, Siena ed Arezzo ed attraversato dall’Ambra, presenta attività agricole di qualità in un paesaggio collinare di rara bellezza. Gli strumenti urbanistici del Comune di Bucine hanno previsto da anni che gli allevamenti intensivi presenti nel proprio territorio vengano chiusi. Il piano strutturale è chiaro in proposito - scrivono dalle associazioni ambientaliste della Valdambra -  l’art. 146, comma 2, prevede la chiusura degli “allevamenti appartenenti all’area di Montebenichi nel quadro del progetto di Parco territoriale tematico promosso dal Comune di Castelnuovo Berardenga che dovrebbe interessare un ampio territorio intorno alle sorgenti dell’Ambra e dell’Ombrone” e l’art. 147 riguardante Podere Migliaiolo nei pressi di San Pancrazio, riporta che “sono stati realizzati ingenti volumi e spazi per l’allevamento che rappresentano elemento di forte impatto e di degrado in un contesto di alto pregio paesistico”, mentre l’art. 64 del Piano Operativo prevede che i manufatti già destinati ad allevamenti zootecnici, od alla trasformazione dei prodotti agricoli, dismessi da almeno tre anni, debbano essere soggetti ad un piano di recupero trattandosi di area degradata, sottoposta a decenni di sversamenti inquinanti, documentati dall’Arpat di Arezzo, all’interno degli stabilimenti e all’esterno verso i corsi d’acqua dell’Esse e del Lusignana."

La preoccupazione delle associazioni ambientaliste

"In piena pandemia, nel marzo 2020, oltre 300 scrofe sono state reintrodotte nell’allevamento intensivo di suini, inattivo da più di tre anni nei pressi della frazione collinare di San Pancrazio - raccontano dalle associazioni - un passaggio che non era atteso e previsto, non sono stati informati i cittadini e nemmeno il consiglio comunale. Eppure non è un piccolo allevamento di maiali bradi in mezzo a un bosco. Si tratta di una struttura che lo Sportello Unico attività produttive (SUAP) del Comune di Bucine ha autorizzato per accogliere 720 scrofe e verri al fine di “produrre” migliaia di maialini da mandare all’ingrasso. Attualmente è in corso una richiesta di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) per ottenere il permesso di segregare fino a 900 scrofe, ufficialmente risulta che i liquami raccolti in enormi vasconi interrati a valle vengano quotidianamente aspirati in grandi serbatoi mobili e trasportati presso alcune aziende agricole della Valdichiana nei comuni di Monte San Savino, Marciano e Civitella della Chiana."

La richiesta di partecipare alla conferenza dei servizi

Per tutti questi motivi le associazioni ambientaliste del territorio (Associazione per la Valdambra e Agripunk onlus) hanno chiesto di partecipare alla conferenza di servizi per opporsi a questo allevamento intensivo, ponendosi contro l’ammissibilità dell’Aia tramite l’apporto di consulenze tecniche qualificate. Alla base anche il documento che Maurizio Martellini presidente dell'associazione "per la Valdambra" ha scritto e inviato al comune come contributo al Piano struttuale e a quello operativo.  all'interno del quale is legge: "Incompatibili con l'agricoltura sostenibile e delle produzioni tipiche e con le aspettative turistiche della Valdambra risultano i grandi allevamenti zootecnici intensivi di collina, ancora purtroppo presenti nel territorio comunale, che costituiscono gravi deturpazioni del territorio e del paesaggio e rappresentano concreti rischi per l'ambiente, oltre a costituire una attività zootecnica sempre più contrastata dall'opinione pubblica per il maltrattamento degli animali e il problema etico del benessere animale, nonché per la scarsa salubrità delle carni provenienti da questi allevamenti, dato I'uso intensivo di medicinali, soprattutto antibiotici, per la sopravvivenza degli animali allevati."

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