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Addio comandante Renzino, è scomparso il partigiano-sindaco di Civitella

È morto il Comandante Partigiano "Renzino". La sua storia è scolpita nella memoria degli aretini. Si chiamava Edoardo Succhielli, prima della guerra era un maestro elementare. Poi il conflitto cambiò tutti: Succhielli  divenne Renzino, comandante...

È morto il Comandante Partigiano "Renzino". La sua storia è scolpita nella memoria degli aretini. Si chiamava Edoardo Succhielli, prima della guerra era un maestro elementare. Poi il conflitto cambiò tutti: Succhielli divenne Renzino, comandante di una "banda partigiana" che operava in Valdichiana (tra Cornia, Bollore e Montaltuzzo) e che contava oltre cento giovani. In seguito il suo impegno politico lo portò dal 1951 al 1955 a indossare la fascia tricolore a Civitella. Fu infatti sindaco, eletto nelle liste del Pci. Medaglia al valor militare, Succhielli era divenuto in simbolo della Resistenza aretina: uno degli ultimi testimoni del drammatico passaggio del fronte nell'Aretino.

Succhielli si è spento in queste ore, aveva 99 anni. Porta con sé un secolo di storia aretina e d'Italia. Lascia tre figli e numerosi nipoti.

Il funerale è previsto per domani, alle 15, a Oliveto.

"L'amministrazione del Comune di Civitella - dice Ginetta Menchetti, sindaco della cittadina della Valdichiana - rivolge le più sentite condoglianze alla famiglia Succhielli per la scomparsa del caro Edoardo che nella sua gioventù si è speso per la lotta ai diritti e per la libertà come partigiano e in età più matura ha continuato ad adoperarsi per la comunità nella veste di sindaco. Il suo grande senso del dovere e lo spirito di servizio lo hanno animato fino alla fine dei suoi giorni".

IL VIDEO DELLA BANDA RENZINO

Di seguito vi riproponiamo una testimonianza rilasciata da Edoardo Succhielli e Dario Polletti, entrambi della formazione Renzino, sull'eccidio di Civitella del 29 giugno 1944.

Riceviamo e pubblichiamo anche il ricordo di Santino Gallorini.

Il vero nome di Renzino è Edoardo Succhielli. Nacque a Tegoleto, nel comune di Civitella in Val di Chiana (AR), il 2 aprile 1919, da Giuseppe e da Corinna Chiovoloni.

A 10 anni entrò nel Seminario dei Padri Maristi di Castiglion Fiorentino (AR), ma dopo circa 4 anni dovette uscire per problemi di salute. Continuò gli studi e si diplomò alle Magistrali nel 1938, poi iniziò ad insegnare nella scuola sussidiata di San Luciano (Monte San Savino, AR).

Con l’entrata in guerra dell’Italia, Succhielli venne chiamato alle armi. Vinse il concorso da Allievo ufficiale di complemento e fu mandato alla scuola di Avellino. Diventato sottotenente di fanteria, fu inviato in Sardegna. Successivamente partecipò ad un corso da paracadutista e quindi fu aggregato alla Divisione Nembo, quale comandante di plotone.

L’armistizio dell’8 settembre lo trovò ancora in Sardegna e, con il suo Gruppo, seguì i tedeschi fino in Corsica e poi a Pisa.

Tornato in licenza, al momento di rientrare in caserma, non trovò più i suoi soldati, che evidentemente erano fuggiti. Si recò all’ospedale militare di Firenze e lì fu ricoverato. Gli diagnosticarono un’ulcera gastrica e la malaria. Fu inviato in convalescenza per due mesi.

In quel periodo maturò l’idea di avvicinarsi alla Resistenza e si recò in Casentino, dove ricevette l’incarico di formare una nuova banda partigiana, che si insediasse tra la Val d’Orcia e il Pratomagno. Fu così che nacque la Banda Renzino, che prese il nome dalla località vicino a Foiano della Chiana, dove nel 1921 i fascisti avevano ucciso 9 contadini.

La Banda Renzino arrivò a contare fino ad oltre 100 partigiani in armi, mentre sono 163 quelli ufficialmente riconosciuti.

Molti gli episodi di cui si rese protagonista, ma gli episodi per cui è nota sono essenzialmente due:

- L’uccisione di tre soldati tedeschi, il 18 giugno 1944 nel bar del circolo del dopolavoro di Civitella.

- La cosiddetta "battaglia di Montaltuzzo".

L’episodio del 18 giugno, è ormai provato con inconfutabili documenti, non fu voluto. La banda cercava solo di disarmare i soldati tedeschi, ma uno di loro, forse ubriaco, non si arrese all’intimazione di “mani in alto” e ne nacque la sparatoria che portò alla morte dei tre soldati ed al ferimento di un quarto. Per decenni, questo fatto è stato preso a pretesto per accusare i partigiani di aver provocato la sanguinosa strage del 29 giugno 1944, che portò alla morte di più di 200 civili nei paesi di Civitella, Cornia e San Pancrazio. In realtà, anche se non è da escludere che la strage degli uomini di Civitella abbia un nesso ANCHE con le tre morti, l’operazione tedesca fu decisa per ben altri motivi, più gravi ed importanti agli occhi del comando germanico.

La battaglia di Montaltuzzo vide circa 200 tedeschi attaccare il comando partigiano, difeso da poco più di 80 giovani della banda e qualche contadino locale. Dopo circa 6 ore di sparatorie, i tedeschi si ritirarono, portandosi dietro parecchi morti e feriti. Questo episodio, che procurò a Renzino una medaglia di argento, fu forse uno dei motivi più verosimili, che convinsero i tedeschi a liberarsi dei “banditen” e quindi operare la strage.

Renzino, dopo la guerra, è stato sindaco di Civitella. Ha subito molte persecuzioni dal prefetto di Arezzo, che alla fine lo fece trasferire a Sondrio, costringendolo alle dimissioni da sindaco.

"Era un uomo buono, mite, dolce, onesto, amante della libertà".

@NadiaFrulli @ClaudiaFailli
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