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Giovedì, 18 Aprile 2024
Psicodialogando

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A cura di Barbara Fabbroni

La "sindrome di Barbie" e quel bisogno ossessivo di identificarsi nella sua perfezione

La chirurgia estetica interessa ormai tantissime persone. Una vera e propria zona di confort che permette di abbattere l’imperfezione che troviamo su noi stessi

Esserci sotto lo sguardo dell’altro:  è un bisogno che si annida nell’anima dell’individuo del nostro tempo.  
Questa è l’epoca 2.0. Tutto è alla portata di un click: semplice, facile, comodamente raggiungibile stando seduti sul proprio divano. Se il mondo della rete viaggia in maniera irrefrenabile, anche la ricerca della bellezza fisica impeccabile si condensa in un rigurgito ossessivo di perfezione.
Nonostante i suoi sessant’anni detta ancora legge verso tutte quelle ragazze e donne che cercano di assomigliarle come se fosse l’unica vera icona di bellezza. Sto parlando della leggendaria bambola della Mattel: Barbie.
Siamo intrappolati in una rete di "Barbie" che cercano visibilità in un mondo inaridito e arroccato su sé stesso, dove l’unica vera possibilità per esistere ed esserci è sentirsi belle, perfette, identiche a ciò che rappresenta l’icona di bellezza da imitare!
Beh, che dire… viviamo in uno spartiacque tra coloro che restano come sono (almeno così nessuno ti fila) e il costruire un’immagine di sé omologata alla perfezione plasticizzata di un non esserci. 
Eppure, tantissime donne, e anche diversi uomini (pensiamo ai Ken umani), hanno trascorso l’infanzia a vestirle, pettinarle e, a volte, anche torturarle. Lei, la mitica Barbie, è un’icona culturale che non solo negli ultimi sessant’anni ha influenzato la nostra crescita: ha prodotto il bisogno identificarsi con la sua perfezione.
La gran parte delle donne di oggi cerca di fermare il tempo. Quella ruga che spunta impertinente va assolutamente fermata con una punturina di botox o di acido ialuronico. Così nasce un particolare ménage con lo specchio, dove si può giungere a mille compromessi con la chirurgia e medicina estetica, pur di non vedere le tracce del tempo che scorre.  
Le più giovani, che non hanno ancora il problema dei segni sul corpo e sul volto, cercano un’icona cui assomigliare tanto da essere capaci di sottoporsi a svariati interventi pur di giungere alla meta.
Pixie Fox, una giovane svedese di ventisette anni, si è sottoposta a duecento interventi di chirurgia per sembrare Barbie. Un passato da elettricista, poi la trasformazione quando l’ex fidanzato le chiede di rifarsi il seno. Soddisfa la richiesta, ma al tempo stesso resta intrappolata nel potere affascinante della chirurgia estetica, una vera dipendenza da cui non riesce a staccarsi.
Da Barbara d’Urso racconta: “…vorrei che ognuno si sentisse libero di fare ciò che vuole con il proprio corpo. Voglio subito fugare questo malinteso, io non mi sento come Barbie sto lavorando per essere qualcosa di nuovo. Sono come un progetto di scienza, una sorta di lavoro in corso d’opera, non voglio assomigliare a nessuno se non a Pixie Fox”.
Lo stesso vale per Valerija Luk’janova, modella ucraina, decide di trasformarsi nella famosa bambola. Il risultato è sorprendente! Sembra una Barbie in carne e ossa.
Quante persone comuni chiedono al medico: “Dottore, voglio i lineamenti di Barbie!”?
Molte, troppe, soprattutto giovanissime! Alcune sono addirittura accompagnate dalle madri che sostengono e stimolano la loro trasformazione. C’è un sostanziale trend in aumento. 
La Barbie-mania sta diventando una vera e propria necessità esistenziale.
Alla base di decisioni così estreme c’è senza dubbio una voragine di problematiche. 
La “sindrome di Barbie e Ken” è un tentativo di crearsi una vita fittizia e soddisfacente nel mondo reale, cercando di assomigliare a personaggi ammirati e famosi.
Se nel mondo del web si costruiscono immagini finte, create dalla fantasia, proiezioni di ciò che si vorrebbe essere e non siamo, nel mondo reale, con la chirurgia estetica, si pensa che l’essere come l’altro sia raggiungibile. Basta un po’ di sofferenza, il giusto chirurgo, un buon portafoglio e il gioco è presto fatto. Il tutto non viene relegato alla fantasia di costruirsi un personaggio altro da sé, bensì la costruzione corporea passa attraverso la trasformazione del proprio corpo.
La chirurgia estetica interessa ormai tantissime persone. Una vera e propria zona di confort che permette di abbattere l’imperfezione che troviamo su noi stessi. Il miraggio dell’Isola che non c’è fa illudere di potersi riplasmare e ricreare come se fossimo fatti di plastilina.
Dal seno rifatto al gluteo sodo è boom di chirurgia plastica. 
Però esistono anche le vie intermedie, sempre costellate di botox, filler e quant’altro.
Cosa resta della persona che si avventura in questo "mondo di plastica"? Che tipo di relazione cercano le Barbie del XXI secolo? Su cosa costruiscono il progetto di vita a due?
Gli uomini, da parte loro, cercano davvero di avere accanto una donna che quando la guardano sembra la Barbie con cui la sorella giocava da piccola? Oppure quell’immagine offre a loro l’opportunità di sentirsi ancora più importanti? È quello che cercano? Bella da guardare e mostrare, poi se la relazione non dà nulla non ci sono problemi tanto l’importante è essere visto e invidiato?
Sono convinta che queste trasformazioni producano una significativa e radicale svolta nelle relazioni che non hanno più la base solida su cui crescere e svilupparsi. Così come le persone anche le relazioni diventano di plastica, inaridite e senza progetto… solo costruite dal bisogno di evidenziarsi allo sguardo dell’altro senza alcuna sostanziale base.
C’è il nulla, il vuoto assoluto, l’unica presenza è la non presenza.

La "sindrome di Barbie" e quel bisogno ossessivo di identificarsi nella sua perfezione

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