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Psicodialogando

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A cura di Barbara Fabbroni

Quando un amore è davvero sano? Così la rabbia cresce di nascosto e mina i rapporti

La rabbia che può emergere verso un partner, un figlio o i genitori, deriva da questioni inconsce, regressive, legate a una rabbia primaria che si è vissuta nell’ambito parentale, dalle prime cure materne, alla relazione con il padre, i fratelli, e l’ambiente socioeducativo

Ogni persona ha la sua modalità di amare sia sé stessa sia l’altro. Il modo con cui un individuo ama racconta la sua personalità e il suo vissuto. Accade che molte persone siano rabbiose nei confronti di coloro che maggiormente amano: partner, figli, genitori. La cosa è interessante e desta sicuramente curiosità, tanto che invita a conoscerne il motivo. Ciò che emerge in molte relazioni è un comportamento volto a ferire l’altro. Questo conduce inevitabilmente a creare un’incrinatura significativa all’interno di un rapporto. Scegliere di ferire o tenere un atteggiamento ferente denota una sofferenza interiore o una personalità che tende a mettere l’altro in una posizione sottomessa, svalutante e ferente. 
A volte, bastano delle piccolezze per far accendere una lite furibonda, tant’è che se andiamo ad indagare ci rendiamo conto che il vissuto delle persone che colludono in un conflitto, è contaminato da sospesi accumulati durante gli anni. La rabbia che può emergere verso un partner, un figlio o i genitori, deriva da questioni inconsce, regressive, legate a una rabbia primaria che si è vissuta nell’ambito parentale, dalle prime cure materne, alla relazione con il padre, i fratelli, e l’ambiente socioeducativo. Ogni persona è il risultato di quello che sono state le sue esperienze con i genitori, l’ambiente e l’altro. Durante la prima età infantile la rabbia che il bambino vive all’interno di sé, che non trova una via per essere espressa, viene contenuta e trattenuta fino a essere rimossa, fintantoché riemergere in una relazione adulta. Contenere all’interno di sé emozioni intense e significative conduce, a volte, anche a sviluppare i disturbi di personalità inerenti alla sfera delle relazioni affettive, di carattere narcisistico, borderline, isterico-istrionico fino a quelle psicopatiche/antisociale.
Da dove nasce tutto questo? 
Il tutto prende vita dal dolore dell’abbandono, o di un male subìto nell’infanzia, sviluppandosi poi nel corso del tempo in un sentimento di cattiveria che ha motivazioni inconsce. Infatti, la cattiveria nasce da sentimenti negativi come la solitudine, la tristezza e la rabbia. Viene da un vuoto dentro di sé che sembra scavato da una trivella. In quel vuoto gli unici compagni di viaggio sono l’abbandono e la solitudine.  
Che cosa fare?
Il primo passo è fare consapevolezza sui sentimenti che si vivono e soprattutto sulle emozioni che abitano la nostra interiorità. In seguito, è importante chiedere aiuto altrimenti il rischio è costruire relazioni insoddisfacenti che prima o poi si frantumano creando ancora di più l’abisso e il vuoto. Purtroppo, l’importanza di un sano e nutritivo rapporto con la madre sin dai primi giorni di vita e durante tutta la crescita è essenziale per costruire una personalità integra e integrata. Qualsiasi bambino può vivere intensi sentimenti di rabbiosa gelosia e invidia verso i genitori tanto di avere la necessità di scaricare questa rabbia attraverso il gioco o il pianto. 
Tuttavia, spesso accade che lo sfogo non è possibile perché la rabbia resta repressa nell’inconscio al punto che la persona non riesce a riconoscere che prova rabbia, non la sente, ma questa c’è e genera frustrazione, calo dell’autostima e di conseguenza depressione.
In buona sostanza la rabbia non riconosciuta ed elaborata si trasforma in subdola rabbia verso sé stessi, fa sentire sbagliati, difettosi, e persino negativi, e quindi insicuri e depressi. Ecco perché è fondamentale riuscire a fare consapevolezza di queste sensazioni ed emozioni così da elaborarle. Cosa fare per affrontare tutto questo: non sentirsi impotente ma agire e fare qualcosa per sé al fine di modificare le emozioni provate, prevenire, accettare che non si è una persona perfetta, chiedere aiuto se da soli non si riesce a superare questa situazione.

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