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il welfare che fu...

Avevamo uno Stato di sinistra e non ce ne eravamo mai accorti. Nel corso dei decenni post bellici e fino all'inizio degli anni novanta del secolo scorso, in Italia si è vissuto un crescendo continuo di conquiste da parte della classe operaia e...

Avevamo uno Stato di sinistra e non ce ne eravamo mai accorti. Nel corso dei decenni post bellici e fino all'inizio degli anni novanta del secolo scorso, in Italia si è vissuto un crescendo continuo di conquiste da parte della classe operaia e impiegatizia. Inutile star qui a descrivere in dettaglio le motivazioni del raggiungimento di certi traguardi, ma certo i sindacati e la posizione politica strategica del PCI hanno avuto un peso rilevante per il loro ottenimento.

Ai sindacati e al PCI (esterno al Governo anche se in qualche modo partecipe delle scelte), si accordava molto anche per mantenere la pace sociale, tra l'altro contando sulla possibilità di accrescere il debito pubblico all'infinito, nella convinzione che nessuno sarebbe venuto a chiederne la sostanziosa riduzione.

Per ingraziarsi le classi meno abbienti si giunse a concedere le cosidette pensioni baby (quanti insegnanti, ferrovieri e così via ne hanno approfittato...) e intanto la politica gonfiava a dismisura i propri emolumenti, leciti o meno che fossero.

La condizione economica delle famiglie italiane era talmente buona che, anche grazie al posto fisso, quasi tutti potevano permettersi un mutuo e una casa, magari da baby pensionati con il doppio lavoro. Senza contare che le cure mediche erano garantite gratuitamente a tutti e che un'altissima pecentuale dei giovani poteva accedere agli studi universitari anche grazie ai sussidi di Stato.

Era il 1992 quando il Governo (Amato) prelevò indiscriminatamente dei denari dai conti correnti bancari dei privati cittadini, ma fu la neonascente Unione Europea (1993) che cominciò a pretendere una correttezza dei conti dello Stato che in Italia non si frequentava da tempo e fu lì che il cosidetto welfare state cominciò a scricchiolare. E fu imboccata una strada senza ritorno. La necessità di rientrare degli sperperi fu chiara a tutti i cittadini e a tutti i governi; e fu altrettanto chiaro che a comandare non era più il governo italiano, ma l'Europa.

Da allora i governanti succedutisi si sono impegnati, almeno a parole, nel contenere i costi dello Stato e giungere a un sostanziale pareggio dei suoi conti. Ma in realtà nessuno di loro ha avuto la forza di farlo fino in fondo, perchè questo avrebbe comportato l'impopolarità e la mancata rielezione. I tentativi di Prodi, concordati con l'Europa franco/tedesca, finirono tra gli insulti e le accuse di tradimento degli italiani, e lo stesso accadde poi per alcuni altri governi.

Quando Berlusconi si rifiutava di intervenire drasticamente sui conti dello Stato, e anzi allargava le maglie dei controlli fiscali, furono proprio gli Stati più potenti della Comunità Europea a pretenderne l'allontanamento e la sostituzione con un governo di fiducia tedesca, come fu quello di Monti. Ma anche il professore milanese era destinato a fallire (almeno parzialmente) il suo compito, concludendo il suo breve cammino tra gli insulti degli italiani di fronte alle drastiche misure di austerità introdotte.

Nonostante i molti insuccessi e le scelte più o meno populiste, però, gli ineterventi mirati alla limitazione del welfare italiano, introdotti nel tempo dai vari Amato, Dini, Berlusconi, Prodi e Monti hanno minato alle fondamenta le sicurezze e i diritti acquisiti dei cittadini, i quali si sono visti di giorno in giorno sempre più depredati delle loro certezze e destinati a un'esistenza precaria, in ambito lavorativo ed economico.

Ed è così che le simpatie degli italiani sono andate al giovane rottamatore Renzi il quale, oltre a promettere l'allontanamento dai posti di governo delle varie cariatidi della politica che fu, prevedeva un rilancio dell'Italia in grande stile.

Oggi che Renzi ha chiarito, più o meno volontariamente, che la sua "rivoluzione" avrebbe assunto le sembianze dei duri dettami dell'Europa e delle corporazioni industriali; e che il suo "sostegno" ai poveri si sarebbe sostanziato in elemosina a fronte della decisa riduzione dei diritti dei lavoratori, il tifo politico degli italiani per l'ex sindaco di Firenze sembra gravemente vacillare.

Il posto fisso è solo un ricordo, un mutuo è una chimera per molti precari e la pensione si allontana ogni giorno di più. Senza contare che le cure mediche sono sempre meno garantite e sempre più costose e che un'altissima pecentuale dei giovani non ha più un futuro visibile. Lo Stato, poi, non è nemmeno più un soggetto affidabile, tanto che promette denari che spesso non è in grado di pagare.

Ma per i 5Stelle, i super rottamatori del futuro che vorrebbero radere al suolo l'intero sistema politico per poi governare non si sa bene come, non è ancora tempo di conquistare il potere, perché prima, per mano renziana, c'è da smontare ancora un pezzo dello Stato che fu, con le riforme di ispirazione europea (ancora una volta tedesca) lì pronte per essere votate dagli italiani; ammesso che passi il SI al referendum sostenuto dal PD e da tutti i TG Rai, quelli non più differenziati tra loro.

Avevamo uno Stato sociale vero, di sinistra, anche con degli eccessi, ma non se n'era accorto nessuno, nemmeno Berlusconi per la verità, il quale si era limitato a paventare un pericolo comunista che nessuno vedeva veramente all'orizzonte.

In nome del rigore dei conti, solo del rigore dei conti, stiamo smontando tutto in quattro e quattrotto. Ma siamo certi che sia proprio quello l'obiettivo da porsi a breve termine e a qualsiasi costo? E se le condizioni del mercato internazionale, insieme ai ridotti consumi interni, non riuscissero a garantire il rilancio delle imprese e delle banche italiane, come andrebbe a finire? Chi o cosa potrebbe far recuperare i posti di lavoro perduti?

E la qualità della vita, a quale altezza della piramide dei valori la vogliamo mettere?

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