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Il Sole 24 Ore, il suo direttore, la cultura e Arezzo

Riporto dal sito de Il Sole 24 Ore le cariche in capo al direttore Roberto Napoletano, il quale domenica scorsa ha pubblicato nella sezione cultura del proprio giornale un pezzo su Arezzo a sua firma. Roberto Napoletano è direttore de Il Sole...

Riporto dal sito de Il Sole 24 Ore le cariche in capo al direttore Roberto Napoletano, il quale domenica scorsa ha pubblicato nella sezione cultura del proprio giornale un pezzo su Arezzo a sua firma.

Roberto Napoletano è direttore de Il Sole 24 Ore, direttore editoriale del Gruppo 24 Ore, direttore dell'emittente Radio 24, direttore dell'Agenzia di stampa Radiocor, di Guida al Diritto e di tutte le testate dell'Area Professionale del Sole 24 Ore. Presiede, inoltre, il comitato scientifico di tutti i master della Business School del Sole 24 Ore.

Ad una prima impressione di piacevolezza, derivante dal fatto che l'autorevole quotidiano meneghino avesse dedicato un articolo culturale alla nostra città a firma del proprio direttore, ha fatto seguito la delusione della lettura.

Napoletano affronta infatti la questione della crisi aretina affidandosi esclusivamente (almeno così pare) alle parole di un commensale che ha preso parte alla sua cena in un noto locale aretino (si trattava della cena offertagli dal Giardino delle Idee in occasione della presentazione di un suo libro).

Il commensale le cui parole sono state riportate quasi come verità era Gianfranco Duranti, storico direttore di Teletruria.

Quello che è emerso dall'articolo è che Arezzo sarebbe in crisi, ma nemmeno poi tanto, perché la categoria dei trenta/trentacinquenni, per lo più figli di papà acquirenti di Porche e diplomi di scuola superiore, non è preparata.

E' persino troppo facile capire che certi racconti sono quelli che si possono fare da commensali durante una cena, ma hanno poco a che vedere con una realtà complessa come quella aretina. Duranti è certo stato testimone di situazioni famigliari come quelle descritte sopra (tra l'altro lo è stato anche chi scrive, visto che nella sua vita precedente ha diretto i lavori di costruzione di una cinquantina di fabbriche orafe), ma la generazione di cui sembra aver parlato il direttore di Teletruria è forse quella sbagliata; non sono infatti certo gli attuali trenta/trentacinquenni ad avere usufruito dei fasti degli orafi negli anni '80, ma semmai la generazione precedente; e poi quanti saranno quelli che hanno una fuoriserie "parcheggiata a Firenze" e/o che hanno acquistato un diploma da ragioniere? Vogliamo concordare per un 3-4% dei giovani aretini di vent'anni fa? E comunque il fenomeno ha forse riguardato i figli di alcuni orafi, ma tutti gli altri no.

E allora, caro Napoletano, le domande che pongo a lei (non certo a Duranti, che ha svolto, come si fa di norma, il suo ruolo di commensale) sono le seguenti: non le sembra un po' superficiale (eufemismo) lanciarsi in analisi "da cena" che producono un'immagine quanto meno distorta in negativo di una città e di una generazione che non vive quanto scritto e non ha alcun bisogno di essere trattata da bambocciona? E poi, cosa c'entra un pezzo del genere nella sezione cultura?

Lei non guida il gruppo del quotidiano di Cincelli (con tutto il rispetto per Cincelli) ma quello di una delle testate più autorevoli d'Italia...

Visto che tra l'altro presiede i comitati scientifici di tutti i master della Business School del Sole 24 Ore, ci saprebbe dire, più utilmente, quanti giovani aretini hanno frequentato e frequentano quei master così prestigiosi?

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