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Mercoledì, 24 Aprile 2024
ColtivarCultura

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A cura di Lucrezia Lombardo

"Una scuola senza amore"

Dialogo con i docenti precari aretini che hanno da poco espletato la prova scritta del concorso ordinario

Il destino della scuola italiana non è mai stato precario come adesso. Si sono infatti concluse alcune delle prove scritte del concorso ordinario, che permetterà ad un risicato numero di docenti di ottenere il ruolo nella scuola pubblica.
L’Italia, purtroppo, è nota all’estero per essere un paese che incrementa scelte irrazionali, utili ad assegnare posti di lavoro non in base al merito, ma secondo altri criteri -che non starò ad analizzare- che inficiano la qualità dei servizi offerti e, dunque, l’economia stessa della nazione.
Ho voluto dialogare con alcuni docenti precari aretini, che hanno di recente espletato la prova scritta del concorso ordinario. Mi hanno raccontato delle loro fatiche durante anni di lavoro condotti nella più assoluta incertezza nonostante la preparazione, i titoli ed un curriculum infinito di esami post-laurea a pagamento. Si, perché, anche in questo caso, l’Italia -a differenza di altre nazioni che investono veramente sulla qualità dell’istruzione- non prevede lauree professionalizzanti per docenti, né corsi abilitanti aperti a tutti, e non censitari, che scremino in itinere. Ci troviamo così davanti a una marea di aspiranti insegnanti che sono condannati a una gavetta eterna, che li vede precari ancora a cinquant’anni e senza possibilità alcuna di pianificare un futuro. E se proprio i docenti, che dovrebbero essere i mentori degli adulti di domani,  nel nostro paese sono considerati come l’ultima ruota del carro, cosa ci aspettiamo dalla scuola e dalle generazioni future? Cosa stiamo insegnando ai nostri figli, se quel sistema scolastico che “li educa” è il primo a violare la dignità del lavoratore?
Nel caos dilagante, sintomo di un susseguirsi di scelte politiche errate, la scuola è la realtà che, più di tutte, sta subendo un processo distruttivo, un processo -a dire il vero- avviato già negli anni duemila. 
Interloquendo con i docenti che hanno da poco concluso la procedura scritta per il concorso, articolata in “un quizzone” di cinquanta domande a risposta multipla da svolgere in un’ora e quaranta minuti, apprendo che, alla base della selezione, vi erano essenzialmente nozioni e nozioncine. E ritorniamo, così, al punto centrale: per valutare le capacità dei docenti, il Ministero non s’interessa della capacità comunicativa degli insegnanti, né della loro empatia, o della loro capacità di ascolto e trasmissione di un sapere critico e maturo, bensì, ciò che interessa ai gestori della nostra scuola, è una preparazione mediocre, basata esclusivamente su nozionismi specialistici, proprio quei nozionismi che amputeranno ulteriormente anche la preparazione dei nostri figli, che saranno educati ad un apprendimento mnemonico e “obbediente”, lasciando da parte le vere qualità che fanno la differenza e che rendono un individuo capace di pensare autonomamente e di decifrare il presente.
"Mi sono vista mancare la terra sotto ai piedi, quando, alla fine del quiz, il mio punteggio era di 68 su 70. Per una sola domanda errata non ho superato l’esame e mi è stato impedito di accedere all’orale", racconta I., docente con cinque anni di esperienza nell’insegnamento (ha infatti lavorato sia come docente di sostegno, che nella materia) e bocciata durante la prova per la classe di Filosofia e storia. 
"Mi ero preparata al meglio", continua I., "studiando a più non posso, facendo leva sui miei anni di esperienza e sulle conoscenze che ho acquisito durante la laurea, negli esami integrativi che ho dovuto dare, a mie spese, dopo la laurea e durante il dottorato di ricerca con borsa. Non sono quindi una sprovveduta, né una parvenu della materia, eppure, non ce l’ho fatta e adesso non so che futuro mi aspetterà. Il lavoro non si trova e la scuola era l’unica possibilità di un’occupazione dignitosa, che peraltro amo. Come me, la stessa sorte è toccata a tutti gli esaminati di questa mattina, eccetto che a uno. E’ puramente una questione di fortuna superare una prova che propugna domande assurde per nozioni assurde che in nessun programma scolastico vengono trattate ed a cui - ne sono certa - nessun docente liceale attualmente di ruolo, e nessun docente universitario, saprebbe rispondere correttamente". 
E come I. sono moltissimi gli insegnanti con lo sguardo perso nel vuoto, che mi si avvicinano per raccontare la loro rabbia e la delusione davanti a una realtà crudele, nella quale i sindacati hanno definitivamente abiurato al loro compito, tradendo i lavoratori che non si vendono più protetti e sono consegnati, inermi, alle dure leggi del mercato. Che futuro spetterà -mi chiedo con dolore-  a tutti questi docenti d’ogni età, adesso che hanno visto infranto il loro sogno, non a causa di una mancata preparazione, bensì per via di un sistema di assunzioni folle e irrazionale?
E se la Costituzione italiana - scritta da uomini che avevano davvero a cuore il bene del paese e che concepivano la politica come un servizio - declama il diritto al lavoro (e ad un lavoro dignitoso, si sottointende), la realtà è ben diversa: migliaia di giovani inoccupati, costretti a lasciare il paese, che non trovano modo d’impiegare le loro competenze qualificate, che si vedono amputata la possibilità di esercitare il lavoro che amano e per il quale hanno studiato anni, costretti a vendere la propria forza-lavoro al miglior acquirente, sapendo che saranno sfruttati e sottopagati e che, dunque, il loro futuro sarà incerto.
Se questa è la scuola di oggi e questi sono i criteri che la guidano - facendola somigliare ad una giungla in cui vige la legge del più forte e non certo ad un luogo che forma il sapere - perché ci lamentiamo dei nostri giovani, della loro violenza esplosiva, della loro impreparazione, della loro tristezza disarmante? 

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