Femminile e grazia sono le protagoniste della mostra “Dea gratias”, personale di Flavia Gramaccioni a cura di Gea Testi. L’esposizione, in corso presso L’Aretino Hotel e sotto la direzione di Claudia Cambia, si basa infatti su di un dialogo che l’artista intesse tra immagine e parola. La serie di foto esposte, è così affiancata da testi poetici e prose, nelle quali Gramaccioni interroga se stessa, il reale, gli altri, con uno stile lirico, a tratti solipsistico, ma sempre capace di offrire punti di vista non convenzionali. In un gioco di intrecci e rimandi, l’artista tocca questioni come la spiritualità, di cui è ricca l’intera sua poetica, l’eros, la memoria e la femminilità, vissuta tra sacro e profano, sospesa tra l’idealizzazione e la carnalità. Le foto, in questo viaggio interiore eppure dialogico, divengono così tracce di vita vissuta, frammenti della cui ricostruzione e collocazione emotiva deve occuparsi chi in esse s’imbatte. Allo scopo di lasciare libertà interpretativa, i testi e le foto sono quindi apparentemente scollegati, sebbene un filo rosso leghi l’intera mostra a partire dal concetto di “memoria”.  È quest’ultima, difatti, la principale protagonista del viaggio di Gramaccioni, che a cavallo tra parola e visione, in modo ibrido e libero, ripercorre la propria adolescenza, una giovinezza che divampa nella volontà di vivere e nell’irrefrenabile bisogno di esperienze, anche laddove esse dovessero prosciugare il corpo. Così, il viaggio dell’autrice diventa il viaggio che ogni individuo “in-cerca” è chiamato a compiere, un viaggio che forse non terminerà mai e che è frutto dell’irrefrenabile bisogno di mutamento che costituisce l’esistenza su questa terra.