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ColtivarCultura

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A cura di Lucrezia Lombardo

L’universo mistico di Marcello Bianchi, che non teme l’ordinarietà delle piccole cose

L’esposizione, voluta da Tonina Tanda, moglie dell’autore precocemente scomparso, è stata curata dalla professoressa Matilde Puleo

E’ attualmente in corso, presso lo spazio espositivo gestito da a Danielle Villicana & Maurizio D’Annibale, in  Via Cavour 85 ad Arezzo, la mostra “La misura delle cose”, dedicata all’artista Marcello Bianchi. L’esposizione, voluta da Tonina Tanda, moglie dell’autore precocemente scomparso, è stata curata dalla professoressa Matilde Puleo, che abbiamo intervistato per addentrarci meglio nell’universo spirituale e poetico di Marcello Bianchi che, con le sue opere, riesce a trasporre in forma un mondo mistico e carico di visioni.

Come nasce l'idea della mostra che hai curato e dedicata all'artista, prematuramente scomparso, Marcello Bianchi?

“Nasce dalla volontà della moglie di trovare una collocazione a quella che era già stata ipotizzata come una mostra dall’artista stesso. Io non ho fatto altro che rendermi conto che il materiale avrebbe potuto essere molto più vasto e stratificato di quello previsto dall’artista e che in questa forma sarebbe nata una mostra di ben altro spessore culturale.”

Perché è stato scelto il titolo "La misura delle cose" e che legame intercorre tra esso e le opere esposte?

“Il titolo è un omaggio alle parole dell’artista. La mia intenzione era quella di far parlare direttamente lui, di renderlo in qualche modo avvertibile e palpabile e dunque ho trovato necessario cedergli la parola e avvalersi del titolo che lui stesso aveva dato a due ciotoline. Oltretutto, anche dal punto di vista concettuale, “La misura delle cose” mi sembrava calzasse a pennello con una mostra come questa che non dà assiomi. Siamo lontani infatti dal filosofo greco che affermava che l’uomo è misura di tutte le cose. Qui la questione è ben altra. È la ciotola a diventare misura. Si tratta di capire di cosa. Le ipotesi sono aperte! Io ho proposto di interpretarla come misura dei pensieri, delle parole che ci muovono ma anche di quelle che ci agitano.”

Come definiresti lo stile di Marcello Bianchi e su quali basi è stata effettuata la selezione delle opere?

“Le opere di Marcello si collocano senza alcun dubbio nell’alveo della tradizione pittorica modernista. I suoi riferimenti teorici e tecnici si trovano nella storia dell’arte delle avanguardie e il richiamo a Giorgio Morandi è un elemento di cui ci si accorge sin dal primo sguardo. Il desiderio però di smaterializzare progressivamente il soggetto o quello di renderlo concettualmente più importante della tecnica stessa, il sereno riuso di stili passati da calarsi in un contesto moderno, così come il disinteresse verso le barriere tra arte alta e cultura pop, fa di questo artista un esempio di pittura postmoderna.”

Quali sono i temi centrali della poetica di Bianchi e cosa hanno da dire -a tuo parere- i suoi lavori a questa nostra epoca?

“Il tema di questa mostra è limitato alla sola indagine sulle ciotoline, ma gli indirizzi di ricerca di questo artista sono molti, tutti affrontati in maniera parallela, ognuno con il suo specifico modo di intendere la serialità e tutti altrettanto affascinanti. Basta fare una visita alla casa studio per accorgersene. Relativamente a questa mostra, ciò che mi sembra necessario è ribadire che Marcello Bianchi ci lascia il compito della serietà con la quale intendere la visione. Guardare è facile solo per occhi disattenti. In realtà, anche il vedere, inteso come la semplice percezione con gli occhi, è tutt’altro che elementare, perché le posizioni che assumiamo sono sempre instabili e relative. L’ironia che può scaturire dalla ripetizione di questo assunto tramite cinquanta e più ciotoline dipinte, incise, fotografate o disegnate al computer, ogni volta alla ricerca di qualche ineffabile variazione, potrebbe essere l’unica posizione grazie alla quale evitare di far ribaltare il percepire su sé stesso. A ciò aggiungerei anche un carattere meditativo a quella ripetizione da opporre alla vertigine accelerata dei nostri tempi come scudo basilare e possibile difesa mentale. Ancora una volta sta a noi decidere. È così che ci accorgiamo, credo, che una serie di ciotole vogliono soltanto dirci che il contenitore in realtà è chi guarda!”.

L’universo mistico di Marcello Bianchi, che non teme l’ordinarietà delle piccole cose

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