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A cura di Lucrezia Lombardo

Lucrezia Lombardo nasce ad Arezzo nel 1987. Dopo la maturità classica si laurea, con il massimo dei voti, in Scienze filosofiche a Firenze, lavora quindi come curatrice, specializzandosi con vari corsi di perfezionamento. Attualmente l’autrice dirige una galleria d'arte contemporanea ad Arezzo e scrive stabilmente per la rivista inetrnazionale "La Bibliothèque Italienne", insegna Storia e Filosofia presso un liceo e collabora con vari atenei privati come docente di Storia della filosofia contemporanea. Oltre ad aver ricevuto importanti premi e riconoscimenti letterari, Lucrezia ha pubblicato il saggio L’Alunno (Divergenze, 2019), le raccolte poetiche La Visita (Giulio Perrone, 2017), La Nevicata (Il Seme Bianco, Gruppo Elliot 2017), Solitudine di esistenze (Giulio Perrone, 2018), Paradosso della ricompensa (Eretica, 2018), Apologia della sorte (Transeuropa, 2019), In un metro quadro (Nulla die, 2020), la raccolta di racconti Scusate, ma devo andare (Porto Seguro, 2020) ed ha curato la silloge Elegia Ambrosiana (Divergenze, 2021) con lo scrittore Raul Montanari.

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Eros e femminilità, la poesia di Anna Leone sulla scia di Sulpicia

L'intervista realizzata da Lucrezia Lombardo ad Anna Leone, autrice della silloge Polena, da poco uscita con la casa editrice Puntoacapo

Riceviamo e pubblichiamo l'intervista realizzata da Lucrezia Lombardo ad Anna Leone, autrice della silloge Polena, da poco uscita con la casa editrice Puntoacapo.

Tra le poetesse che nella storia hanno avuto un legame con la città di Arezzo, si annovera Sulpicia, che presso la cittadina etrusca trascorse un periodo importante della propria vita. Poetessa romana raffinata e di cui si conservano sei brevi elegie nel Corpus Tibullianum, Sulpicia è una delle poche donne dell'antichità che si sono dedicate alla scrittura. Tra le poetesse contemporanee che, al pari di Sulpicia e con la medesima profondità psicologica, hanno analizzato i temi “dell’amore” e “del femminile” occorre citare Anna Leone, autrice della silloge Polena, da poco uscita con la casa editrice Puntoacapo.

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Lucrezia Lombardo

Come nelle elegie dell'autrice latina Sulpicia, anche nelle tue poesie sono spesso toccati i temi “dell'eros" e del "femminile". In che modo sviluppi questi due elementi, specie in riferimento alla tua ultima silloge, "Polena"?

“Direi che nel titolo della silloge sia espresso il mio modo di intendere il femminile e l’eros. Pensiamo alle diverse valenze che, fin dai tempi antichi, hanno avuto le sculture decorative poste sulla prua delle imbarcazioni. Infatti, già nel 480 a.C. erano segno di scaramanzia contro le avversità del mare o di ossequio per ottenere protezione, intese come creature viventi, capaci di intravvedere la rotta con fronte prodiera. Nel corso del XVI secolo erano prettamente figure femminili in contrasto con l'avversione dei marinai per la presenza delle donne, considerate portatrici di sventura, ma pur sempre mitizzate e sognate. Proprio tra questi due poli si inserisce il mio sentire la donna, come colei che sta avanti a tutto, perché capace di intuire, prevenire e se occorre proteggere chi ama. Donna che sa affrontare tempeste e che spesso nella lotta si trova sola, presente a se stessa e troppe volte non compresa. Donna che vorrebbe come porto sicuro un cuore, non altro. L'amore per me è incontro, rispecchiamento, comprendere in sé e non so dirne che in questi termini. Nelle mie poesie non c'è lirismo ; io non canto l'amore, ma porto al mio sentire chi amo”.

Come è nato in te il bisogno di scrivere poesia?

“Scrivere non è mai stato un bisogno, per me. Piuttosto il modo espressivo che mi è più congeniale. Fossi stata capace, avrei potuto dipingere. Credo che "fare poesia" sia estendere il proprio essere allo stesso modo di chi dipinge, compone musica, scolpisce...Perché c'è una vita introiettata che spinge, straborda e lascia il segno. Non a caso chi vive in superficie, chi non ha mai amato e sofferto, ma neppure mai gioito, non puó proiettare fuori di sé nulla e perfino quel nulla resta inespresso”.

La città in cui vivi, Genova, è celebre per la tradizione cantautorale, penso, più d'ogni altro, a De André, nei tuoi componimenti ci sono riferimenti a questo grande poeta musicale?

“Se non riferimenti, sicuramente c'è un'affinità nel sentire la vita, perché De André, io che sono cresciuta senza un padre, è stato un portatore di valori, colui che mi ha indicato la strada, il mio compagno nelle ore pensose, il mio "amico fragile" e nello stesso tempo forte, esattamente come me, così come è stato un altro grande musico-poeta che è Francesco Guccini. Tanto di loro c'è nella mia poesia e non potrebbe essere diversamente. Su tutto: l'attenzione per gli ultimi, la ricerca del senso della vita, la tensione laica verso tutto ciò che mi trascende, il senso del limite umano, la solitudine come momento in cui ritrovarsi, non certamente perdersi, insomma tanto e azzarderei a dire, tutto. A loro va la mia gratitudine”.

Qual è il tema centrale che hai voluto sviluppare nella silloge "Polena"?

“Io direi che tutta la raccolta sia impregnata di tematiche esistenziali, perfino quando mi rivolgo al mio 'Tu' quindi a chi amo chiedo ragione del suo essermi amore. Poi c'è la sezione "Tempo sospeso" che contiene testi scritti nel periodo del primo lockdown, periodo molto sofferto in cui ho sentito il senso del limite e della precarietà, ma anche una fiducia nelle risorse umane, un senso di comunanza nello stesso avverso destino”.

Infine vorrei chiederti: perché fare poesia oggi?

“È una domanda che si sono posti , in ogni epoca, letterati e intellettuali e attiene al senso del 'fare poesia' a prescindere dal momento storico. Perché fare poesia? Perché il non farla sarebbe peggio e non perché serva a qualcuno o a qualcosa. La poesia non ha mai cambiato il mondo e neppure le persone, non è neppure il suo compito. Sono gli stessi poeti ad essere diversi, a stare su altre lunghezze. Non trovo che la stessa possa incidere nessun tempo né coincidere con nessun particolare momento. Il poeta spesso è un avulso, osserva gli altri vivere, guarda al passato per trovare tracce nel presente e per nominare il perduto con una lingua incontaminata e mai funzionale. La poesia oggi, sembra essere alla portata di tutti, si lascia credere che basti saper comporre versi con assonanza, consonanza, anafora, paranomosia, allitterazione, climax e tutta una serie di figure retoriche ed è fatta. Su queste basi si spiega il proliferare di scuole di scrittura e poeti con attestato di competenza.Viene da sé che muoversi in una giungla di poeti improvvisati, di poeti del dopo cena, che pubblicano o si vedono pubblicare i propri testi su riviste specializzate del web, diventa davvero difficile, soprattutto come lettore. Dunque fare poesia, quella vera, significa riuscire a restare fuori dal cerchio e probabilmente neppure pubblicare”.

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