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A cura di Lucrezia Lombardo

BLOG | Sanità e scuole pubbliche martoriate: cure e istruzione diventano privilegi per benestanti

Il concetto di servizio viene così mutato in offerta, in prodotto accessibile solo a coloro che dispongono delle risorse economiche necessarie ad acquistarlo

Il processo di privatizzazione del settore pubblico va di pari passo con l’evoluzione del neoliberismo e ne costituisce il volto più feroce e attuale.

Se l’articolo 32 della nostra Costituzione recita "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti…”, la situazione odierna della sanità pubblica è assai diversa e sfiora livelli preoccupanti: è infatti in crescita esponenziale il numero di coloro che, per curarsi, dati i tempi interminabili previsti dal Sistema Sanitario Nazionale, ricorrono a cliniche private e a specialisti, i cui costi non sono, ovviamente, a portata di tutti. Anche il nostro paese sta dunque perseguendo la strada che trasforma i “diritti sociali” in privilegi plutocratici, uniformandosi gradualmente al modello statunitense, nel quale solo chi può permetterselo, ricorre all’assicurazione sanitaria. 

Tuttavia, la privatizzazione, assimilabile a una forma di spossessamento dei diritti costituzionali, non riguarda soltanto il settore sanitario, ma l’interezza delle pubbliche amministrazioni (enti, istituzioni universitarie, ma anche scuole, mense, uffici e così via), che vengono ora gestite come se fossero aziende. Da notare, a questo proposito, la trasformazione nomenclaturale e contenutistica delle Usl (Unità sanitaria locale) in Asl (Azienda sanitaria locale), ovverosia in autentiche aziende che incentrano la loro ragion d’essere non più sul servizio pubblico, bensì “sull’etica produttivista” alla base dell’intero sistema neoliberista. 

Il concetto di servizio viene così mutato in offerta, in prodotto accessibile solo a coloro che dispongono delle risorse economiche necessarie ad acquistarlo. Questa metamorfosi riguarda ormai, in modo evidente, anche altri settori, tra cui l’istruzione pubblica: le scuole si basano infatti, a loro volta, su criteri aziendali, che non possono non sacrificare la qualità della formazione intesa come diritto per tutti. 

In linea con la crescente privatizzazione di quegli ambiti che, un tempo, rientravano nello Stato sociale, si trovano anche le nuove modalità di assunzione del personale, fatte adesso attraverso agenzie interinali: in questo modo, l’assunzione di personale diventa una prestazione di servizi e prevede che ad essere remunerata sia l’agenzia interinale stessa (non l’assunto), abbassando perciò gli indici sulla spesa del personale. Ovviamente, gli assunti tramite agenzie interinali non dispongono del medesimo trattamento economico di un dipendente statale ed i contratti nazionali, coi loro criteri, vengono praticamente disattesi. 

Il fenomeno delle estese privatizzazioni del settore pubblico - fenomeno che oggi riguarda persino beni comuni come acqua, cibo e terra - prende avvio nel nostro paese negli anni ’90, allorché s’impone una visione che pretende di assimilare lo Stato ad un’azienda, da gestire attraverso i parametri del management. Persa la propria rilevanza politica di garante e decisore (l’economia ingerisce difatti persino sul legislatore), lo Stato non riesce più a tutelare i diritti dei cittadini che, gradualmente, si trasformano in prerogative censitarie. Difatti, laddove l’istruzione pubblica giunge al collasso, solo coloro che potranno permettersi scuole e università private, garantiranno ai loro figli una formazione dignitosa; allo stesso modo, se la sanità pubblica viene martoriata con tagli continui, che vanno a danneggiare il personale e i pazienti, solo coloro che potranno accedere a cure a pagamento avranno salva la vita. Purtroppo, questo scenario, drammatico e taciuto, mette in luce un fenomeno ormai innegabile: la subdola trasformazione dello Stato di diritto in Stato elitario e delle garanzie previste dallo Stato sociale (comprendente le politiche del lavoro - disoccupazione, sostegno al reddito etc. -, le politiche pensionistiche, le politiche sanitarie, le politiche socio-assistenziali, le politiche per la famiglia, le politiche abitative, le politiche per la disabilità e non autosufficienza, le politiche per l’infanzia e le politiche contro la povertà) in privilegi.

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