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Venerdì, 19 Aprile 2024
Arezzo da amare

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A cura di Marco Botti

Centro Storico

Ferdinando III d’Asburgo-Lorena: la statua aretina simbolo della restaurazione lorenese

L’opera in marmo di Carrara è considerata il più alto esempio di scultura neoclassica in città e venne realizzata dal fiorentino Stefano Ricci

Camminare da via Ricasoli a Piaggia di Murello, con la statua di Ferdinando III d’Asburgo-Lorena che man mano si fa sempre più grande, è una delle esperienze più suggestive per chi passeggia nel centro storico di Arezzo. 

L’opera in marmo di Carrara è considerata il più alto esempio di scultura neoclassica in città e venne realizzata dal fiorentino Stefano Ricci (1765/1837), conosciuto anche per il cenotafio di Dante Alighieri nella basilica di Santa Croce a Firenze e per il monumento funebre al vescovo Niccolò Marcacci nella cappella della Madonna del Conforto ad Arezzo. 

Ferdinando III (1769-1824) era il secondogenito del granduca di Toscana Pietro Leopoldo I (1747/1792). Dopo aver preso il posto del padre, divenuto imperatore del Sacro Romano Impero nel 1790, governò quasi un decennio, finché fu costretto a rifugiarsi a Vienna durante l’occupazione francese del marzo 1799. Nel 1801 Napoleone Bonaparte lo costrinse ad abdicare, ma nel settembre 1814 rientrò a Firenze dopo la fine della parentesi napoleonica per riprendere il suo ruolo, che conservò fino alla morte. 

Gli storici ricordano Ferdinando III come uno dei sovrani europei più illuminati dei suoi tempi. Sulla scia del padre portò avanti uno straordinario processo riformatore dello stato toscano in tutti i settori. In terra d’Arezzo i suoi meriti più riconosciuti furono il miglioramento del sistema viario ma soprattutto il decisivo passo in avanti verso il completamento della bonifica della Val di Chiana, sotto l’egida del fidato Vittorio Fossombroni, da lui nominato soprintendente generale al dipartimento delle acque della vallata fin dal 1794. 

La statua, simbolo aretino della restaurazione lorenese assieme a Porta Ferdinanda, l’odierna Porta Trento Trieste, venne collocata nella parte alta di Piazza Grande il 31 ottobre 1822. Dieci giorni dopo, il 10 novembre, fu inaugurata.

La scultura rimase di fronte alle Logge Vasariane fino al 1932, ma a causa del revival stilistico che stava neomedievalizzando la piazza era ormai considerata fuori contesto. Si optò così per il suo trasferimento sulla sommità di Piaggia di Murello, l’antica contrada del Lastrico. Al suo posto venne collocato il “petrone”, ovvero una riproduzione in pietra serena della cosiddetta colonna infame, che nelle città serviva a legare i malfattori per esporli al pubblico ludibrio. 

Il monumento a Ferdinando III di Lorena

Il pregevole monumento mostra Ferdinando III abbigliato come un imperatore romano, coronato di foglie di quercia, simbolo di forza, longevità, perseveranza e lealtà. Il granduca stringe con la mano sinistra un lungo scettro a forma di lancia, mentre ai suoi piedi si ammira un leone ammansito. 

Il piedistallo è ricco di riferimenti. Il lato posteriore, che guarda verso Porta San Lorentino, ospita l’intervento di due artisti aretini nel bassorilievo disegnato da Angelo Ricci (1749/1827) e realizzato da Ranieri Bartolini (1794/1856). L’opera raffigura, tramite un’allegoria, l’unione tra la Chiana e l’Arno. 

Lo stesso anno in cui arrivò la statua ad Arezzo, Bartolini eseguì anche un busto di marmo del sovrano, che oggi si può ammirare nel Museo della Fraternita dei Laici di Piazza Grande.

Sul lato sinistro è scolpito lo stemma del Granducato di Toscana sotto gli Asburgo-Lorena, mentre su quello destro è presente l’emblema del Comune di Arezzo. Nella parte anteriore del basamento si legge la dedica celebrativa a Ferdinando III, ma se ci focalizziamo sulla zona inferiore, noteremo anche un’iscrizione risorgimentale successiva che ricorda la partenza da Firenze dell’ultimo granduca, Leopoldo II, il 27 aprile 1859. La Toscana aveva ormai scelto per la futura annessione al Regno di Sardegna.  

Un intervento eseguito nell’ambito del master europeo Equal per la formazione di nuovi restauratori, svoltosi tra il 2002 e il 2005, permise un importante recupero della statua sotto l’egida dello Studio Tre di Arezzo. Da anni, infatti, la scultura versava in un preoccupante stato di degrado dovuto ai gas di scarico dei veicoli e ai licheni nerastri depositati sulla superficie. 

Nel febbraio 2008 il monumento fu oggetto di un atto vandalico che provocò l’amputazione della mano sinistra. Il ripristino della parte spezzata venne ultimato nel febbraio 2010 ma agli inizi di marzo 2011 lo stesso arto fu ancora colpito da ignoti. Dopo il nuovo recupero, nel gennaio 2017 la mano si ruppe all’altezza del polso ricostruito, forse a causa del ghiaccio e delle forti escursioni termiche.

A giugno 2019 partì l’ennesimo risanamento, promosso dal Comune di Arezzo. Questa volta i restauratori utilizzarono un “arpese”, elemento metallico uncinato a scomparsa per tenere unite le parti lapidee, evitando in futuro nuove cadute al fragile arto del buon granduca.

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