rotate-mobile
Arezzo da amare

Arezzo da amare

A cura di Marco Botti

Centro Storico

La Fonderia Bastanzetti: da gloria dell’industria aretina a casa dell'energia. La storia

Oggi la struttura, gestita dalla società Nuova Energia, è un importante urban center per la consulenza energetica, lo studio e l’informazione sul risparmio energico e le fonti rinnovabili per cittadini e imprese

Si narra che nel 1889 Donato Bastanzetti, titolare assieme al fratello Remigio di una fonderia a Udine, stesse andando in treno nell’Italia meridionale con l’idea di individuare un luogo dove impiantare una nuova attività. Nello stesso vagone viaggiava Carlo Signorini, presidente della Camera di Commercio di Arezzo, che gli suggerì di fare una sosta in Toscana, perché l’officina agraria industriale Bertilacchi e Gaggioli aperta nel 1877 lungo via Leone Leoni, stava chiudendo i battenti ed era in vendita a un prezzo favorevole.

L’imprenditore di origine veneta si fermò davvero in città e dopo aver esaminato la struttura fiutò l’ottimo affare e il 1° settembre di quell’anno l’acquistò. Nacque così, quasi per caso, la gloriosa Fonderia Bastanzetti, una delle industrie per eccellenza della storia di Arezzo, a ridosso delle mura medicee e sopra il fiume Castro che a quei tempi era tombato fino al bastione di Porta Buia ma poi, dove oggi sorge il quartiere Montefalco, tornava a scorrere a cielo aperto.

Fonderia Bastanzetti tra passato e presente

Il 9 settembre 1889 arrivò ad Arezzo Remigio Bastanzetti con il compito di dirigere la fonderia, che già l’anno dopo dava lavoro a una cinquantina di persone, ma i fratelli Bastanzetti avevano in mente da subito di espandersi e realizzare uno stabilimento più efficiente di quello che avevano trovato.   

Per fare questo sfruttarono tutto lo spazio occupato dal baluardo di Porta Buia, uno dei sette della cinta medicea, costruito a partire dall’11 giugno 1538 nei pressi di una delle porte della cerchia trecentesca da cui riprese il nome.

La nuova industria era divisa in tre sezioni principali: la fonderia di campane e altri prodotti in bronzo sul lato che guardava la stazione ferroviaria attiva dal 1892, la fonderia per gli oggetti in ghisa al centro dove dal 1894 si realizzavano tombini, basamenti di lampioni,  croci e tanto altro, l’officina per le costruzioni meccaniche e agricole sul lato che guardava Porta San Lorentino, che invece proseguì nell’attività che era già stata avviata dai precedenti proprietari.

Nel 1898 morì Remigio Bastanzetti e la conduzione passò tutta nelle mani di Donato, che l’anno dopo chiuse definitivamente l’attività in Friuli per dedicarsi a quella aretina. A cavallo tra XIX e XX secolo la ditta esportava già le sue campane e il resto dei prodotti in tutta Italia, nelle colonie dell’Eritrea e in altri luoghi nel mondo. La Bastanzetti fu anche la prima industria aretina a sfruttare l’energia elettrica, oltre a essere in quegli anni la fonderia più grande dell’intera provincia.

Durante la Prima Guerra Mondiale l’impresa ebbe importanti commesse statali per la produzione di materiale bellico come i proiettili in ghisa e le parti di ricambio per il materiale ferroviario. La fabbrica dava lavoro a circa duecento operai. Nel 1914 se ne andò anche Donato Bastanzetti, a cui succedette il figlio Dialma.

Finita la grande guerra, la ditta riprese la sua attività tradizionale e durante il Ventennio fascista le campane della fonderia aretina suonarono nei campanili delle chiese e nelle torri littorie d’Italia e in quella di Addis Abeba dopo la Guerra d’Etiopia terminata nel 1936. Quest’ultima, di dieci tonnellate, prima di partire per il Corno d’Africa fu esposta in città.

Con la Seconda Guerra Mondiale e i bombardamenti alcuni macchinari furono trasferiti nella cartaria di Giovi, mentre quello che rimase in via Leoni fece una brutta fine, perché le bombe che colpirono l’ex baluardo il 2 dicembre 1943, il 17 gennaio 1944 e il 15 febbraio dello stesso anno rasero al suolo lo stabilimento.

Nel Dopoguerra si provò a ricostruire la Bastanzetti, riducendone le dimensioni, con l’idea di spostarla nel giro di pochi anni nella nuova zona industriale prevista a Pescaiola. Nel 1950 lavoravano di nuovo 75 operai, ma per non farsi mancare nulla nel 1952 un nubifragio provoco ingenti danni. Con il nuovo piano regolatore, nel novembre 1958 venne approvata la sistemazione urbanistica e viaria della zona, che prevedeva la demolizione di una parte del fabbricato per creare una breccia nel bastione che avrebbe permesso di dare sblocca a via Petrarca e metterla in connessione con le altre strade e i nuovi quartieri cittadini.

Negli anni Sessanta e Settanta la fonderia proseguì a funzionare, ma il declino fu costante. Dello stabilimento a Pescaiola non se ne fece più nulla e nel 1987 la produzione si interruppe del tutto. Negli anni successivi al fallimento, dichiarato il 23 giugno 1889, Piero Franchini salvò buona parte dei macchinari e dei materiali da lavoro presenti dalla dispersione, aggiudicandoseli all’asta e trasformandoli in una collezione che contempla anche foto d’epoca. Nel 2002 i locali abbandonati furono acquisiti dal Comune di Arezzo e trasformati, su progetto dello studio Archh Associati di Genova e il sostegno di Coingas, nella Casa dell’Energia conclusa nel 2012 secondo criteri di architettura ecosostenibile. Due anni prima era uscito il volume monografico “La Bastanzetti e l’industria aretina tra Ottocento e Novecento” di Tiziana Nocentini, con tante preziose informazioni sulla storia della fabbrica.

Oggi la struttura, gestita dalla società Nuova Energia, è un importante urban center per la consulenza energetica, lo studio e l’informazione sul risparmio energico e le fonti rinnovabili per cittadini e imprese. Un luogo di aggregazione sociale polivalente dove organizzare meeting, congressi, video conferenze, eventi, mostre e spettacoli.

Negli spazi esterni, ricavati dalle demolizioni per aprire via Petrarca, si possono osservare due sculture dell’artista aretino Alessandro Marrone. A sinistra, in uscita dal centro storico, è collocato il “Monumento ai caduti di Nassiriya” realizzato nel 2007 su commissione dei Lions Mecenate, in ricordo dei carabinieri italiani uccisi in Iraq nel 2003. A destra, nel largo Martiri delle Foibe, si trova il monumento “Le pietre della memoria” del 2019 donato dal comitato omonimo, dedicato alle vittime delle repressioni nei confronti dei civili italiani che vivevano nei territori istriani, fiumani e dalmati, avvenute negli anni Quaranta del secolo scorso da parte dell’Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia. Poco più avanti, al centro della rotonda su cui convergono viale Piero della Francesca, via Baldaccio d’Anghiari e via Bernardo Rossellino, si vede infine il cavallo bronzeo del bolognese Nicola Zamboni e della monzese Sara Bolzani, donato nel 2013 in memoria del noto medico Franco Tanganelli.

Si parla di

La Fonderia Bastanzetti: da gloria dell’industria aretina a casa dell'energia. La storia

ArezzoNotizie è in caricamento