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Arezzo da amare

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A cura di Marco Botti

Aretino di nascita e per vocazione. Dal 2004 sono giornalista culturale, nonché addetto stampa e curatore di mostre ed eventi. La mia attività è rivolta principalmente, fin dall’inizio della carriera, al mondo delle arti visive. Credo nella natura divina dei Beatles

Arezzo da amare Rigutino / Località Vitiano

La Spada di Cosimo e la Traccia di San Francesco

I colli e i monti che circondano Arezzo custodiscono tante storie curiose. Questa, suggestiva e particolare, ci porta sopra Vitiano

I colli e i monti che circondano Arezzo custodiscono tante storie curiose. Con l’arrivo della bella stagione è piacevole andare a scovarle e due tra le più singolari ci portano sopra Vitiano, ai margini sud del territorio comunale, lungo un itinerario immerso nella natura che viene da tempo valorizzato dal locale Centro Sportivo grazie a una costante divulgazione e alla camminata annuale “Sulle tracce della storia”, che partendo dal poggio di Monticelli raggiunge la Croce di San Valentino dopo aver toccato varie tappe piene di fascino.

I due siti di cui parleremo sono collegati a due personaggi vissuti in epoche diverse ma accomunati dall’aver deciso, a un certo punto della loro esistenza, di abbandonare la mondanità e il benessere per convertirsi a una vita di preghiera e aiuto al prossimo.

Il primo luogo, la Spada di Cosimo, si raggiunge svoltando all’altezza della chiesa parrocchiale di San Martino, lungo la Sr71, in direzione del Fondaccio. Dopo due chilometri l’auto va lasciata in località La Pila per proseguire mezzo chilometro a piedi in direzione della Torre, ovvero ciò che rimane dell’antico castello di Vitiano documentato dal 1098.

Ancora mezzo chilometro di percorso conduce invece al casolare abbandonato detto “Mirrino”, nel Podere Ponticelli, così nominato già nel Catasto Fiorentino del 1427 in riferimento ai piccoli ponti presenti sul rio di Vitiano. Continuando nuovamente per mezzo chilometro, alla sinistra apparirà una grossa roccia con una spada conficcata, ribattezzata “Spada di Cosimo” in relazione a Cosimo Serristori, patrizio di origine fiorentina nato intorno al 1646, che visse a lungo nell’ex fortilizio vitianese riadattato in palazzo.

Il manufatto riporta ad altre leggendarie spade nella roccia, come quella del “ciclo arturiano” e quella legata alla vita di San Galgano. Nel primo caso ci si riferisce alla saga di re Artù, che a sua volta rimanda alle leggende delle isole britanniche ambientate nel V/VI secolo. Nel secondo caso si parla della vita di un cavaliere senese del XII secolo dalla giovinezza dissoluta, che dopo la conversione religiosa piantò la sua arma in un masso per non usarla mai più e divenire un eremita. Ancora oggi, nella cappella di San Galgano a Montesiepi di Chiusdino, è possibile vedere la spada incastonata.

Cosimo Serristori visse una giovinezza irrequieta e viziosa, fatta di continui eccessi. Intorno alla sua figura nacquero varie storie, alcune persino macabre, tramandate di generazione in generazione. Ancora oggi gli anziani parlano di un trabocchetto nel castello con cui il nobile faceva cadere chi gli stava antipatico in un pozzo provvisto di lame affilate. Cosimo era un abile spadaccino, ma in vecchiaia una crisi mistica lo avvicinò ai Padri Filippini che a quei tempi erano insediati a pochi chilometri da casa, a Castiglion Fiorentino. Prese i voti e nel 1713 stilò un testamento con cui lasciò tutti i beni alla congregazione.

Proprio nella zona dove Serristori maturò il cambiamento che lo trasformò da scapestrato in benefattore, è stata collocata l’arma grazie a un’idea di Massimo Romboli, sempre più apprezzata dagli amanti delle passeggiate all’aria aperta, che con curiosità salgono sopra Vitiano per ammirarla da vicino. Il manufatto diventa un messaggio di pace in un mondo martoriato dalle guerre e un invito ad abbandonare la violenza per abbracciare la solidarietà verso il prossimo.

Continuando a salire per quasi un chilometro, sulla sinistra appare un altro casolare abbandonato, “La Cannella”, che nel nome ricorda che ci stiamo avvicinando a una sorgente. Grazie alle ricerche di Santino Gallorini, che di questi luoghi è un archivio storico vivente inarrivabile, sappiamo che il podere compare con questo termine nel già nominato Catasto Fiorentino del 1427. Nel corso del Seicento, con il consolidarsi della presenza della famiglia Serristori nel territorio di Ottavo e Vitiano, l’area entrò nell’orbita degli aristocratici fiorentini e nel 1672 figurava come proprietà di Francesco Serristori, padre di Cosimo. La Cannella fu abitata fino agli anni Sessanta del secolo scorso e oggi appare come un suggestivo rudere, più o meno visibile dalla strada in base alla vegetazione stagionale.

La sorgente a cui fa riferimento il toponimo si trova più a monte, proseguito per poche centinaia di metri, ed è il secondo luogo che prendiamo in esame, conosciuto da tutti come la Traccia di San Francesco o Traccia del Cavallo.

Nei primi decenni del Duecento il santo di Assisi, nel suo incessante peregrinare, forse passò anche da Vitiano, sfruttando i sentieri montuosi per accorciare le distanze. Nella zona esisteva ad esempio un importante collegamento tra Val di Chiana e la Valle del Bagnoro, utilizzato come alternativa per raggiungere Arezzo da Rigutino e Vitiano.

Verità o leggenda, la tradizione che parla del passaggio di San Francesco da Vitiano risale almeno al XV secolo. La storia narra che un giorno il suo asino o cavallo fosse sfinito dalla sete. San Francesco pregò e l’animale diede una testata sulla roccia che costeggiava il sentiero e una zampata in terra: improvvisamente l’acqua cominciò a sgorgare. Ancora oggi si vede nella parete rocciosa il vuoto che rappresenterebbe la “capata” dell’animale, mentre a sinistra della sorgente perenne si nota una piccola cavità quasi circolare che invece riprodurrebbe la forma dello zoccolo.

Negli ultimi anni l’area è stata ripulita dalla vegetazione infestante e resa riconoscibile grazie a una piccola vasca di pietra e un tondo in ceramica policroma collocato nel 2021, ispirato a una raffigurazione di San Francesco eseguita da Cimabue. L’opera è di Olinto Ferrettini e risale alla seconda metà degli anni Sessanta. A breve distanza dalla sorgente si nota anche un ex voto naïf dipinto su pietra da Francesco Benigni nel 2019.

La storia legata al luogo ricorda il “Miracolo della sorgente”, affresco eseguito da Giotto alla fine del Duecento nella basilica superiore di Assisi. La località in cui avvenne l’episodio della fonte scaturita dalla roccia, grazia all’intercessione del frate, non è mai stata identificata con precisione. Diverse regioni d’Italia – Umbria, Abruzzo, Toscana – se la contendono. Tenendo per buona l’ipotesi che il miracolo francescano sia avvenuto durante un viaggio del santo verso La Verna, i vitianesi portano avanti la proposta che quella rappresentata ad Assisi sia proprio la loro amata “Traccia di San Francesco”.

La Spada di Cosimo e la Traccia di San Francesco

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