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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Arezzo da amare

Arezzo da amare

A cura di Marco Botti

Aretino di nascita e per vocazione. Dal 2004 sono giornalista culturale, nonché addetto stampa e curatore di mostre ed eventi. La mia attività è rivolta principalmente, fin dall’inizio della carriera, al mondo delle arti visive. Credo nella natura divina dei Beatles

Arezzo da amare / Centro Storico / Via di San Clemente

Porta San Clemente, l'accesso a nord di Arezzo

Porta San Clemente fu realizzata tra le odierne via Garibaldi e Casa di Riposo “Vittorio Fossombroni”, inglobando nella città un sobborgo detto “Fondaccio” e il monastero femminile di San Benedetto

Da Porta San Clemente, l’entrata a nord della cerchia muraria di Arezzo, iniziava nel medioevo la via principale dalla città verso il Casentino e la Romagna, ma i ritrovamenti archeologici avvenuti nel passato ci dicono che la strada è molto più antica e affonda le sue origini almeno nell’epoca romana. L’ingresso trae denominazione da una chiesa altomedievale, che nel 1031 fu donata dal vescovo Teodaldo ai benedettini di Santa Maria di Prataglia, i quali vi fondarono una loro badia. Intorno alla metà del secolo successivo i monaci accettarono la regola camaldolese.

In quel periodo Arezzo tornò a espandersi e lo sviluppo impose l’esecuzione di una nuova cinta, costruita alla fine del XII secolo. Porta San Clemente fu realizzata tra le odierne via Garibaldi e Casa di Riposo “Vittorio Fossombroni”, inglobando nella città un sobborgo detto “Fondaccio” e il monastero femminile di San Benedetto, già attivo da qualche decennio. Il complesso camaldolese di San Clemente continuò invece a rimanere esterno alle mura.

Le immagini e la storia di Porta San Clemente

Nel 1317 partirono i lavori per una cerchia più grande e la porta fu avanzata almeno fino alla fine di quella che oggi è via Vecchia o più probabilmente qualche decina di metri più avanti rispetto all’attuale cortina. Negli anni Trenta del XIV secolo l’accesso, sormontato come gli altri ingressi alla città da una possente torre difensiva, fu adornato da una nicchia con una “Madonna con il Bambino” in pietra arenaria. Porta Sant’Angelo era l’unica che al suo posto aveva “San Michele Arcangelo”. Con la porta trecentesca vennero inglobati altri edifici che andarono a costituire la Contrada del Piscinale, con riferimento al fortilizio nei pressi di Ponte alla Chiassa che si raggiungeva uscendo da Porta San Clemente.

Durante il breve controllo fiorentino del periodo 1337-1343, presero il via imponenti lavori per realizzare un nuovo sistema fortificato formato da tre strutture principali: un circuito detto Cittadella e un fortilizio minore al suo interno definito Cassero di San Donato situati nelle attuali aree del Prato e della Fortezza, e il Cassero di San Clemente che secondo Andrea Andanti si trovava a sinistra della porta. Franco Paturzo, che si rifaceva a sua volta al celebre cronista fiorentino trecentesco Giovanni Villani, lo colloca invece sopra la porta.

Le prime due fortificazioni erano collegate alla terza attraverso un corridoio esterno che serviva ai soldati fiorentini ad andare da una parte all’altra del complesso difensivo in sicurezza. I resti del passaggio sono ancora visibili nel tratto di mura che va dal bastione a Porta Stufi. Come ricorda ancora Andanti, nel 1650/52 Annibale Cecchi, ingegnere militare del Granducato di Toscana, fece sistemare le parti residue dando loro l’aspetto monumentale odierno.

Con la cinta medicea, realizzata a partire dal 1538, Porta San Clemente divenne una delle sole quattro entrate della città. Tutti gli altri accessi del settore nord furono murati. Le nuove difese volute da Cosimo I de’ Medici fecero arretrare leggermente il perimetro urbano in questa zona, mentre la porta fu ricostruita a poca distanza, dove la vediamo adesso. Tra il 1540 e il 1547, a destra e a sinistra, furono realizzati due dei sette baluardi previsti, mentre il vecchio cassero fu smantellato. Il bastione a destra della porta prese il nome di Baluardo di San Clemente, quello a sinistra Baluardo del Torrione con riferimento alla precedente roccaforte.

Purtroppo durante i lavori anche l’antica badia e la sua chiesa vennero rase al suolo e il danno fu grave, perché andarono perse varie opere d’arte. Secondo Giorgio Vasari, prima che la chiesa fosse “rovinata e spianata tutta”, vi si potevano ammirare molti affreschi fatti con “buon giudizio e con amore” dal principale pittore locale del Duecento, Margarito d’Arezzo, senza scordare la presenza Piero di Antonio Dei, meglio conosciuto come Bartolomeo della Gatta, che dopo aver preso i voti come monaco camaldolese giunse ad Arezzo intorno al 1470 e a San Clemente rivestì la carica di abate.

Il pittore, miniatore e architetto fiorentino, il più grande artista operante nel territorio aretino negli ultimi decenni del Quattrocento, alla sua morte avvenuta nel 1502 fu seppellito proprio a San Clemente. Ancora Vasari racconta nell’edizione delle sue “Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori” del 1568 che per la chiesa della badia il genio rinascimentale progettò e affrescò la nuova cappella maggiore, dipinse in due nicchie un “San Rocco” e un “San Bartolomeo” e costruì persino l’organo, perché Bartolomeo della Gatta “ebbe l’ingegno atto a tutte le cose”. Niente di tutto quello che abbiamo citato si salvò.

Nel 1833 Porta San Clemente fu ingrandita e ristrutturata su disegno di Lorenzo Balocchi, con linee architettoniche semplici e connotate da un arco in mattoni all’interno e un elegante bugnato sul lato esterno. Allo stesso tempo fu eliminata la nicchia che custodiva una Madonna da tempo collocata al posto di quella trecentesca in pietra scomparsa.

Nel 1717, in una abitazione di Puglia appartenuta alla famiglia Subiano, venne trovata una scultura mutilata nella parte inferiore raffigurante una “Madonna con il Bambino”, che in seguito fu trasferita nel palazzo cittadino della famiglia in via Sassoverde, oggi Casa Thevenin. Lì la ammiravano ancora Ubaldo Pasqui e Ugo Viviani quando scrissero la loro guida “Arezzo e dintorni” del 1925. La statua oggi è invece custodita nel Museo di Arte Medievale e Moderna di Arezzo ed è considerata quella trecentesca originale appartenuta alla porta.

Porta San Clemente viene attraversata ogni giorno da tanti automobilisti che entrano ed escono dall’accesso settentrionale cittadino per svariati motivi. L’accesso pedonale presente a sinistra consente invece di accedere a piedi al centro storico in sicurezza, per andare alla scoperta di una parte di città fuori dalle classiche rotte turistiche, ma ancora ricca di storia e sorprese a ogni passo.

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