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Venerdì, 19 Aprile 2024
Arezzo da amare

Arezzo da amare

A cura di Marco Botti

Piero della Francesca e quel capolavoro custodito in cattedrale: "La Maddalena"

A lungo, infatti, è stata considerata un’opera minore di Piero. Oggi la “Maddalena” è invece reputata come una delle più affascinanti figure femminili eseguite dal maestro biturgense, un “affresco perfetto”

In posizione defilata e seminascosta lungo la parete sinistra del duomo, accanto alla porta della sagrestia, la “Maddalena” di Piero della Francesca è uno dei motivi per cui gli amanti del rinascimento sanno che Arezzo è una tappa immancabile dei loro viaggi. 

Pensare che l’affresco eseguito tra il 1459 e il 1466, negli anni in cui il genio di Sansepolcro portava a compimento il ciclo della “Leggenda della Vera Croce” nella basilica di San Francesco, ha trovato la dovuta fortuna critica soltanto negli ultimi decenni. A lungo, infatti, è stata considerata un’opera minore di Piero. La maggior parte dei colti viaggiatori del Grand Tour, ad esempio, la ometteva dai diari e chi la citava, come lo scrittore francese Antoine Claude Pasquin, detto Valery, nel 1835 la definì sommessamente “discreto dipinto”. 
Oggi la “Maddalena” è invece reputata come una delle più affascinanti figure femminili eseguite dal maestro biturgense, un “affresco perfetto” secondo Marine Bellanger, a cui la rivista Up Magazine Arezzo dedicò persino la copertina nell’uscita monografica su Piero della Francesca del 2019, diventata un numero ricercato dai collezionisti di tutta Italia. 

La Maddalena di Piero della Francesca

Va detto che la collocazione non valorizzò fin da subito l’opera. A questo possiamo aggiungere che nel 1783 le venne addossato il grandioso “Cenotafio” eseguito nel 1330 dai senesi Agostino di Giovanni e Agnolo di Ventura per celebrare il defunto vescovo e signore della città Guido Tarlati, che in origine si trovava a destra dell’altare maggiore, nella cappella del Santissimo Sacramento. Il complesso marmoreo fu spostato nell’attuale posizione per volere del vescovo Niccolò Marcacci e c’è chi dice che se in quell’occasione l’affresco fosse stato staccato – ma chissà che danni avrebbero fatto a quei tempi – oggi il vicino Mudas - Museo Diocesano avrebbe la fila fuori per vederlo. 

Dato che con i “se” non si fa la storia, la “Maddalena” di Piero si trova ancora nel duomo aretino ed è, assieme al "Sigismondo Pandolfo Malatesta" nel Tempio Malatestiano di Rimini, l’unica sua opera nel mondo visibile al pubblico senza staccare un biglietto. Anche questo è un primato.

Il personaggio raffigurato è uno dei più affascinanti, indagati e complessi del Cristianesimo. Detta anche Maria di Magdala, un villaggio di pescatori sulle sponde del lago di Tiberiade, Maria Maddalena era secondo il Vangelo una donna che Gesù liberò da sette spiriti cattivi. Da allora entrò a fare parte dei discepoli più devoti e fedeli. La tradizione la vuole prostituta redenta solo perché nella pagina evangelica precedente all’episodio dell’esorcismo, riportato da Luca, si narra della conversione di una peccatrice che cosparge di olio profumato i piedi di Gesù, per poi asciugarli con i capelli. Quindi, senza nessuna connessione, Maria di Magdala è stata identificata con una prostituta anonima, creando l’equivoco che nei secoli ha influenzato anche i mondi della cultura e dell’arte. 
La Maddalena seguì Gesù fino alla fine sul Monte Calvario. Fu presente quando Giuseppe d’Arimatea depose il corpo del Signore nel sepolcro, così come fu lei a trovare la pietra rimossa che lo chiudeva. Si racconta che corse ad avvertire Pietro e Giovanni, i quali arrivarono alla tomba scoprendo l’assenza di Cristo. Mentre i due apostoli tornavano a casa, lei rimase sul posto e incontrò Gesù sotto altre sembianze, che in un secondo momento riconobbe. È l’episodio conosciuto come “Noli me tangere” (“Non mi toccare”). La prima testimone oculare della Resurrezione viene ricordata dalla Chiesa il 22 luglio. 

L’opera del duomo di Arezzo si presenta ai visitatori in buone condizioni di salute. Il primo restauro della “Maddalena” di Piero fu eseguito nella prima parte del Novecento. Un altro intervento venne effettuato da Leonetto Tintori degli anni Sessanta del secolo scorso. L’ultimo recupero importante è del 1994, condotto da Guido Botticelli sotto la direzione tecnica di Stefano Casciu, attuale direttore del Polo Museale della Toscana, che fu indispensabile per fermare il degrado allora in corso. Nell’occasione venne confermato che il pittore lavorò a fresco in sette giornate consecutive, facendo uso di uno spolvero meticoloso per il trasferimento del disegno. Come colori l’artista utilizzò terre verdi e rosse e il “bianco di San Giovanni”, un carbonato di calcio puro che rappresenta il bianco per eccellenza dell’affresco. 

Di fronte al magnetismo che trasmette l’opera non si può rimanere indifferenti. Come scriveva la compianta soprintendente di Arezzo Anna Maria Maetzke, una per cui Piero della Francesca fu quasi una ragione di vita, essa “non ha confronti con le altre figure di donna di tutta la sua carriera”. 
La santa è collocata in piedi, all’interno di un arco a tutto sesto dipinto con decorazioni e fregi formati da eleganti palmette e altri elementi. Il pittore dà profondità alla nicchia giocando mirabilmente con le colonne, i capitelli e l’arcata. 
Sullo sfondo il cielo azzurro è quasi perso perché eseguito con la tecnica a secco, così come l’aureola dorata. 
La “Maddalena” è giunonica nelle forme, straordinaria per il realismo quasi fiammingo e la naturalezza dei capelli sciolti che le coprono le spalle. Sono gli stessi che, secondo la tradizione ambigua di cui abbiamo già detto, la donna usò per asciugare i piedi di Gesù dopo averli cosparsi con l’unguento contenuto nel vaso di vetro della mano sinistra, altro simbolo iconografico tipico del personaggio, di cui l’artista accentua la resa tridimensionale e la lucentezza. 
Una diversa lettura fa riferire il recipiente a quello degli oli aromatici con cui venne unto il corpo di Cristo nel sepolcro.

Il volto leggermente girato è umanissimo per le guance appena arrossate, le labbra carnose e il collo valorizzato dalla luce che lo colpisce da sinistra. La santa ha uno sguardo dolce e pensieroso, profondo ed espressivo, certamente meno ieratico di tutte le altre figure femminili pierfrancescane. 
L’abbigliamento merita un discorso a parte. Tutta l’opera è infatti risaltata dal verde della veste e dal binomio bianco-rosso del mantello. Le pieghe e i drappeggi delle stoffe danno un volume magistrale. Con un movimento sicuro la donna tiene con la mano destra un lembo del manto rosso foderato di bianco, mentre il piede destro affiora leggermente in basso. La lieve torsione del corpo in direzione opposta al viso toglie infine gli ultimi residui di staticità alla scena. 

La “Maddalena” di Piero della Francesca è un capolavoro da cercare nel duomo come si cerca un tesoro e alla fine la ricompensa per gli occhi sarà indimenticabile.

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