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Giovedì, 25 Aprile 2024
Arezzo da amare

Arezzo da amare

A cura di Marco Botti

Olmo-San Zeno

Tesori artistici e ambientali dall'ex convento di Sargiano

Tutti i tesori che si trovano nell'ex convento di Sargiano nella ricostruzione di Marco Botti per la rubrica Arezzo da Amare

Le propaggini nord-occidentali del monte Lignano accolgono un luogo meraviglioso che, nonostante una storia lunga e travagliata, è giunto a noi conservando il suo grande fascino: l’ex convento di Sargiano. Per raggiungerlo vi basterà svoltare all’altezza del nodo viario di Olmo e seguire le indicazioni. Salirete per circa un chilometro con stupende vedute su Arezzo a sinistra, fino a raggiungere una croce lignea che dà inizio al viale intitolato al frate Stanislao Doppioni e anticipa la meta.

Alla fine del XII secolo si trovava nella zona un romitorio dipendente dalla badia delle sante Flora e Lucilla di Torrita di Olmo. Nel 1405 i Guasconi donarono all’Osservanza Francescana i terreni per realizzare un nuovo complesso conventuale, portato a compimento nella prima metà del secolo. Secondo la tradizione, riportata anche da Giorgio Vasari nelle sue “Vite” del 1468, fu Bernardino da Siena a incaricare Parri di Spinello di progettare la chiesa. 

Nel 1597 il convento passò ai frati riformati e nel 1638 vi fu fondato uno studentato di teologia e filosofia. 

L'ex convento di Sargiano

Nella seconda metà del Settecento ci furono interventi per migliorare il complesso e tra il 1763 e il 1779 la chiesa dedicata a San Giovanni Battista venne riedificata, cambiandole l’orientamento. Purtroppo andarono perse le opere nelle sue pareti, tra le quali, secondo Vasari, un affresco della seconda metà del Quattrocento di Piero della Francesca raffigurante un notturno con il “Cristo orante nell’orto” da lui definito “bellissimo”. Le soppressioni napoleoniche degli ordini religiosi portarono i frati ad abbandonare il convento nel 1810, per farvi ritorno nel 1816. Nel 1845 fu completata la preziosa libreria. Nel 1861 il complesso religioso venne confiscato dal nuovo stato italiano, ma tra il 1871 e il 1872 fu messo all’asta e riacquistato dagli stessi frati, che nel 1873 dettero il via a restauri e ampliamenti. Dal 1897 quello di Sargiano divenne l’unico studio teologico della Provincia Toscana di San Francesco Stimmatizzato e la redazione del bollettino “La Verna” e della rivista “Studi Francescani” distribuiti in tutto il mondo. Tra gli altri vi insegnò il noto predicatore Teodosio da San Detole.   

Nel 1910 fu realizzato un ulteriore piano per lo studentato. Nel 1936 sostò nel convento anche Angelo Roncalli, il futuro papa Giovanni XXIII. L’estate 1944 fu drammatica, perché i versanti di Lignano diventarono teatro di scontri tra i tedeschi e l’esercito alleato. Il furioso bombardamento aereo del 13 luglio distrusse molte parti. L’ala nord-orientale che guardava verso la città, con una torretta e le celle dei frati, andò ad esempio completamente persa. Alla fine della guerra partì la ricostruzione sotto l’egida di Raffaello Franci, frate e architetto già autore della chiesa di Saione inaugurata nel 1932. Accanto alle aree ricostruite ce ne furono altre con meno danni che vennero solo restaurate. Arrivarono persino alcune opere d’arte, come “Gesù che spezza il pane ai pellegrini di Emmaus” di Giovanni Bassan dipinto per il nuovo refettorio.  

Con la crisi delle vocazioni del secondo Novecento lo studentato andò verso il declino e negli anni Sessanta chiuse i battenti. A partire dagli anni Ottanta ci furono comunque ripetuti interventi sia al complesso religioso, sia alla parte ambientale circostante grazie agli accordi tra Provincia di Arezzo e frati minori. Nei primi anni Novanta anche il convento fu chiuso e dal 1996 al 1998 venne affidato momentaneamente ai missionari Identes. Nel 1999 i frati lo dettero in gestione all’associazione ecumenica e umanitaria Centro dell'Uomo, che ancora oggi lo utilizza per incontri, conferenze, seminari e altre attività. L’ingresso alla sede è l’accesso al convento, connotato da un porticato con colonne e capitelli in stile ionico.

L’ampia chiesa è a navata unica. L’altare maggiore presenta un “Crocifisso” seicentesco ma in precedenza al suo posto era collocato il “San Francesco” di Margarito d’Arezzo, adesso nel Museo Statale di Arte medievale e moderna di Arezzo. La celebre tavola a tempera, realizzata tra il 1260 e il 1275, proveniva forse da un’altra comunità francescana del territorio.

Nella parete sinistra il primo altare custodisce un quadro settecentesco di “Sant’Antonio da Padova” di autore anonimo, mentre il secondo altare, che era di patronato della famiglia Bacci, accoglie una statua di “Santa Elisabetta d’Ungheria”, ma in precedenza qui si trovava una “Pentecoste” cinquecentesca di Alessandro Forzori.

Il primo altare di destra, di patronato dei Burali, presenta un’immagine della pala in terracotta policroma con “San Francesco che riceve le stimmate tra San Giovanni Battista e Santa Maria Egiziaca”, assegnato in passato a Michele da Firenze e oggi a un anonimo scultore di area fiorentina della prima metà del Quattrocento. L’originale si può ammirare adesso nel santuario della Verna, all’interno della cappella di San Pietro d’Alcantara. Nel secondo altare di destra, di patronato degli Albergotti, si trova una statua della “Madonna” al posto dalla grande terracotta invetriata raffigurante la “Madonna con il Bambino tra i santi Giuliano e Sebastiano” degli ultimi anni del XV secolo. Un'altra robbiana più piccola, proveniente da un ambiente del convento e realizzata nei primo decennio del Cinquecento, rappresenta invece “San Francesco che riceve le stimmate”. Entrambe le opere sono attribuite alla bottega di Andrea della Robbia e si trovano nel Museo Statale di Arte medievale e moderna.

Scomparsi sono purtroppo due dipinti di inizio Cinquecento ricordati da Vasari, ovvero una tavola di Domenico Pecori della quale l’aretino indica genericamente la presenza di tre figure e una tavola con “L’Assunzione con San Tommaso che riceve la cintola dalla Madonna, San Francesco, San Lodovico, San Giovanni Battista e Santa Elisabetta d’Ungheria” di Niccolò Soggi. Degno di nota è anche l'affresco situato nel chiostro maggiore del convento con “Gesù servito dagli angeli nel deserto" di Giovanni da San Giovanni della prima metà del Seicento. Va infine ricordato che nel 1808 fu trasferita a Sargiano la bella “Annunciazione con i santi Francesco, Tommaso, Stefano e Chiara” di Guillaume de Marcillat proveniente dal soppresso monastero di Santa Margherita all’incrocio tra via Porta Buia e via Garibaldi, oggi nel Museo della Verna.   

Dal 1998 il bosco delimitato dalle mura conventuali è stato nominato “Area naturale protetta di interesse locale”. Grazie alla cura secolare dei frati e all’impegno degli ultimi decenni di Provincia e Comune di Arezzo, oggi è un habitat di notevole valore dove flora e fauna convivono in armonia. All’inizio del viale che porta al convento da notare anche il “Leccio di Gnicche”, davanti al quale il brigante Federigo Bobini, detto Gnicche, l’8 gennaio 1871 uccise il contadino Cesare Fracassi. Salendo altri 600 metri verso Lignano si incontra infine una quercia soprannominata “Albero delle Chiappe”, che durante la guerra fu colpita da una scheggia di granata ma invece di morire crebbe con due protuberanze simili a un sedere ben tornito. Con questo nome apparve nella storia di chiusura del libro di autori vari “Zibaldone Aretino vol. 2”, edito da Cartaria Aretina nel 2017.

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