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Arezzo da amare

Arezzo da amare

A cura di Marco Botti

La croce di Lignano, terrazza sul territorio aretino

Favalto, L’Alpe di Poti, l’Alpe di Catenaia, Monte Falco e Falterona, il Pratomagno, Amiata e Cetona, l’Alta di Sant’Egidio, persino un lembo del lago Trasimeno. In qualunque direzione si guardi, soprattutto nelle giornate terse, quasi nulla rimane celato all’occhio di Lignano. Nuovo approfondimento della rubrica Arezzo da Amare a cura di Marco Botti

“Quando Lignano mette il cappello, aretini aprite l’ombrello”. Quante volte abbiamo sentito dire dalle persone più anziane questo proverbio, quando le nuvole avvolgono la cima del monte.

Assieme a Poti, Lignano è la montagna per eccellenza di Arezzo. Da sud il complesso montuoso è una sentinella vigile sulla città e ospita il suo parco comunale più grande. La cima, a circa 836 metri s.l.m., è una terrazza naturale da cui si gode a 360 gradi di panorami d’incomparabile bellezza. Dalla vetta si domina sulla città e sull’intera Val di Chiana, ma lo sguardo si perde anche verso l’Appennino tosco-romagnolo, il Casentino e il Valdarno.

La Croce di Lignano

Favalto, L’Alpe di Poti, l’Alpe di Catenaia, Monte Falco e Falterona, il Pratomagno, Amiata e Cetona, l’Alta di Sant’Egidio, persino un lembo del lago Trasimeno. In qualunque direzione si guardi, soprattutto nelle giornate terse, quasi nulla rimane celato all’occhio di Lignano, il cui nome potrebbe alludere alle riserve di legname sfruttate fin dal periodo etrusco, anche se la tesi più accettata lo fa derivare dall’antroponimo Allenius, con riferimento a chi, in epoca romana, possedeva proprietà terriere nella zona. Così sosteneva ad esempio Silvano Pieri.

Con il fenomeno dell’incastellamento medievale e il progressivo impaludamento della Val di Chiana, il versante sud-occidentale di Lignano ospitò per secoli le popolazioni trasferitesi dalla pianura divenuta meno sicura e malsana, come si può ravvisare dalle piccole frazioni comunali che da Olmo a Vitiano hanno il loro nucleo storico più a monte.

Dal XVI secolo, man mano che andava avanti la bonifica della valle, si assistette a un graduale e lento abbandono del complesso montuoso, anche se continuò l’utilizzo dell’area per il pascolo del bestiame che gradualmente impoverì il suolo assieme allo sfruttamento incontrollato dei boschi. Nell’Ottocento Lignano risultava ormai quasi privo di alta vegetazione.

Nel 1914 il parroco di Rigutino don Ferruccio Bigi, futuro canonico della Pieve di Arezzo e “rabdomante” dell’arte aretina per la sua capacità di trovare sotto le pareti scialbate delle chiese molti affreschi del XIV e XV secolo, ricevette un encomio dall’associazione nazionale Pro Montibus et Sylvis, che in quel periodo sosteneva la riforestazione in tutto il territorio italiano. Il sacerdote stava portando avanti, con il contributo del Comune di Arezzo, una consistente opera di rimboschimento delle aree montane più vicine alla frazione, che fu proseguita da altri anche negli anni Venti e Trenta.

Con il secondo conflitto mondiale Lignano divenne un’importante zona strategica e luogo di scontri, soprattutto nella prima metà del luglio 1944. I tedeschi si appostarono sul monte nel tentativo di arginare l’avanzata degli alleati – in particolare del XIII Corpo Britannico – che ormai stavano liberando i vari comuni della Val di Chiana e puntavano dritti sulla città. Da lì, infatti, il controllo sul territorio era totale e le batterie potevano colpire i nemici in avvicinamento. La svolta ci fu dal 12 luglio, con i bombardamenti dall’alto che per tre giorni offuscarono il cielo. A questi si aggiunsero le fondamentali incursioni all’arma bianca della II Divisione Neozelandese e della IV Divisione Indiana, che portarono le unità del LXXVI Panzer Korps e della XV Panzergrenadier Division a perdere la montagna il 15 luglio. Il giorno dopo arrivò l’agognata liberazione di Arezzo dal giogo nazifascista, con l’entrata nel centro dei partigiani e delle truppe alleate.

Ancora oggi si osservano alcune postazioni tedesche realizzate con le pietre del luogo.

La ripresa del monte nel dopoguerra fu lenta. La svolta arrivò nel 1965, quando il Comune prospettò la creazione di un grande parco naturale, occupando in parte quelle che dal medioevo al 1774, anno della soppressione del comunello rurale di Rigutino, erano state le sue “comunaglie”, come spiega Santino Gallorini nel suo monumentale volume “Rigutino. L’antica Bricianum” del 1996. Le comunaglie erano i terreni il cui godimento promiscuo era di diritto collettivo degli abitanti della zona, che li usavano per il pascolo degli animali o per lo sfruttamento del legname, dei frutti del bosco e per le coltivazioni.

I lavori andarono avanti per un decennio e il 10 maggio 1975 ci fu l’inaugurazione del Parco Comunale di Lignano, raggiungibile a piedi e in bici grazie a una fitta rete di sentieri, che consente di arrivare sul luogo da tutti i versanti e da varie località. Con l’auto si giunge al parco tramite la strada panoramica che partendo da Rigutino arriva ai parcheggi del Podere Rigutinelli. Lì il visitatore trova il punto di ristoro ricavato da una stupenda casa colonica, le aree attrezzate per pic-nic con tavoli, barbecue e area giochi, un percorso botanico e ampie recinzioni per conoscere in sicurezza la fauna europea.

La strada panoramica continua poi a salire raggiungendo una seconda area per i pranzi all’aria aperta, prossima al punto detto Le Cinque Vie, da dove si può valicare con l’auto verso Gragnone e la valle del Bagnoro. A destra la strada bianca conduce invece a Frugnolo, mentre a sinistra un tragitto di circa due chilometri lungo il crinale porta verso la cima di Lignano.

Tutto il cammino da ora in avanti è scandito dalla “Via Crucis” realizzata agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso grazie al finanziamento della rigutinese Maria Gloria Bigi. Le stazioni sono in cemento armato, mentre le scene sono in terracotta. Dopo cinquecento metri di cammino, affacciata sulla Val di Chiana, si può ammirare all’interno della boscaglia una delle postazioni belliche tedesche più interessanti tra quelle superstiti. Un’altra è visibile settecento metri più avanti.

Nell’ultimo mezzo chilometro verso la vetta la difficoltà di percorrenza aumenta di pari passo con la pendenza, ma è anche il tratto da cui si ammirano gli scorci più suggestivi, frequentati in ogni stagione dagli amanti delle arrampicate a piedi e in bici. Nel 2021 è nato persino un gruppo, Monte Lignano Bikers, che contribuisce a valorizzare e tenere in ordine gli itinerari che fanno la gioia di ciclisti, escursionisti e amanti del trail running.

Arrivati alla meta, i panorami strabilianti fanno subito dimenticare la fatica accumulata nella parte finale in salita.

Nel 1974 la parrocchia di Rigutino, guidata da don Virgilio Annetti, fece sistemare sulla cima una croce di legno alta 12 metri e l’anno dopo venne inaugurato un altare con una lapide marmorea a ricordo dell’anno santo 1975. Nel 1986 fu aggiunto il bassorilievo in pietra di Lamberto Giusti con la “Madonna di Lignano”. Il 10 giugno 1990 la croce lignea venne sostituita da quella in ferro, molto più resistente. La staccionata in legno di castagno che coronava l’altare, ormai deteriorata, fu infine restaurata assieme alla scalinata in pietra nel 2021 grazie a un gruppo di volontari di Rigutino, che tra le frazioni di Arezzo sviluppatesi alle pendici del monte è quella che sente più forte il legame con Lignano.

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