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Arezzo da amare

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A cura di Marco Botti

Aretino di nascita e per vocazione. Dal 2004 sono giornalista culturale, nonché addetto stampa e curatore di mostre ed eventi. La mia attività è rivolta principalmente, fin dall’inizio della carriera, al mondo delle arti visive. Credo nella natura divina dei Beatles

Arezzo da amare Giovi-Chiassa

La pace e la poesia all'ombra della chiesa di Santa Maria Assunta di Giovi

Nella piazza del paese, l’elemento che cattura subito l’attenzione è la chiesa di Santa Maria Assunta, in posizione rialzata, con la sua caratteristica torre campanaria merlata.

Chi cerca la pace, gli angoli poetici, la forza e la bellezza della natura, sa che a Giovi potrà trovare tutto questo.

Il borgo incastonato proprio dove il fiume Arno fa una grande curva verso Firenze e “torce il muso” agli aretini, come scriveva Dante Alighieri del XIV Canto del Purgatorio, negli ultimi anni è stato oggetto di riscoperta sempre crescente, grazie anche alla nascita della Pro Loco Intra Chiassa et Arno e del progetto/gruppo La Scuola del Fiume, che stanno portando avanti un lavoro egregio per il recupero e la valorizzazione della storia, delle tradizioni e dell’ambiente che riguardano il corso del torrente Chiassa e la zona in cui esso si getta nel principale fiume toscano.

Arrivati nella piazza del paese, l’elemento che cattura subito l’attenzione è la chiesa di Santa Maria Assunta, in posizione rialzata, con la sua caratteristica torre campanaria merlata. 

L’edificio parrocchiale in origine apparteneva al castello di Giovi, sorto tra l’XI e i primi decenni del XII secolo in posizione strategica sulle scogliere dell’Arno e della Chiassa, ampliato nel XIII secolo, le cui tracce sono visibili in molte abitazioni del nucleo storico della frazione. L’edificio religioso, secondo una tradizione, fu realizzato sui resti di un tempio dedicato a Giove.

La Chiesa di Santa Maria Assunta a Giovi

Alla chiesa si accedeva subito dopo essere entrati dalla porta principale del fortilizio, oggi conosciuta come la “Portaccia”. Secondo l’ex parroco Dario Caccialupi, che ai territori di Giovi e Petrognano dedicò un libro nel 2003, il primo oratorio del castello si trovava a un livello inferiore rispetto all’attuale edificio. Fu grazie ai lavori di ampliamento trecenteschi, che portarono alla riconsacrazione nel 1370, che la chiesa venne realizzata a un piano superiore, sfruttando parte delle fortificazioni. Era a navata unica, orientata a est, quindi con il presbiterio dalla parte opposta rispetto a oggi. Così rimase fino al 1507, quando terminarono i lavori di trasformazione che spostarono l’altare maggiore a ovest e invertirono l’orientamento del luogo religioso. Agli inizi del Seicento acquisì il titolo di chiesa battesimale dalla pieve di Santo Stefano alla Chiassa, ormai ridotta a rudere.

Le più note famiglie che ebbero patronato sull’edificio sono i Catani o Catanei di Petrognano, i Roselli di Arezzo e i Peruzzi de’ Medici di Firenze, nominati ripetutamente nelle varie visite pastorali effettuate nei secoli. Questi ultimi sono ancora ricordati dallo stemma posto sulla facciata. Solo come Peruzzi la potente famiglia fiorentina è attestata a Giovi già dal XIV secolo. 

Tra il 1906 e il 1920 la chiesa guidata dal parroco Carlo Menchetti, ormai in condizioni pessime e priva del campanile a vela quasi disintegrato nel 1904 da un fulmine, fu al centro di una profonda trasformazione su progetto di Pilade Ghiandai, autore anche delle nuove chiese parrocchiali di Rigutino e Sant’Andrea a Pigli. L’edificio neomedievale a croce latina, con due grandi cappelle laterali in stile neogotico, andava a integrarsi con i resti del castello medievale, a partire dal nuovo campanile turrito. Il comitato di ricostruzione aveva come presidente il conte Lorenzo Mancini, marito di Giuseppina Giorgi, una delle più celebri amanti di Gabriele D’Annunzio, che possedeva la villa di campagna in località Palazzetti di Petrognano. 

Ultimata la torre campanaria con la caratteristica merlatura alla guelfa, partirono i lavori alla chiesa con la rimozione della scala interna alla cerchia muraria più antica e la realizzazione di quella nuova esterna, che portarono all’abbattimento di una porzione di mura castellane. Nel 1913 ci fu la riapertura, ma i lavori di ultimazione proseguirono ancora per qualche anno. Con la fine della Prima Guerra Mondiale, infatti, vennero sistemate le cappelle disegnate da Umberto Tavanti e scolpite da Sigismondo Burroni, sempre in stile neogotico. Le decorazioni pittoriche furono affidate ad Aldo Dragoni e Giuseppe Pasquini

Il 15 agosto 1920, giorno dell’Assunzione, la nuova chiesa venne consacrata dal vescovo Emanuele Mignone, Nel 1925 il campanile fu dotato di orologio e nei primi anni Trenta arrivò in dote anche il piccolo battistero accanto alla cappella di sinistra, oggi trasformato in cappellina per le confessioni. Il fonte battesimale fu opera di Giuseppe e Mario Fabbroni

Durante la Seconda Guerra Mondiale la parte apicale del campanile e la canonica vennero rovinati, ma furono prontamente ricostruiti al termine del conflitto. Di quel momento restano delle preziose immagini appartenute al parroco di allora. Nel 1982 venne rinnovato il pavimento e in vista del Giubileo del 2000 furono fatti restauri e apportati nuovi accorgimenti all’interno, come il trasferimento del 1999 del fonte battesimale subito prima del presbiterio, sormontato dal 2001 dalla tela con il “Battesimo di Gesù” di Grazia Santagati.  

Una visita al patrimonio di arte sacra custodito nella chiesa di Giovi porta a scoprire opere di varie epoche.

Appena entrati, sulla sinistra, si ammira subito l’acquasantiera ricavata da un capitello dell’VIII/IX secolo proveniente dall’antica pieve di Santo Stefano alla Chiassa, donato nel 2000 dalla famiglia Nannoni. Sulla parete destra è invece sistemata la monumentale “Ultima cena” di Mario Gallorini, formata da tredici pannelli dipinti con colori acrilici, donata dal pittore e ceramista aretino nel 2011. Proseguendo si arriva alle cappelle laterali. Quella del transetto sinistro è dedicata al Sacro Cuore, con la statua in gesso policromo di Gesù. Da notare, sopra alla porta di accesso laterale, un’opera settecentesca double face, con “San Rocco” da un lato e la “Madonna Assunta” dall’altro, utilizzata in passato a scopo processionale. La cappella del transetto di destra è dedicata alla Madonna e prima della sua trasformazione era l’accesso alla sede della soppressa Compagnia di Santa Maria Assunta. Qui venne collocato anche il Monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale di Sigismondo Burroni. 

Il nuovo altare maggiore fu realizzato nel 2000 utilizzando la mensa del 1370, a cui furono aggiunti gli archetti neogotici provenienti dalla cappella del Seminario di Arezzo, anche questi eseguiti da Burroni, una presenza costante nella lavorazione artistica della pietra ad Arezzo nei primi decenni del Novecento. Il “Crocifisso” che campeggia sull’altare è settecentesco. 

La zona presbiteriale è completata dall’immagine settecentesca di “San Macario” a sinistra e dalla tela seicentesca con la “Madonna Assunta” a destra, entrambe di autori anonimi. Dulcis in fundo, con i lavori di primo Novecento il pulpito cinquecentesco in noce venne smontato e riadattato a bellissimo ambone. 

La chiesa di Santa Maria Assunta è la base di partenza ideale per andare alla scoperta della storia e degli edifici di vari periodi che caratterizzano Giovi, prima di scendere verso la dantesca ansa dell’Arno, dove lasciarsi cullare dai ricordi e dalla colonna sonora della natura, che qui raggiunge livelli difficilmente raggiungibili altrove. 

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