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Arezzo costume e società

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A cura di Gianni Brunacci

Cos'è stato capace di fare l'uomo. Non dimentichiamolo

Una punizione per chi “sgarrava” era vivere per una settimana sottoterra, in una cella di un metro quadrato in quattro prigionieri (in quattro!). Provate un attimo a pensare cos’è stato

Sono passati molti anni ormai, era la prima metà degli anni Novanta quando durante un viaggio itinerante raggiunsi Auschwitz.

Era estate, ma la mia immagine di quel luogo è tutt’ora legata alla omonima canzone di Francesco Guccini nella quale si dice che “C’era la neve e il fumo saliva lento…”. In effetti è un’immagine che si addice a un luogo freddo a prescindere; piatto e quasi deserto. File di case simili alle nostre popolari (in mattoni) hanno ospitato migliaia di persone fatte prigioniere e in molti casi uccise, nelle camere a gas, o a fucilate contro un muro che ne porta ancora i segni. I loro corpi sparivano, inceneriti nei forni crematori. Shlomo Venezia, romano ebreo che proprio lì dentro svuotava le camere a gas dai cadaveri, ricordò quella vita senza cuore anche a noi aretini, qualche anno fa al teatro Bicchieraia.

Le foto rubate e gli abiti raccolti in alcune stanze, come le protesi o le valige, sono lì a ricordarci che si è trattato di qualcosa di reale, tangibile.

Una punizione per chi “sgarrava” era vivere per una settimana sottoterra, in una cella di un metro quadrato in quattro prigionieri (in quattro!). Provate un attimo a pensare cos’è stato.

Gli scalini sono consumati in due punti, tante sono state le volte che i prigionieri li hanno saliti o discesi in fila per due.

Se poi ti capita di incontrare un signore che c’è stato, di quelli col numero tatuato sul braccio, i brividi che non può non provare il visitatore non possono che aumentare di intensità.

Il giorno della Memoria vuol ricordare quello che l’uomo è stato capace di fare, soprattutto dentro quei campi di sterminio. Ormai coloro che sono in grado di ricordare quei momenti sono pochi, se non altro per ragioni anagrafiche, e allora diventa ancora più importante ricordare, affinché non si ripeta.

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