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Redazione

Arezzo prima e dopo il 4 marzo 2018

Dopo una lunga storia di sinistra moderata, la nostra città è da tempo (dal 1999) una città divisa alla pari tra centro destra e centro sinistra. Da allora nelle elezioni amministrative si sono succeduti al comando sindaci simili tra loro, anche...

Dopo una lunga storia di sinistra moderata, la nostra città è da tempo (dal 1999) una città divisa alla pari tra centro destra e centro sinistra. Da allora nelle elezioni amministrative si sono succeduti al comando sindaci simili tra loro, anche se appartenenti a aree politiche diverse.

Ricci, Lucherini, G. Fanfani e oggi Ghinelli, sono tutti liberi professionisti di successo e di età sempre superiore ai sessanta anni. Questo per dire che gli aretini non sono estremisti e prediligono persone rassicuranti. Arezzo è una città dove una miriade di medio - piccole aziende e un gran numero di liberi professionisti tengono ben vivo il centrodestra, ma vogliono anche avere un piede nella propria storia/tradizione familiare.

Alle elezioni politiche il PD (da quando esiste) è sempre stato il primo riferimento per gli aretini (e ancora oggi è il primo partito, pur nell’insuccesso).

Nel tempo i potenti (nei partiti, ma anche tra le massonerie e l’Opus Dei) hanno tessuto reti inaccessibili dall’esterno e pian piano è montato un moto di protesta silenziosa, ma forte, che avrebbe visto di buon occhio chiunque fosse arrivato a smontare tutto; ad abbattere i recinti dei privilegi inaccessibili a troppi.

In questo quadro ha trovato terreno fertile l’ascesa di Renzi, che pareva garantire l’uscita di scena di certe cariatidi (a livello nazionale, ma anche locale) e la fine di certe clientele formatesi in decine e decine d’anni nei luoghi di potere (Banca Etruria tra questi).

Oggi le grandi fabbriche di un tempo non esistono più o sono seriamente ridimensionate. I serbatoi di voti costituiti da migliaia e migliaia di operai (catechizzati dai sindacati) al lavoro presso la Uno A Erre, piuttosto che La Lebole, le varie Del Tongo ecc. sono venuti meno. Sono diminuiti molto di numero, ma soprattutto sono ora distribuiti tra piccole aziende e in piccolissimi gruppi, spesso di lavoratori precari (a termine) .

Anche i dipendenti dei piccoli artigiani e gli stessi titolari di bottega sono soggetti da includere ormai spesso tra i precari.

Proprio la precarietà del lavoro in una piazza nella quale si era abituati alla ricchezza (addirittura giunta al 4° posto tra le città più ricche in Italia nei primi anni novanta) ha aperto le porte al malcontento, acuitosi proprio durante gli anni migliori di Renzi. Un Renzi che non ha saputo dare agli aretini (e non soltanto) quello che chiedevano, cioè un futuro migliore e una ripresa del livello dei denari nelle loro tasche.

Siccome le chiacchiere non fanno farina e gli aretini sono più pratici e realisti del re, nel giro di pochi anni hanno progressivamente, ma inesorabilmente voltato le spalle a Renzi e ai suoi. Non del tutto, sia chiaro, e anche le percentuali di voto attuali lo confermano, ma in maniera decisiva.

In questo percorso si è innestata la morte di Banca Etruria, il centro degli interessi di molti aretini, che più o meno decisamente è stata attribuita (ndr: credo sbagliando) alla famiglia Boschi, proprio per attaccare Renzi.

La precarietà del PD ad Arezzo è diventata così conclamata.

Da gente pratica quale siamo dalle nostre parti, in città si era spesso dato un voto ritenuto utile, a destra o sinistra che fosse. I 5Stelle e la Lega ad Arezzo non erano mai stati considerati come un’opzione possibile fino al 4 marzo 2018, quando il trend nazionale ha fatto pensare a molti che un ribaltone potesse essere possibile.

Ed ecco che la Lega è arrivata a un 20% sconosciuto in queste terre, e i 5 Stelle si sono affacciati davvero nel panorama politico aretino.

Il PD è ancora il primo partito, come scrivevo sopra, ma senza potere alcuno. I parlamentari democratici uscenti sono scomparsi all’orizzonte e i pochi eletti tra le file dei 5Stelle, della Lega e di Forza Italia (che ha un buon serbatoio ad Arezzo) non sono aretini e hanno poco a che vedere con i miei concittadini; niente (per fortuna) con i potentati (o ex tali) locali.

Di certo ad Arezzo (ma l’impressione è che sia così anche per il resto d’Italia) è finita un’epoca.

Qui certe reti di potere sono ormai solo dei gruppetti di pensionati intorno a caminetti accesi (non si sa per quanto ancora) e a differenza di quel che avviene con le mafie, niente pare arrivare in sostituzione.

La città è in attesa di qualcosa senza sapere bene di cosa. Un mondo è scomparso, ma quello nuovo non è ancora nato.

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