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A cura di Tiziana Nocentini

Il massacro del Mulinaccio, una strage che non ha ancora un perché

Oggi 3 luglio si è svolta alle 9,30 la messa per ricordare le vittime della strage presso il monumento ai caduti inaugurato nei primi anni cinquanta

Era la sera del 6 luglio del 1944, dopo dieci giorni Arezzo sarebbe stata liberata. Quindici gli uomini che furono fucilati senza un perché. Come ogni giorno, stavano lavorando nei campi adiacenti al casolare il Mulinaccio. I Roggi, i Bianchi, i Martini ma anche le famiglie di sfollati che davano una mano come i Chimenti, Pelini, Vestrucci e Romanelli. I soldati tedeschi, che si trovavano in zona, nei giorni precedenti si erano recati al casolare instaurando buoni rapporti ma il 6 luglio la casa colonica fu circondata. Gli uomini furono messi in fila, minacciati con i fucili, e portati lungo il Castro. I colpi delle mitraglie prima colpirono le gambe e poi i toraci. Quindici le vittime, tutti uomini. Le donne dopo le grida di disperazione aspettarono invano il rientro dei loro cari. La mattina seguente un tedesco tornò al casolare e invitò donne e vecchi a lasciare l’abitazione. Oggi 3 luglio si è svolta alle 9,30 la messa per ricordare le vittime della strage presso il monumento ai caduti inaugurato nei primi anni cinquanta che rappresenta un obelisco dove sono poste le foto delle vittime. Riporta la scritta "ricordo perenne dei 15 trucidati dalle orde tedesche in fuga in questo medesimo luogo la sera del 6 luglio 1944. Possa l'estremo sacrificio di loro inermi e innocenti segnare agli uomini la via della fraternità e della pace".

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