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Caffè e rischio di infarto, c'è una novità per gli amanti della caffeina

Un importate studio della Semmelweis University di Budapest (Ungheria) ha riscontrato che una certa dose quotidiana di caffè è associata a un minor rischio di malattie cardiache fatali

Bere caffè fa bene o fa male? Si considera che il caffè sia tra le bevande più consumate al mondo. Quotidianamente centinaia di milioni di persone usano la caffeina per svegliarsi ed affrontareal meglio il nuovo giorno. Oltre al suo potere energizzante, il caffè però fa anche molte bene alla salute per via dei nutrienti che contiene: tra questi i polifenoli (con capacità antiossidanti e antinfiammatorie), la riboflavina (importante per il metabolismo energetico), la vitamina B5 (coinvolta nei meccanismi di protezione di pelle e capelli), minerali, quali manganese, potassio e magnesio, essenziali per il buon funzionamento dell’organismo. Sono moltii gli studi che hanno dimostrato che i consumatori abituali di caffè sono esposti a un rischio più basso di contrarre il diabete di tipo 2, il morbo di Alzheimer, la cirrosi epatica e la depressione. Secondo altre ricerche, il caffè riduce il rischio di contrarre il cancro del fegato e del colon-retto, e corre un rischio inferiore di morte prematura.

Tutti questi effetti benefici del caffè sulla salute sono stati confermati da un ampio e recente studio condotto dalla Semmelweis University di Budapest (Ungheria). I risultati suggeriscono che da 0,5 a 3 tazze di caffè al giorno sono state associate in modo indipendente a minori rischi di ictus, morte per malattie cardiovascolari e morte per qualsiasi causa. Inoltre, è emerso che i consumatori abituali di caffè hanno cuori più sani e funzionati. Si tratta del più grande studio per valutare sistematicamente gli effetti cardiovascolari del consumo regolare di caffè in una popolazione senza malattie cardiache diagnosticate.

Lo studio

Lo studio ha incluso 468.629 partecipanti della UK Biobank senza segni di malattie cardiache al momento del reclutamento. L'età media era di 56,2 anni e il 55,8% erano donne. I partecipanti sono stati divisi in tre gruppi in base alla loro assunzione abituale di caffè: 1nessuno (non consuma caffè regolarmente, 22,1%), da leggero a moderato (0,5-3 tazze/giorno, 58,4%) e alto (più di 3 tazze/giorno, 19,5%). I ricercatori hanno osservato l’associazione tra consumo giornaliero di caffè ed effetti cardiovascolari in un arco temporale di 10-15 anni. La ricerca ha tenuto conto anche dei fattori che potrebbero influenzare la relazione tra cui età, sesso, peso, altezza, abitudine al fumo, attività fisica, ipertensione, diabete, livello di colesterolo, stato socioeconomico e consumo abituale di alcol, carne, tè, frutta e la verdura.

I risultati

Rispetto ai non bevitori di caffè, il consumo da leggero a moderato è stato associato a un rischio inferiore del 12% di morte per tutte le cause, rischio inferiore del 17% di morte per malattie cardiovascolari e rischio inferiore del 21% di ictus incidente. Per esaminare i potenziali meccanismi sottostanti, i ricercatori hanno analizzato l'associazione tra l'assunzione giornaliera di caffè e la struttura e la funzione del cuore in un arco temporale medio di 11 anni.

I consumatori abituali di caffè hanno cuori più sani e funzionati 

I ricercatori hanno utilizzato i dati di 30.650 partecipanti sottoposti a risonanza magnetica cardiaca (MRI), considerata il gold standard per la valutazione della struttura e della funzione cardiaca. "L'analisi delle immagini - ha affermato l'autore dello studio Dr. Judit Simon, dell'Heart and Vascular Centre, Semmelweis University -  indicano che rispetto ai partecipanti che non bevevano caffè regolarmente, i consumatori giornalieri avevano cuori di dimensioni più sane e meglio funzionanti. Ciò era coerente con l'inversione degli effetti dannosi dell'invecchiamento sul cuore". "I nostri risultati suggeriscono che il consumo di caffè fino a 3 tazze al giorno è associato a esiti cardiovascolari favorevoli. Sebbene siano necessari ulteriori studi per spiegare i meccanismi sottostanti, i benefici osservati potrebbero essere in parte spiegati da alterazioni positive nella struttura e nella funzione cardiaca”, ha concluso l’esperto.

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