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Duemila chilometri a piedi per lottare contro la malattia: Michele e il suo "viaggio da sclero"

Tappe nell'Aretino per il 44enne malato di sclerosi multipla che lo scorso anno è partito da Valpolicella per compiere una grande impresa: raggiungere Santa Maria di Leuca, in Puglia, e lanciare un messaggio di speranza.

La sveglia di Michele suona alcune ore prima che sorga il sole. E' troppo caldo per camminare durante il giorno e, per compiere la sua impresa, ha deciso di approfittare del fresco prima dell'alba. Così si alza, si prepara e parte. Il suo punto d'arrivo sarà Santa Maria di Leuca in Puglia. Quello di partenza, invece era in Veneto: Valdobbiadene per la precisione, "patria del prosecco", sottolinea sorridendo. Sulle spalle ha uno zaino carico di voglia di vivere e di lottare contro la malattia, di resilienza e di speranza. "Perché questo è un viaggio da sclero" spiega. E non è solo un modo di dire. Michele infatti ha la sclerosi multipla: ha scoperto di essere malato pochi anni fa. Da allora la sua vita è cambiata completamente e la sua voglia di non arrendersi lo ha portato a compiere un'impresa titanica: un viaggio a piedi di circa 2mila chilometri attraverso tutta Italia.

Proprio in questi giorni si trova in Toscana. Ieri sera ha fatto il suo ingresso a Subbiano, dove ha trovato un incredibile "comitato di accoglienza": "C'era il sindaco e c'erano le tv", racconta. Domani sarà ad Arezzo, poi Castiglion Fiorentino e Cortona. Lascerà la provincia il 2 giugno, non prima però di aver cercato di trasmettere a più persone possibili il suo messaggio: "voglio far conoscere a chi incontrerò cosa significa non arrendersi e spero di aiutare la gente a riscoprire l'importanza delle piccole cose. E poi vorrei visitare luoghi che probabilmente non la malattia non mi pemetterà più di vedere".

La storia di Michele

Michele Agostinetto ha 44 anni e coraggio da vendere. Dopo che ha scoperto di essere malato si è trovato subito a fare i conti con i pesanti sintomi della sclerosi: "questa malattia mi ha tenuto per un anno quasi tutto il giorno fermo sul divano. Per mesi mi ha impedito di vivere normalmente, insegnandomi i dolori fisici e quelli mentali. Ma soprattutto mi ha fatto vivere nel terrore che io non riuscissi più a sollevarmi e ripartire". Poi i medici hanno trovato la cura più adatta per lui: "Pian piano mi sono rialzato e sono tornato a camminare. Da allora ho deciso di resistere e lottare a modo mio". 

Come? Ponendosi un obiettivo davvero grande: camminare da solo per duemila chilometri, da Valdobbiadene città natale del babbo, a Santa Maria di Leuca dove è nata la mamma. "Mi sono allenato per un anno: camminavo 10 chilometri al giorno e pianificavo il viaggio da sclero". La malattia ha impedito al 44enne di proseguire nella sua attività lavorativa: aveva un negozio di telefonia e lo ha chiuso proprio durante la pandemia. "Avevo in cantiere altri progetti lavorativi - spiega - ma li ho abbandonati sul nascere, perché stavo male". E' però riuscito a dare il via ad una raccolta fondi, per permettersi questa lunga impresa. "Ho raccolto circa 7mila euro - dice - per partire e pagare di volta in volta gli alloggi". Ma sulla sua strada ha incontrato anche tanta disponibilità, solidarietà ed amicizia. 

Michele e il suo "viaggio da sclero"

L'avventura in Toscana e l'amicizia con vigili del fuoco e carabinieri forestali

L'ingresso in Toscana lo scorso 25 maggio è stato all'insegna dell'avventura: "La sera prima ero a Santa Sofia - spiega - ultimo baluardo di Romagna prima di passare il confine. Purtroppo mi sono perso: ho camminato per ore e non sapevo più come fare. Ho avuto paura. Poi ho incrociato un pastore. La sua auto era a poca distanza e mi ha accompagnato fino a Bagno di Romagna. Da lì la mi avventura è proseguita".

Ad accompagnarlo volontariamente nella tappa successiva è stato dapprima un vigile del fuoco aretino, al quale (a causa di un guasto all'auto) si è affiancato un secondo vigile del fuoco, questa volta di Sansepolcro. La meta era il santuario della Verna: "Dovevo camminare per tanti chilometri e mi hanno spiegato che nelle mie condizioni l'ultimo tratto fino al santuario era sconsigliato. Stavo valutando se cambiare i piani fin quando si è aggiunto al nostro gruppo un terzo vigile del fuoco che ha deciso di accompagnarmi nel tratto finale. E' stata un'accoglienza commovente". Altrettanto toccante la tappa successiva, dalla Verna a Subbiano. "Si, perché alla Verna ho incontrato quattro carabinieri forestali che quando hanno conosciuto la mia storia si sono offerti di percorrere la tappa successiva insieme me. Hanno chiesto le autorizzazioni e mi hanno affiancato. E' stato un viaggio straordinario, li ringrazio tanto e non nego che al momento dei saluti mi sono salite le lacrime agli occhi". 

Quel viaggio che Michele doveva fare da solo, infatti, sta diventando una continua scoperta di luoghi e di persone. "C'è chi mi segue sul sito e mi attende con del cibo lungo il percorso. Oppure chi mi segue su Facebook: una volta avevo scritto su un post che avevo dolore a un ginocchio e la mattina dopo, lungo la strada si è presentata una ragazza con un gel per lenire i dolori. E poi c'è l'accoglienza delle istuzioni: non avrei mai immaginato di conoscere così tanti sindaci". Di episodi come questi Michele ne potrebbe raccontare mille. E quel bagaglio che alla partenza era pieno di stanchezza, instabilità, perdita della forza e intolleranza al caldo, si sta facendo ancora più grande per contenere i ricordi di questo incredibile viaggio da sclero.

"Non so quando arriverò in fondo e se ce la farò. Il supporto più grande è quello della mia compagna che mi aiuta a non mollare. Comunque vada però io sento di aver già vinto: perché tanti malati come me mi scrivono per dirmi che li ho ispirati, che guardano la vita e la malattia in modo diverso dopo aver conosciuto la mia storia e che si sono rialzati e sono riusciti a fare qualche passo".

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