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"Un monte di colore": a Monte San Savino i migranti collaborano alla cura dei beni pubblici

Si chiama “Un Monte di Colore” ed è il risultato di un patto di collaborazione fra il Comune di Monte San Savino e le associazioni che nel territorio comunale gestiscono i CAS (Centri Accoglienza Straordinaria) in cui sono ospitati i migranti che...

Si chiama “Un Monte di Colore” ed è il risultato di un patto di collaborazione fra il Comune di Monte San Savino e le associazioni che nel territorio comunale gestiscono i CAS (Centri Accoglienza Straordinaria) in cui sono ospitati i migranti che hanno richiesto la protezione internazionale.

Nei giorni scorsi il “Patto” è stato firmato dal Sindaco Margherita Scarpellini insieme con rappresentanti di Consorzio Comars, Oxfam e Auser.

La scelta compiuta dal Comune è in linea con la recente adozione del “Regolamento dei Beni Comuni“ che prevede la possibilità per i cittadini di offrire la loro attiva collaborazione alla cura del patrimonio pubblico con attività che abbiano un interesse collettivo. A questo si aggiunge la volontà di implementare la rete di iniziative, già numerose, volte a favorire l’integrazione e l’inclusione sociale di tutti i soggetti marginali attraverso la collaborazione con le associazioni che operano nel territorio.

In questo caso 21 migranti ospitati nei CAS, su adesione volontaria, stanno svolgendo in questi giorni interventi di piccola manutenzione presso le Scuole Medie del capoluogo e di Montagnano. Tali interventi, effettuati in presenza di tutor e nel rispetto di tutte le norme sulla sicurezza, proseguiranno fino al 15 Settembre, concludendosi prima dell’avvio del nuovo anno scolastico.

All’utilità collettiva derivante dalla cura di un patrimonio pubblico si combina la possibilità formativa per i volontari, che stanno così sperimentando un’introduzione alla metodologia lavorativa.

“Questa forma di prestazioni volontarie che vengono dette ‘socialmente utili’ ha due funzioni principali” spiega l’Assessore all’integrazione Erica Rampini “La prima è far sì che chi arriva da noi renda un servizio alla collettività che lo ospita, svolgendo attività che altrimenti per il Comune sarebbe molto più difficoltoso porre in essere. La seconda è compiere un primo passo verso l’integrazione. Questa è un’espressione spesso abusata, ma che quando si concretizza davvero è il miglior antidoto contro chi viene nel nostro paese con l’intenzione di delinquere. E’ proprio integrando chi dimostra di avere buoni propositi che si emarginano tutti coloro che, al contrario, non ne hanno e non vogliono integrarsi con noi”. Il patto di collaborazione resta aperto anche a tutte le associazioni di volontariato che in futuro vorranno proporre progetti volti all’inserimento sociale attraverso attività di pubblico interesse.

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