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Il Covid, il taglio della trachea, il coma a 32 anni. Oggi è salvo e il padre ringrazia: "Vive grazie al San Donato"

La storia del pianista Bogdan Daniel, ammalatosi alla fine dello scorso ottobre e ora fuori pericolo. Il babbo Marcel: "Sta bene, ma non benissimo. E' ancora affaticato. Va al parco Pertini, ma non riesce a fare più di un giro". I sanitari di Arezzo: "Uno dei casi più gravi finora curati"

Si chiama Bogdan Daniel e ha 32 anni. Il pianoforte è la sua grande passione, tanto da farne una professione all'estero. Il Conservatorio in Romania, le prime esibizioni, poi quelle internazionali, in Germania e anche in Austria. Giunto in Italia insieme alla sua famiglia, però, si arrangia, non riuscendo a vivere di musica. Fa l'operaio, ma la crisi seguita all'emergenza coronavirus riduce le sue possibilità, lasciandolo disoccupato. Il primo colpo del Covid, di certo non il più duro. Come spiega il padre Marcel, che - assieme ai sanitari della Asl Toscana Sud Est - ha deciso di raccontare la storia di Bogdan: un ragazzo che il virus ha tremendamente fiaccato. Oggi è vivo, da fine dicembre è tornato nella sua casa di Arezzo, assieme ai suoi genitori, dopo mesi passati in ospedale al San Donato. Anche se il coronavirus ha lasciato una pesante impronta sul giovane musicista.

Il racconto del padre Marcel: "Ho temuto di perdere mio figlio"

"Il 19 ottobre avevamo festeggiato il suo compleanno - ricorda il padre Marcel -. Era un po' triste. Mi diceva che io alla sua età avevo già una casa, un lavoro e una famiglia. E lui ancora nulla". Ma alle tristi riflessioni di un trentenne disoccupato, si aggiunge in breve il dramma legato alla salute. Alla fine di ottobre il campanello di allarme, con l'arrivo della febbre. "Ha preso le medicine ed è migliorato. Ma non guarito. Stavamo passeggiando nel parco Giotto e lui ha cominciato ad accusare la fatica. Ansimava, come un anziano, e si è dovuto sedere. Quando siamo rientrati a casa, ho chiamato il medico: ha visto che non aveva febbre e ci ha segnato alcune medicine. Non sono servite. Dopo pochissimi giorni, ho dovuto telefonare al 118. Stavolta le sue condizioni erano evidenti: il saturimetro indicava un valore allarmante. I sanitari hanno per un attimo pensato ad un guasto dell'apparecchio ma poi siamo corsi in ambulanza all'ospedale". E' Covid, in una forma molto aggressiva. Nella famiglia di Bogdan si insinuano paura e angoscia. "Venti anni prima - ricorda Marcel - avevo portato mio padre in ambulanza in ospedale: non aveva più fatto ritorno a casa. Così ho temuto di perdere mio figlio".

Il giovane pianista colpito da Covid ad Arezzo e che ha rischiato di morire

Feri: "Tra i casi di Covid più gravi"

Bogdan entra dirattamente in Terapia Intensiva al San Donato e le sue condizioni sono talmente gravi da essere messo in coma farmacologico. “Al suo arrivo, il 2 novembre, la situazione era difficilissima – ricorda Marco Feri, direttore della Terapia Intensiva dell’ospedale San Donato di Arezzo -. Lo abbiamo immediatamente intubato perché la sua era una forma di polmonite da Covid particolarmente preoccupante. Dopo oltre due settimane le condizioni erano migliorate tanto da indurci a estubarlo e a risvegliarlo”. Ma a quel punto il 32enne non riesce a respirare con i macchinari: il 26 novembre viene tracheostomizzato, gola e trachea vengono incise per permettere una respirazione alternativa rispetto a quella naturale. Rimane in questa condizione fino al 7 dicembre. “In coma farmacologico, con la famiglia che lo poteva ovviamente solo vedere tramite telefono – conclude Feri -. E’ stato tra i casi più gravi che abbiamo avuto in tutta l’emergenza Covid”.

Le telefonate con gli "angeli" dell'ospedale

Bogdan è in isolamento per settimane, in coma. La sua famiglia, però, riesce a vederlo, anche se soltanto dallo schermo di uno smartphone. "I medici e gli infermieri mi telefonavano ogni giorno. E ogni giorno - rivela il babbo - guardavo quel telefono come se fossi un bambino. Non riuscirò mai a dire grazie a quei sanitari che mi raccontavano come mio figlio continuasse a essere vivo e a fare piccoli, piccolissimi passi in avanti. Me lo facevano vedere con il cellulare. Loro erano con lui, lo accarezzavano come fosse un figlio loro. Anche se lui non poteva sentire, gli parlavano. Non erano semplici uomini ma angeli". Marcel non soltanto aveva Bogdan in ospedale alla fine del 2020, ma anche un'altra figlia, Loriana, e la moglia Anna a casa ammalate. Sempre per Covid. "In quei giorni facevo il sugo e le spremute di frutta. Lavoravo e andavo avanti con il terrore che l'intera famiglia mi sfuggisse dalle dita. Se fossero morti, quale sarebbe stato il senso della mia vita?". Una famiglia per la quale aveva lasciato la Romania, ormai venti anni fa. "Nel 2001 Anna e Loriana erano venute in Italia dove già si trovava mia cognata. Io e Bogdan eravamo rimasti nel nostro paese, perché io avevo una piccola azienda. Ma non riuscivo a stare lontano da mia moglie e da mia figlia. E quindi anche noi abbiamo poi deciso di partire per l’Italia".

La difficile convalescenza di Bogdan

Ma Bogdan migliora: le terapie hanno effetto e viene risvegliato dal coma. Lascia Terapia intensiva dopo 5 settimane. Non è più un paziente Covid, ma non è nelle condizioni di essere dimesso dall'ospedale, tanto è debole. Viene trasferito in Medicina. “Ci è apparso subito uno dei casi più difficili connessi al Covid che fossero arrivati da noi – ricorda Gino Parca, direttore di Medicina Interna al San Donato. Da noi è stato ricoverato il 9 dicembre. Abbiamo richiuso la tracheostomia che gli era stata praticata e iniziato il lavoro di riabilitazione: era rimasto immobile per 5 settimane. Ha quindi ricominciato a camminare. Dopo altri 15 giorni di degenza lo abbiamo potuto dimettere ma abbiamo continuato a seguirlo con visite di controllo periodiche. La sua storia conferma quanto dobbiamo ancora apprendere sul Covid e come il rischio non sia solo per le persone anziane. Prima del Covid, Bogdan Daniel, era un giovane apparentemente in perfetta salute, alto e robusto”. Il ricovero nella degenza no Covid di Medicina, permette alla famiglia di rivedere il 32enne dopo quasi un mese e mezzo.

La lenta ripartenza

"Un giorno il dottor Parca mi ha detto che mio figlio si era ripreso e poteva finalmente rispondere. Sono corso in ospedale e per la prima volta dall'inizio della malattia ci siamo parlati. L'ho visto disorientato: mi ha chiesto cosa fosse successo e dove si trovava. Delle cinque settimane in terapia intensiva non ricordava nulla. Il medico ha detto che non essendoci nessun altro paziente nella stanza con Bogdan, avrei potuto dormire con lui, se avessi voluto. Non avrei potuto immaginare un regalo più bello". Il 23 dicembre Bogdan lascia l'ospedale San Donato, un regalo di Natale meraviglioso. Il padre Marcel torna ai suoi lavori, consegna il latte e coltiva un frutteto. La famiglia è di nuovo insieme. E oggi Bogdan come sta? "Bene, ma non benissimo. E' ancora affaticato. Va nel parco, ma non riesce a fare più di un giro. Pensa alla musica. I problemi che aveva prima del Covid sono rimasti, ma intanto ha combattuto e vinto una battaglia che nemmeno sapeva di affrontare. Noi ringraziamo Dio ma anche tutti i medici e infermieri che sono stati capaci di salvare quella di nostro figlio".

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