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La mensa a scuola: peggiora il punteggio dei menù di Arezzo. Valutazioni anche per il Convitto

Fano e Parma al primo posto con 130 punti più di Arezzo. Con il prossimo bando di affidamento del servizio sarà fondamentale l'introduzione dei Cam, cioé il parametro dei Criteri Ambientali Minimi

Con soli 73 punti e un distacco di 130 dal podio, il menù delle mense nelle scuole di Arezzo scivola ancora più in fondo alla classifica nazionale. L'indagine, come ogni anno, è condotta da Foodinsider, l'osservatorio nazionale sulle mense scolastiche che assegna un punteggio per ogni parametro di qualità contenuto nel menù offerto quotidianamente ai bambini che usufruiscono del servizio mensa. 

I menù analizzati quest'anno sono stati 55, uno in più rispetto al 2021 quando Arezzo si classificò al 46esimo posto. In questo 2022 invece la refezione scolastica aretina scende al 50esimo posto con soli 73 punti guadagnati. Un peggioramento che riguarda poche città in Italia rispetto alla maggioranza che in epoca post restrizioni Covid ha registrato una tendenza al miglioramento dei menù e quindi della qualità del cibo che arriva sul piatto dei bambini.

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Le criticità di chi si trova in fondo alla classifica

Le criticità più frequenti dei menù che si trovano in fondo sono molto simili: scarsa varietà degli alimenti, diete monotone, eccesso di carni rosse, presenza frequente di cibo processato e ultra processato (prosciutto, bastoncini, tonno, dessert industriale, formaggio spalmabile). Anche la varietà e tipologia di pesce proposto è spesso un distinguo della qualità dei menù e del modello organizzativo di mensa in termini di capacità di elaborare ricette o meno.

Il menù al Convitto

Un capitolo a parte e del tutto nuovo riguarda le mense delle strutture scolastiche denominate "Convitto" come il Vittorio Emanuele di Arezzo. Per la prima volta vengono analizzati anche i loro menù in una classifica specifica. Ne sono stati presi una ventina a campione. I loro menù si caratterizzano per la scarsità di uso di cereali, Arezzo poi è fanalino di coda per l'uso di verdure, ne vengono dichiarate 5 su 14 pasti (carote, pomodori, insalata, bietole e fagiolini). Maglia nera al Convitto di Arezzo anche per l'uso delle patate, 5 porzioni su 14 pasti, di cui due volte patatine fritte. E non va meglio per l'uso di carne rossa. Record negativo per Todi (8 volte su 11 pasti), Arezzo e Torino (7 volte su 14 pasti).

"In sintesi nei menù dei convitti si trovano enfatizzati gli stessi errori dei menù delle mense scolastiche - spiega Foodinsider - con l’aggravante che l’alimentazione sembra essere concepita principalmente per gratificare i ragazzi come una cena proposta ad Arezzo che prevede pizza, patatine fritte, coca cola e frutta."

Un'analisi generale utile anche ad Arezzo

Migliorano nel complesso almeno il 42% dei menù, mentre peggiora il dato sul consumo del pasto: secondo il 47% degli insegnanti che hanno risposto al sondaggio (l’anno scorso era il 38%), dichiarano che i bambini mangiano meno della metà del pasto. Si tratta di un dato che potrebbe migliorare se i Comuni applicassero i Criteri Ambientali Minimi (CAM), che tra le varie disposizioni chiedono di calcolare e monitorare le eccedenze alimentari, sottoporre questionari di gradimento agli utenti e avviare correttivi, ad esempio variando le ricette dei menù che non dovessero risultare gradite.

Questa in sintesi la situazione che emerge dal report del 7° rating dei menù scolastici pubblicato da Foodinsider, che raccoglie i dati dell’indagine che ogni anno monitora lo stato della mensa scolastica, conducendo anche un questionario di gradimento nelle mense di molte città d’Italia. I dati dell’indagine si riferiscono all’anno scolastico 2021/22.

Il report dimostra il forte impatto positivo dell’applicazione dei CAM sia per la qualità dei menù che per il loro impatto ambientale: le Amministrazioni e le Aziende che applicano i criteri  hanno eliminato quasi del tutto il cibo processato; ridotto le monoporzioni di plastica (yogurt e budini o formaggio monodose) e le carni rosse; introdotto alimenti più sostenibili e, soprattutto, aumentato il biologico, cercando di privilegiare i fornitori locali.

Lo scorso anno si era già notato l’”effetto CAM” sulla mensa di Bologna, passata da 100 punti a 140 (+40 punti), ma quest’anno è ancora più evidente nei Comuni che sappiamo avere fatto nuove gare d’appalto, come Roma (+ 42 punti), Bergamo (+31) Lecce (+26) Bolzano (+24) Firenze (+15), applicando nella disciplina di gara le regole dei Criteri Ambientali Minimi.

“I menù migliorano, ma aumenta il divario tra i menù migliori rispetto ai peggiori. Parma e Fano sono entrambe al primo posto e Reggio Calabria è fanalino di coda nella classifica dei menù con più di 150 punti di scarto e non è un caso. Parma si trova nella culla della Food Valley, Fano è conosciuta in tutto il mondo come ‘la città dei bambini’ e Cremona, al secondo posto, è la città dove è nata la prima mensa scolastica italiana”, spiega Claudia Paltrinieri responsabile editoriale di Foodinsider.

 “Dove la mensa ha una radice storica e risente di una cultura del cibo il pasto a scuola è di alto profilo; dove invece la mensa non appartiene alla tradizione alimentare e scolastica di un territorio (la Regione Calabria è una delle 5 regioni  dove la ristorazione scolastica è un servizio per pochi con una percentuale di alunni che va dal 20 al 37% massimo) è difficile trovare un menù di qualità”, conclude Paltrinieri.

Tre tipi di mense possibili

In sintesi il report raccoglie informazioni che rispecchiano tre tipi di mense scolastiche che hanno obiettivi distinti: la mensa che punta a saziare la fame dei bambini che si ritrova in menù ‘standard’ che privilegiano cibo processato, pronto all’uso a base di pizza, pasta in bianco, bastoncini di pesce, prosciutto, hamburger e budino, senza alcun alimento né ricetta che attinge dalla produzione o dalla cultura del territorio; la mensa che mira a nutrire il corpo e la mente delle bambine e dei bambini con menù che mostrano un buon equilibrio delle diverse fonti proteiche e una varietà degli alimenti biologici con i quali si esprime un approccio attento verso la salute e l’educazione; la mensa che nutre la comunità che si realizza connettendo il cibo offerto a scuola con le produzioni locali che vengono convertite in colture sostenibili per rispondere al bisogno di salute dei bambini e dell’ambiente.

Il caso di Sesto Fiorentino

La mensa che nutre la comunità si ritrova al nono posto della classifica con il caso di Sesto Fiorentino. Rappresenta un esempio concreto di come la ristorazione scolastica possa diventare “un buon affare” per tutti gli attori della comunità: bambini, comuni, famiglie e imprenditori. Il caso di Sesto Fiorentino mostra come potrebbero diventare tutte le mense scolastiche, applicando i Criteri Ambientali Minimi che qui sono stati adottati, non per legge ma per scelta del management, a partire dal 2017.

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