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"Questa è la festa del popolo aretino", l'omelia del vescovo Fontana per la Madonna nel Conforto

"Arezzo ha tante ricchezze più culturali che monetarie, più interiori che riscontrabili con i criteri sociologici. Tra questi tesori c’è anche la fede"

"Questa è la Festa della fede del popolo aretino, della nostra Chiesa che ama salire in Cattedrale per ridire, anche fisicamente, la certezza di essere ascoltati dalla Madre di Dio". Sono queste le parole con cui Monsignor Riccardo Fontana questa sera, nella tradizionale messa delle 18, ha iniziato la sua omelia. L'ultima in occasione della festa della Madonna del Conforto che ha pronunciato nelle vesti di arcivescovo della diocesi. Dopo aver salutato questa mattina gli aretini, nel pomeriggio ha parlato della loro fede.

"La Madonna del Conforto è una delle rare occasioni in cui si accorciano le distanze tra la città dell’uomo e il popolo di Dio. Arezzo ha tante ricchezze più culturali che monetarie, più interiori che riscontrabili con i criteri sociologici. Tra questi tesori c’è anche la fede".

Di fronte a lui una cattedrale con tanti aretini: non la folla pre pandemia, ma pur mantenendo le distanze imposte dall'emergenza sanitaria, il duomo era pieno. 

Ecco di seguito il testo integrale dell'omelia: 

Fratelli e Sorelle nel Signore,

1. Le ragioni della preghiera 

Questa è la Festa della fede del popolo aretino, della nostra Chiesa che ama salire in Cattedrale per ridire, anche fisicamente, la certezza di essere ascoltati dalla Madre di Dio. 

È la Festa della speranza di vedere aggiustate le situazioni difficili, che in ogni famiglia si pongono. È una festa identitaria, se ci sei, sei dei nostri: non solo chi viene a fare gesti religiosi, ma per tutti voi, miei diocesani, è una festa del cuore. 

In una Liturgia che si svolge nel segreto delle coscienze, anche quanti non saliranno le scalinate del Duomo, ugualmente apriranno a Dio la propria interiorità. È la Festa della richiesta di aiuto e dunque del soprannaturale, è la Festa con cui ci si affida a Dio e a Maria, Madre di Dio.

2. Il senso della fede espressa

A Cana di Galilea – il Vangelo che abbiamo appena ascoltato – non interessa tanto l’acqua trasformata in vino, quanto piuttosto riaffermare, con tutti quei commensali che rimasero stupiti, che Dio interviene, non ci lascia soli, non si dimentica di noi. 

Diciamo che è Padre, Padre Nostro. L’appartenenza alla famiglia di Dio, essere “figli” qualcuno lo manifesta con gesti esteriori, altri con interiore consapevolezza. Perfino tra gli uomini, chi è padre capisce i figli e soprattutto dove vede sofferenza non sta a guardare soltanto.

La fede cattolica, subito dopo aver affermato che Dio è Padre, aggiunge “onnipotente”, che è una parola di affidamento. Quando mi fido, non pretendo effetti immediati, ma mi affido a Dio, che sa vedere anche al di là della montagna delle nostre illusioni, che talvolta ci impediscono lo sguardo globale sulla situazione che viviamo. 

Dio Padre onnipotente è provvido, cioè capace di provvedere. Non è mai invasivo. A differenza di noi, vede e capisce, non invade mai. Agisce sempre per il nostro bene. Il male, ci accorgiamo che è tale solo quando genera in noi sofferenza, ma questo popolo che scorre davanti all’immagine della Madonna o, idealmente, si rivolge da lontano alla Madre di Dio, manifesta – ciascuno a suo modo – la certezza di essere ascoltato. 

3: Il pensiero sulla città

La Madonna del Conforto è una delle rare occasioni in cui si accorciano le distanze tra la città dell’uomo e il popolo di Dio. Arezzo ha tante ricchezze più culturali che monetarie, più interiori che riscontrabili con i criteri sociologici. Tra questi tesori c’è anche la fede. Secondo la cultura tradizionale toscana, bisogna avere estrema delicatezza, perché, a volte, chi ha occhi fini la fede la riconosce, ma deve avere il rispetto della storia interiore degli altri e non deve pensare che chi ha la fede si manifesti credente e neppure il contrario. Applicare metodi sociologici per riscontrare la fede è assolutamente sbagliato. 

La Festa della Madonna del Conforto è uno di quei momenti in cui la Chiesa fa un passo indietro. Non si vanta, non cerca di capire oltre il consentito, non presuppone né si fa tronfia. Vede ciò che appare e capisce ciò che può. 

Questa è materia così delicata nella quale non si può mai dire “siccome tu hai la fede, fai questo, quello o quell’altro ancora”, ma non si può neanche dire che gli aretini non hanno la fede, perché è falso.

Fin dal primo anno che ebbi la grazia di essere Vescovo di Arezzo, chiesi ai fotografi di non fissare per immagini il volto della gente che fa la fila per arrivare davanti alla Madonna del Conforto. C’è una storia interiore che va rispettata. Alla stessa maniera, noi cattolici dobbiamo imparare a non usare le occasioni che capitano nel tempo per mischiare la religione con la politica: sarebbe lo stesso che confondere Pomaio con Agazzi.

La fede è una virtù teologale e quindi dono di Dio. Se si ha il rispetto dovuto alle cose sante, si manifesterà il ricordo consono al discernimento dei tempi e dei modi.

Questo non esclude che la presenza dei cattolici dentro la città sia significativa e che fede e identità aretina possono essere temi che si confrontano vicendevolmente nel tempo.

Ringraziamo con gioia il Signore per questo giorno di Festa in onore della Madonna e chiediamo a Dio di farci far bene la nostra parte.

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