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"Cos'è quella luce là in fondo? È Arezzo". La prima omelia del Vescovo Andrea Migliavacca

L'omelia d'ingresso in versione integrale così come il Vescovo Andrea l'ha pronunciata in una gremita Cattedrale

Il Vescovo Andrea Migliavacca, appena insignito del suo nuovo ruolo alla Diocesi di Arezzo Cortona e Sansepolcro ha letto la sua prima omelia.

Omelia Ingresso Arezzo-Cortona-Sansepolcro

"Iniziamo oggi, con la prima domenica di Avvento, il nuovo anno liturgico, l’itinerario spirituale e credente che ci invita a rinnovare la sequela del Signore, ad accogliere le novità del suo amore, del suo amarci.

Inizio oggi con voi, amata Chiesa di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, il mio cammino di Pastore e a tutti voi chiedo il dono della accoglienza, il dono della vostra benedizione, la cordialità della vostra amicizia. A tutti dico già il mio grazie più intenso.

Mi sono avvicinato a tutti voi, alla Cattedrale oggi incontrando alcune realtà aretine particolarmente significative, segnate dall’esperienza della fragilità e per questo luoghi di vangelo. E poi l’incontro con i giovani… Sono loro che hanno guidato i miei passi verso il centro della nostra Chiesa, un volto che ho salutato anche incontrando tutte le autorità e le realtà istituzionali ed ora tutti voi nella Cattedrale.

Rivolgendo il mio saluto a tutti, quasi con il desiderio che vi sentiate chiamati per nome, vorrei in particolare salutare il vescovo Riccardo che tanta dedizione, sapienza pastorale e preghiera ha profuso nella diocesi. Lo sento fratello e amico e gli possiamo dire che con noi rimane in famiglia.

Il mio saluto, con gratitudine, ai signori cardinali presenti, tra cui il nostro Metropolita card. Betori e a tutti i fratelli vescovi.

Insieme a tutto il popolo di Dio, un particolare saluto, ed è la prima volta che lo posso rivolgere nel suo insieme, va a tutto il presbiterio, i sacerdoti, i religiosi. Il vescovo con i suoi preti ha un rapporto di particolare intensità e comunione. Chiedo la vostra preghiera e insieme a tutti voi dico che le porte di casa sono aperte.

E poi il saluto alle religiose, ai diaconi permanenti, a tutti coloro che svolgono un ministero nella Chiesa, alle famiglie, ai giovani, agli anziani e agli ammalati.

Alle Istituzioni presenti, dal Presidente della Regione Eugenio Giani, fino al Prefetto e a tutti i sindaci, come anche le autorità militari e le diverse associazioni.

Un caro saluto agli amici giunti da Pavia, la mia diocesi di origine dove risiedono le mie radici di uomo, cristiano e credente e le tante presenze dalla amata diocesi di San Miniato con la quale avrò la gioia di condividere ancora un po’ del suo cammino di Chiesa.

E uno sguardo particolare lo rivolgo ai miei famigliari, qui presenti, a cui va il grazie per la costante vicinanza e attenzione. Ci guidano le letture che sono state proclamate, perché come già ho scritto nel mio primo saluto alla diocesi ci guida la stella polare della Parola di Dio. Le tre pagine bibliche ci parlano anzitutto di attesa. E appunto l’avvento è esperienza di attesa.

Ce ne fa cenno la prima lettura, del profeta Isaia… richiamando uno scenario che è collocato “alla fine dei giorni”, dunque in un tempo che è da attendere.

Ancor più esplicita la pagina evangelica che esorta a vegliare, dunque ad attendere con fiducia, con lo spirito della speranza: “Anche voi tenetevi pronti, perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo”.

E sembra alludere al compiersi di questa attesa, al giungere finalmente dei tempi messianici la pagina di Paolo che parla di un adesso, dell’accadere di quanto era atteso: “È ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la vostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti”.

È chiaro il riferimento dunque alla attesa, a vivere la vita nello stile, nello spirito di chi attende, di chi è aperto ad una buona notizia, di chi, non solo spera, ma sa, è convinto che una buona notizia ci potrà raggiungere. È con questo spirito di attesa che possiamo leggere anche l’inizio del mio ministero in mezzo a voi. C’è l’attesa dell’Avvento che non è solo attesa del Natale, ma riguarda il venire di Gesù, la sua seconda venuta e quindi un incontro che è per noi ed è l’incontro con il Risorto.

E per noi? Per me? L’attesa ci riguarda.

La Chiesa aretina ha vissuto l’attesa del nuovo vescovo e insieme vi sono certamente attese riguardo al nuovo vescovo: cosa dirà, cosa farà, come si muoverà… Ci sono poi le attese della nostra vita, le domande del cuore, le aspettative perché la vita sia vera e sia buona con noi. E poi attese verso chi ci è caro, verso colleghi e amici…

Ci sono le attese della diocesi come comunità, con il desiderio di camminare… Una attesa che certo si dovrà muovere in quel solco tracciato dal Sinodo che avete celebrato.

Amico, amica… cos’è per te l’attesa? Quale apertura e aspettativa vera porti nel cuore ora? Che cosa attendi per la tua vita e per la nostra Chiesa?

Di fronte a questo orizzonte il vangelo ci dice: “Non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà”. Non è una frase che vuole essere quasi una sfida, una prova, un dubbio, una incertezza, ma racchiude invece una notizia certa: viene il Signore. E l’avvento ci dice che l’attesa prepara una nascita, il Natale… cioè prepara vita nuova, vitalità, quindi vita donata. Potremmo dire così: tante attese ci accompagnano nella vita e anche oggi, anche in questa celebrazione, anche nel mio cuore… E la Parola di dice: viene il Signore, c’è vita per te…

Un secondo richiamo emerge dalla Parola proclamata. Si parla di un incontro promesso, accompagnato come si diceva dalla attesa, che è portatore di vita.

Isaia raffigurando la scena sul monte del tempio del Signore, consegnandoci l’invito a salire sul monte del Signore per camminare per i suoi sentieri, annuncia una straordinaria novità di vita…, inedita: le spade saranno spezzate, non vi sarà più nazione contro nazione, neanche si imparerà più l’arte della guerra (quanto è attuale questo)… E potremmo aggiungere, secondo le profezie bibliche: un mondo dove non ci saranno più i poveri, le ingiustizie, dove il lavoro rispetta la dignità di tutti e dove il creato sarà custodito e vissuto come dono… Ma sembra impossibile. Ma dove davvero vi può essere un mondo così? Lo sappiamo costruire noi uomini e donne? Sembra proprio di no.

Allora un mondo così rinnovato, diremmo impossibile, può essere solo se dono, solo se dato in dono da Dio, solo se costruito da Lui.

L’incontro con Dio è portatore di vita, sempre, fa scoprire la vita, apre il cuore alla vita, come dono, e così è vita nuova. Solo se è vita donata può essere una vita così come viene descritta dal profeta. Cercare Dio significa dunque cercare la vita vera, la vita donata da Lui. L’incontro come dono di vita di Dio, di vita nuova ricorre anche nelle altre due letture. Paolo racconta l’incontro con il Signore che viene come dono di salvezza, potremmo dire pienezza di vita. E il vangelo invita a vigilare perché se ti accorgi che viene il Signore, per te…, allora vivi. Si tratta di accogliere il Signore e quindi la vita… Si tratta di cercare la vita. Vorrei vivere così da vescovo in mezzo a voi…: cercando la vita…, nell’incontro con il Signore e con tante storie di vita, le vostre.

Lo stile è racchiuso un poco anche nel motto del mio stemma episcopale: “Maestro dove abiti?” e poi la stella comete che guida una ricerca… Cercare la vita.

Desidero cercare, vedere, incontrare la vita, promuoverla lì dove si trova o dove va fatta rinascere, lì dove c’è anche una pur flebile esperienza di vita ed ogni sua espressione, nei luoghi ove è segnata da fragilità eppure è carica di pienezza.

Cercare la vita… anche nelle povertà, delle fragilità, nel peccato, nelle diversità… Vedere la vita che nasce, vedere la vita possibile, gustare la vita, accogliere, ascoltare, condividere. Così leggo per me oggi l’invito a vegliare: cerca la vita…, cogli ogni seme di vita… e indicala ai tuoi fratelli e sorelle, a voi, cari amici.

L’Avvento potrebbe diventare tempo intenso in cui chiedere al Signore che egli non aggiunga soprattutto giorni alla nostra vita, ma vita ai nostri giorni.

L’invito a cercare la vita, ad attendere il Signore che viene, a riconoscere la sua presenza lo viviamo ora nell’Eucaristia.

Bene commenta San Francesco, nella Ammonizione prima, il santo particolarmente caro e vicino alla Chiesa aretina…, una terra ricca di santi, tra cui annoverare anche San Romualdo, Santa Margherita da Cortona e San Donato patrono della diocesi.

Così San Francesco: “O figli degli uomini, sino a quando avrete un cuore duro? Perché non conoscete la verità e non credete nel Figlio di Dio? Ecco, ogni giorno egli si umilia, come quando dalle sedi regali scese nel grembo della Vergine; ogni giorno viene a noi in umili apparenze; ogni giorno discende dal seno del padre sull’altare nelle mani del sacerdote….  E noi, vedendo con gli occhi del corpo il pane e il vino, dobbiamo vedere e credere fermamente che sono il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero. In tal mondo il Signore è sempre con i suoi fedeli, così come egli dice: ‘Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo’”.

Cercare la vita, gustare la vita ci accompagna ad incontrare Lui che si dona sull’altare per noi.

Vorrei concludere con una immagine evocativa, forse simpatica, che possa in qualche modo interpretare il mio partire dalla Lombardia, approdare nella bella terra di San Miniato, ed ora avviare passi nuovi nella bella terra della diocesi di Arezzo.

Il riferimento è ad un film dei fratelli Taviani, originari di San Miniato. Il film mostra la scena di un bimbo in auto… e, guardando dal finestrino, chiede: “Cos’è quella luce là in fondo?”. “La Toscana”, gli viene risposto.

Cari amici, mi immagino su quell’auto. Anche io posso dire come quel bimbo: Cos’è quella luce là in fondo? E sento l’eco della risposta che mi dice… È la Toscana, dove sono vescovo, e per me anche San Miniato che è stato luce che mi ha accolto e ora… Arezzo.

Cos’è quella luce là in fondo? La voce mi dice chiara…, ora…: Arezzo. Vegli su di noi Maria, Madonna del Conforto, a cui affido il cammino di tutta la diocesi e anche il mio fare strada con tutti voi."

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