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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Scocca l'ora del green pass. Sindacati: "L'80 per cento dei lavoratori vaccinati, nessuna criticità". Dilemma trasporti

Tra dubbi normativi, sostegno alle aziende e ai lavoratori e casi isolati: i sindacati raccontano la vigilia dell'introduzione dell'obbligo di carta verde sul lavoro

E' arrivato il giorno x: quello in cui scatta l'obbligo di green pass nel luoghi di lavoro. Il mondo del lavoro ha atteso questa novità con concitazione. Da un lato le aziende che in larghissima parte si sono già munite degli strumenti necessari per compiere le verifiche, dall'altra gli ostacoli burocratici celati dietro a quella che i sindacati e le associazioni di categoria lamentano essere una vera e propria mancanza di chiarezza normativa. 

Ma cosa succederà da oggi? All'ingresso al lavoro tutti i dipendenti, pubblici e privati, dovranno mostrare la certificazione verde. Lo sancisce il dpcm firmato dal premier Mario Draghi, in cui sono fissate le linee guida elaborate dai ministri Renato Brunetta e Roberto Speranza.

Le faq del Governo

I lavori che si presenteranno senza green pass, stando alla normativa dovranno essere allontanati dal posto di lavoro. Ciascun giorno di mancato servizio, fino alla esibizione della certificazione verde, è considerato "assenza ingiustificata" e nel periodo di assenza vanno incluse anche le "eventuali giornate festive o non lavorative". In nessun caso, comunque, l'assenza della certificazione verde potrà comportare il licenziamento.

Vaccinato l'80 per cento dei lavoratori

"Tutta questa tensione che viene rappresentata nei luoghi di lavoro, nella nostra realtà non la vediamo - spiega Alessandro Mugnai, segretario provinciale della Cgil -. I problemi più grandi si possono avere nei settori della logistica, come sta accadendo a Trieste tra i portuali. Nell'Aretino l'80 per cento dei lavoratori è vaccinato: il restante 20 per cento non è detto che sia no vax. E' molto probabile che sia rimasto incagliato nelle maglie della burocrazia. Non ci sono quindi vere criticità, ma casi isolati". 

Come ad esempio il caso della lavoratrice che nelle scorse settimane si è rivolta agli sportelli aretini: "Straniera, si è vaccinata nel suo paese con un siero cinese. Rientrata in Italia ha scoperto che quel vaccino qui non era riconosciuto, ma non poteva farne un altro. Fortunatamente il nuovo decreto ha individuato una soluzione e questa signora potrà tornare al lavoro". 

Tra gli aretini, i lavoratori che risultano più vaccinati sarebbero gli addetti alla grande distribuzione. "Sono stati molto esposti durante la parte più acuta del covid e, purtroppo, inizialmente con strumenti di protezione esigui. Questo ha creato creato la corsa al vaccino per proteggersi". 

La posizione della Cgil è da sempre stata chiara: "L'obbligo vaccinale - dice Mugnai - avrebbe tagliato la testa al toro, ma per le fragilità del governo una legge di questo tipo non è stata approvata. Il green pass per noi rimane una contraddizione, perché nella libertà di scelta le discriminazioni non ci devono essere. Resta però il fatto che nell'Aretino, nelle aziende sindacalizzate non ci sono criticità".

I sindacati e la preferenza per l'obbligo vaccinale

"Al momento - spiega Silvia Russo, segretaria provinciale della Cisl - non abbiamo rilevato situazioni particolari da parte dei lavoratori. La nostra posizione è trasparente: noi eravamo favorevoli all'obbligo vaccinale. Non essendoci quel tipo di obbligo, ma essendo stato deciso quello di green pass, facciamo il possibile per aiutare le aziende e i lavoratori per affrontare questa novità che porta con sé aspetti burocratici farraginosi. Sappiamo che ci sono alcune imprese che, per aiutare qualche dipendente ancora intimorito dal vaccino, sostiene le spese del tampone. Ma non sta alle aziende sobbarcarsi di questo onere che al momento nemmeno lo Stato si accolla. Anche perché l'intento principale resta quello di promuovere le vaccinazioni".

Ci sono però delle lacune nella normativa, per le quali si attendono risposte. "Noi stessi abbiamo interpellato e interpelleremo il ministero se ci sarà bisogno. Ad esempio, nei casi delle aziende 'diffuse' - spiega Russo - nelle quale i lavoratori prendono servizio in luoghi diversi e con orari diversi chi si occuperà di verificare il green pass? E ancora, il datore di lavoro può essere sostituito nella verifica: ci chiediamo noi, da chi?".

Ed è solo una delle tante domande che rimbalzano da dipendente a dipendente, da imprenditore a imprenditore. Ci sono 24 ore di tempo per trovare le risposte. 

Industria, commercio e green pass

Le aziende aretine, da parte loro, sembrano pronte a questo passaggio: secondo Confindustria Toscana Sud sarebbero state rapidissime ad adottare tutti i protocolli richiesti.

“Come Confindustria - afferma Fabrizio Bernini - consideriamo il green pass uno strumento transitorio e, allo stato attuale, la migliore garanzia per un ritorno alla normalità. Le imprese sono pronte e, pur consapevoli che potrebbero esserci difficoltà da affrontare, anche in quest’occasione avranno la capacità di risolverle".

Una posizione simile quella di Confesercenti. Mario Landini, presidente dell'associazione di categoria sottolinea che “il Green pass sarà importante per le attività commerciali e della ristorazione, scongiurando, almeno ci auguriamo, ogni possibilità di nuove chiusure che rappresenterebbe il colpo finale per le nostre imprese”.

Dilemma trasporti

Intanto il dielmma più grande a livello regionale, riguarda i trasporti. Ieri si è svolto un un incontro con le Prefetture, la Città metropolitana, le Province e le aziende titolari della gestione del trasporto pubblico locale su gomma e ferro, One scarl (tra cui Tiemme), Trenitalia spa, Tft e Toremar. Sono emerse potenziali criticità a garantire il servizio legate all’entrata in vigore dell’obbligo ed  è possibile che si possano creare disservizi che ad oggi non sono completamente prevedibili.

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