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"Per non dimenticare i partigiani Gianni Mineo e Giuseppe Rosadi"

Il Giugno 1944 fu un mese di stragi e sangue per la provincia di Arezzo. Repubblichini e tedeschi si resero protagonisti di numerosi ed efferati episodi di violenza, culminati con fucilazioni, impiccagioni, stupri, massacri. Tutto faceva...

Il Giugno 1944 fu un mese di stragi e sangue per la provincia di Arezzo. Repubblichini e tedeschi si resero protagonisti di numerosi ed efferati episodi di violenza, culminati con fucilazioni, impiccagioni, stupri, massacri.

Tutto faceva propendere per un’altra gravissima strage, con oltre 200 ostaggi fucilati e ben quattro centri abitati incendiati e distrutti: Anghiari, Montauto, La Chiassa Superiore e Borgo a Giovi.

Tutto era nato dal sequestro del colonnello Maximilian von Gablenz e del sottufficiale suo aiutante, ad opera della famigerata “Banda del Russo” il 26 giugno, sulla via della Libbia.

Il Comando tedesco di Arezzo aveva messo in atto un vasto rastrellamento, segregando alcune centinaia di ostaggi nella chiesa della Chiassa Superiore. Poi aveva pubblicato un bando, che concedeva 48 ore ai partigiani per riconsegnare i due militari tedeschi, altrimenti gli ostaggi sarebbero stati fucilati e i quattro centri abitati distrutti. Già erano state collocate mine alla base delle mura di Anghiari e del locale Palazzo comunale.

Purtroppo, il Comandante della Brigata Garibaldina “Pio Borri”, Capitano Siro Rosseti, era impotente in quanto la Banda del Russo non obbediva ai suoi ordini e minacciava di morte i partigiani di altre bande che entravano nel suo territorio, tra le montagne di Anghiari e quelle di Arezzo.

Poi, la svolta. Rosseti mandò il Tenente partigiano Gianni Mineo al comando tedesco della Chiassa, poche ora avanti la scadenza dell’ultimatum. Mineo trattò col comandante tedesco, che lo accompagnò al Comando di Arezzo. Gianni Mineo riuscì a farsi concedere altre 24 ore e partì alla ricerca del Russo. Discusssioni, trattative, alla fine il Russo consegnò a Gianni Mineo il Colonnello von Gablenz e il suo aiutante. Iniziò quindi la lunga marcia, da Montemercole dove era al momento la Banda del Russo, verso la Chiassa.

I due tedeschi erano accompagnati da Gianni Mineo e da due partigiani del Russo, Giuseppe Rosadi e Bruno Zanchi. Purtroppo, il colonnello camminava a fatica, sia per la non più giovane età e sia per i postumi di una grave ferita della guerra presedente. Si paventava una tardiva riconsegna dei due tedeschi al loro comando, con conseguente inizio della rappresaglia. Ecco allora che von Gablenz scrisse su un biglietto un ordine che fermava la rappresaglia e lo consegnò a Mineo. Questo partì con un cavallo verso la Chiassa, ma il cavallo nel percorso perse un ferro e si azzoppò. Gianni proseguì la corsa a piedi e quando era poco sopra la Chiassa, sentì gli ordini secchi che facevano intuire i preparativi per la strage. Iniziò ad urlare, i tedeschi si fermarono, lui arrivò alla chiesa, mostrò il biglietto del colonnello dicendo che stava per arrivare, sano e salvo. E poco tempo dopo, von Gablenz e il suo aiutante arrivarono nella piazza della chiesa, scortati da Giuseppe Rosadi, conosciuto come Beppe del Barba. Lo Zanchi si era fermato poco prima ed era tornato verso Montemercole. Il Rosadi, pur rischiando la vita, aveva proseguito, anche perché tra quegli ostaggi c’era pure la sua fidanzata.

L’arrivo del colonnello permise il rilascio degli ostaggi. E qualcuno si attaccò alle campane della chiesa, suonandole a festa, mentre i poveretti, che si sentivano dei “miracolati”, scappavano.

Senza Gianni Mineo e Giuseppe Rosadi, il 29 giugno saremmo a ricordare un’altra terribile strage. E non avremmo più la splendida Anghiari, come la vediamo oggi.

Ecco perché è giusto ricordare questi due giovani partigiani. Ecco perché il Sindaco di Arezzo, Alessandro Ghinelli, e il Presidente della Provincia, Roberto Vasai, nel 2016 hanno inoltrato al Ministro della Difesa una domanda per il conferimento di una onorificenza alla Memoria dei due umili eroi, che solo dopo pazienti ricerche sono riaffiorati da un troppo lungo, ingiustificato e ingrato oblio.

Santino Gallorini
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