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#giùlemanidallemense: la protesta si organizza. I casi nelle altre città

Le domande delle famiglie

La protesta delle famiglie per evitare la costruzione di un unico centro di cottura nella città di Arezzo sta entrando nel vivo. #Giùlemanidallemense è l'hashtag che è stato varato in queste ore e pubblicato nella pagina Facebook dedicata, la stessa con la quale era stata portata avanti la battaglia per salvare la scuola materna statale di Matrignano che rischiava la chiusura. La pagina è stata riconvertita alla nuova battaglia del mondo scolastico. 

Perché è nata la protesta?

Alcuni giorni fa la notizia che il procedimento per la progettazione del nuovo punto di cottura centralizzato stava andando avanti, ha messo in allarme le famiglie aretine che hanno bambini che frequentano le scuole e usufruiscono del servizio mensa, o per il tempo lungo o per il giorno di rientro settimanale oppure dello stesso servizio aggiuntivo, ogni giorno.

I numeri di cui stiamo parlando li ha snocciolati nell'intervista l'assessore alla scuola Lucia Tanti: 3000 pasti al giorno, adesso preparati in 12 cucine interne alle scuole, dislocate nel territorio, dopo che da pochi mesi sia quella del Fonterosa che quella di San Giuliano sono state chiuse. 58 plessi da rifornire in tutto.

Dalla presa di posizione del consigliere di opposizione Francesco Romizi, si è appreso anche che recentemente lavori di manutenzione di una certa importanza ai locali cucina, sono stati fatti sia nel plesso di Orciolaia, che rimarrà comunque con la sua cucina interna perché ha la sezione lattanti e in quella di San Leo. 

A questo punto le domande da parte delle famiglie aumentano: "Perchè impiegare questi soldi pubblici se poi l'amministrazione le vuole smantellare? Perché presentano il centro unico di cottura come una miglioria quando noi pensiamo che sia solo un peggioramento del servizio ai bambini? Tra le questioni portate avanti dalle famiglie ci sono anche quelle della salubrità della conservazione e del trasporto delle pietanze già pronte nei contenitori di plastica, delle criticità che aumentano per chi ha intolleranze, di quelle ambientali relative all'inquinamento indotto dalla plastica stessa e dai trasporti. E poi la preoccupazione per i lavoratori impiegati e di una loro ulteriore precarizzazione. E non per ultimo il possibile aumento dei prezzi, dei famigerati buoni giornalieri per accedere alla mensa che già costano quasi cinque euro l'uno, al giorno e che si sommano ad una iscrizione annuale alla mensa aggiuntiva ad esempio di 130 euro.

In molte altre città

Sono tanti i casi di città in cui i centri unici di cottura sono entrati in vigore da alcuni anni. Ed in ogni caso la protesta e partita e non si è nemmeno fermata, anche dove il servizio è stato definitivamente organizzato con la cottura in un'unica struttura e il trasporto nei furgoncini per raggiungere tutte le scuole. Perché i genitori hanno riscontrato pasta scotta, temperature di servizio non adeguate, ritardi o troppo anticipo sulla consegna. Le stesse preoccupazioni delle famiglie aretine.

In internet basta fare una ricerca mirata e sono numerosi i racconti di questo tipo. A Genova in particolare dopo anni di questo modello si sta seriamente pensando di tornare indietro perché negli anni si sono concretizzate tutte le problematiche e le criticità che preoccupano i genitori aretini. A Como ad esempio la realizzazione del centro unico di cottura sembra scongiurato per gli alti costi di realizzazione a carico del comune.

Ad Arezzo il meccanismo di realizzazione però ha una sua particolarità, i soldi per la realizzazione sarebbero investiti dal privato che realizza così un project financing su un bene che resta di proprietà pubblica, ma che viene gestito pe un periodo più lungo di anni dalla stessa società che lo costruisce.

Anche in questo caso le domande delle mamme delle scuole non mancano.

"Se ci sono privati disponibili ad investire così tanti soldi, perché non fargli mettere a posto le cucine esistenti? Perché anzi non cominciare a recuperare le cucine anche dove sono state già chiuse? Probabilmente i soldi necessari sarebbero anche meno dei paventati 3 milioni di euro. Un tempo - conclude Monica una mamma che usufruisce della mensa alle elementari - addirittura le cuoche della scuola cucinavano le verdure coltivate dai bambini nell'orto, anche questo non si può più fare, a quante cose di valore e didattiche dovremo ancora rinunciare?"

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