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La storia

Medici in fuga: "Turni massacranti da 14 ore al giorno"

Guido Santini, 31enne della provincia di Arezzo,è diventato medico di base dopo essere fuggito dalla scuola di specializzazione a Perugia: "E se ti lamenti ti ghettizzano"

"Appena osi fare una critica, ti additano come 'questi ragazzi che non vogliono fare' ma la verità è che, mentre tu ti senti un medico, gli altri ti trattano come qualcosa che sta sempre un gradino sotto. C'è sempre questo clima capace di non farti mai sentire all'altezza. Ho capito che non volevo una vita così e ho detto basta". A parlare a Today.it è Guido Santini, 31enne della provincia di Arezzo, diventato medico di base dopo essere fuggito dalla scuola di specializzazione in Chirurgia toracica a Perugia.

La sua storia è quella di tanti medici specializzandi a cui in Italia viene negata la formazione professionale. Santini si è laureato nel 2017 quando, a fine anno, ha partecipato al concorso nazionale, risultando ammesso alla scuola perugina. "Già c'era qualcosa di strano perché, nonostante ci fossero tre o quattro posti a bando ogni anno, nel reparto c'erano in tutto solo tre specializzandi - racconta Santini a Today.it -. Quell'anno siamo entrati in tre. Uno ha fatto un giorno e non è più tornato. Siamo rimasti io la mia coinquilina. Io sono durato sei mesi mentre lei ha chiesto il trasferimento a fine anno. Il problema era uno: turni massacranti. Io entravo alle 6:40 e uscivo alle 18, anche alle 20. Avevamo un sabato libero ogni due e tre domeniche al mese. Quindi si facevano anche novanta ore settimanali. Non avevo una vita, la sera mangiavo e andavo a dormire, in sei mesi non sono mai riuscito a vedere il centro di Perugia".

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Una vita sacrificata ma se gli studenti venissero formati, per qualcuno potrebbe anche valere la pena. "Sia chiaro, i turni erano strutturati molto bene, non ci trattavano male e ogni specializzando veniva affiancato da un medico esperto, per cui non si può dire che non ci fosse la formazione - prosegue Santini - Il problema è che quei turni non venivano rispettati. C'era questa consuetudine di entrare tutti insieme la mattina e uscire tutti insieme la sera. A prescindere. Così capitavano giornate in cui non si faceva niente. Potevano capitare le urgenze e, se eri lì, andavi in sala operatoria ma era raro. Poi quando ero reperibile di notte, se mi chiamavano, io comunque il giorno dopo dovevo essere in ospedale alle solite 6.40. Alla mia coinquilina è capitato di dormire su un divano in ospedale perché non le conveniva tornare a casa".

Questo anche perché nelle scuole di specializzazione vige una regola non scritta: più ci sei, più impari. "Ma non è vero, semmai più fai e più impari" rimarca il medico aretino. Tuttavia il dogma resta. Per qualche medico più esperto è l'unico metodo possibile perché siccome ci sono passati loro, allora ci devono passare anche gli altri, con buona pace di chi si azzarda a criticare e vorrebbe migliorare un sistema in crisi. "Nel mio caso non posso parlare di nonnismo ma sono stato ghettizzato per aver contestato quel sistema".

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